DE MARINI, Giovanni Filippo
Nato a Taggia (Imperia) nel 1608, entrò nel 1625 nel collegio di S. Andrea della Compagnia di Gesù a Roma. Dopo aver terminato gli studi ed essere stato ordinato sacerdote nel 1637, il 26 marzo 1640 si imbarcò a Lisbona sulla nave "Na. Sra. d'Atalia" diretto in Estremo Oriente. Giunse così il 2 novembre a Goa, da dove ripartì nel marzo 1641; ma un assalto di navi olandesi lo costrinse ad interrompere il viaggio che da allora proseguì inframezzato da lunghe soste in Malacca e sopratutto nel Siam (1641-1642). Soltanto nel 1643 arrivò a Macao, allora centro della azione missionaria verso la Cina ed il Giappone e sede del superiore della "Provincia Iaponiae", termine col quale si abbracciavano altri paesi oltre al Giappone. La chiusura dei porti giapponesi alle navi portoghesi, divenuta totale dopo il 1639, e le sanguinose persecuzioni ivi condotte contro la fede cristiana determinarono infatti un più accentuato interesse della Compagnia per gli altri paesi dell'Estremo Oriente ed in particolare per quelli della penisola indocinese, dove vennero inviati missionari originariamente destinati in Giappone. Fu così che sul finire del 1646 il D. giunse nel Vietnam settentrionale, allora detto Tonchino.
L'evangelizzazione dei paesi in cui si suddivide la penisola indocinese era stata iniziata dalla Compagnia di Gesù sopratutto grazie all'opera di Francesco Buzomi (1576-1639) e di Alexandre de Rhodes (1593-1660) e proseguiva con risultati favorevoli allorché anche quella regione venne toccata dai contrasti fra la Congregazione di Propaganda Fide ed il Portogallo. Quest'ultimo, che disponeva delle basi di Goa, di Malacca e di Macao e si faceva forte Alessandro VI, intendeva affermare in tutto l'Estremo Oriente il suo patronato sulle missioni, anche in quelle regioni dove non era in grado di esercitare l'effettiva sovranità. La Congregazione di Propaganda, invece, rendendosi conto dei limiti della potenza del Portogallo, il cui impero nelle Indie Orientali stava avviandosi alla decadenza, specie dopo la perdita di Malacca (1641) conquistata dagli Olandesi, mirava ad affrancare l'azione missionaria dalla pesante e sempre meno valida tutela portoghese nominando a tal fine e senza domandare autorizzazioni a Lisbona vicari apostolici per le missioni estrerno orientali, indipendenti da qualsiasi controllo del potere civile. I gesuiti, che operavano da parecchio tempo e pressoché da soli in quelle regioni che il Portogallo considerava come soggette al suo patronato e che, accettando quest'ultimo per necessità di cose, avevano derivato in cambio una posizione di privilegio e libertà di azione in campo missionario, si trovarono presi fra due fuochi: tra i vicari apostolici da un lato, portavoce della volontà di Propaganda, di nazionalità diversa dalla portoghese e tratti da altri Ordini religiosi, e le autorità portoghesi di Goa e di Macao. Allorché nel luglio 1658 vennero designati da papa Alessandro VII come vicari apostolici per la Cina meridionale ed i paesi dell'Indocina i francesi F. Pallu e P. Lambert de la Motte, ambedue della Société des missions étrangeres di Parigi, i contrasti esplosero, acuiti dalle rivalità nazionaliste e dalle divergenti interpretazioni della questione dei riti date dai differenti ordini.
Proprio nel luglio di quell'anno, dopo tredici dal suo arrivo nel Tonchino, il D. venne espulso dal paese dal nuovo sovrano Trinh Tac insieme ad altri cinque religiosi, lasciando così il campo pressocché aperto all'azione dei missionari francesi. Nel viaggio per mare diretto a Macao la sua nave fece naufragio nei pressi dell'isola di Hainan ed egli perse tutte le sue cose, inclusi ì suoi manoscritti. Arrivato a Macao in ottobre, egli resse quel collegio di S. Paolo per quattro mesi; quindi, dopo poco tempo, ne ripartì perché inviato come procuratore della missione a Roma a partecipare alla XI congregazione generale dell'Ordine (8 maggio-27 luglio 1661). Arrivò quando la congregazione aveva avuto già inizio.
Durante la sua sosta a Roma, spesa sopratutto nel reclutamento di missionari gesuiti per l'Estremo Oriente, venne discussa la possibilità per i gesuiti di servirsi della via di terra per giungere in Cina in luogo di quella marittima via Lisbona e ciò per affrancarsi sia dalla pesante tutela del patronato portoghese sia dai pericoli derivanti dalla crescente potenza marittima olandese ed inglese.
Il D. fu contrario a questa soluzione, raccomandata da alcuni gesuiti che l'avevano sperimentata, per evitare il rischio che le autorità portoghesi per reazione frapponessero ostacoli alla partenza da Lisbona ed alla permanenza in Estremo Oriente di missionari gesuiti di nazionalità non portoghese (Archivum Romanum Societatis Iesu, Iap.-Sin. 124, ff. 234-236 v, Responsio, 24 marzo 1664). Proprio per evitare tale pericolo, adombrato in una lettera del re del Portogallo Alfonso VI al generale dei gesuiti, del 17 luglio 1664 (Ibid., Epp. Ext. 34, ff. 295), il D. si recò in Inghilterra, dove la regina era Caterina di Braganza, sorella di Alfonso. Grazie alla sua amicizia con l'ambasciatore portoghese a Londra, il D. riuscì a farsi ricevere da Carlo Il d'Inghilterra e dalla sua consorte, la quale gli promise il suo appoggio presso il fratello. Poté così imbarcarsi il 15 apr. 1666 da Lisbona con sei missionari italiani e uno belga, da lui scelti, oltre a sei portoghesi, a bordo della "Na. Sra. da Aiuda" diretto a Goa, dove giunse il 13 ott. 1666, e a Macao.
La sua visita in Europa si era quindi conclusa con successo: era riuscito a partire accompagnato da missionari di nazionalità non portoghese; l'opera missionaria dei gesuiti in Tonchino aveva ottenuto un favorevole apprezzamento da papa Alessandro VII nel breve Cum ex affis plures del 31 marzo 1665; nel 1671 venne designato vescovo di Macao da Pedro II, nomina però che non ebbe seguito perché egli non poté esser consacrato.
Il 15 febbr. 1671, dopo tredici anni di assenza, il D. fece ritorno nel Tonchino. Vi ritornava deciso a ristabilire le posizioni della Compagnia in quella regione, agendo quindi come campione dell'influenza portoghese, forte del breve del 1665 a lui favorevole. Vi ritrovava il confratello Domenico Fuciti, che era riuscito a restare nel Tonchino, e due missionari francesi della Société des missions étrangeres, i provicari F. Deydier e J. de Bourges, rimastivi anch'essi dopo che nel 1670 il vicario apostolico P. Lambert de la Motte ne era partito. Per non incorrere nelle misure persecutorie disposte dalle autorità del Tonchino, i due francesi avevano adottato vesti da mercanti, comportandosi praticamente come tali, pur continuando a svolgere opera di evangelizzazione e ordinando addirittura alcuni sacerdoti indigeni. Lo scontro fra il D. e il Fuciti da un lato e i due provicari francesi dall'altro non tardò a verificarsi, sopratutto per quanto riguardava il clero indigeno, creato dai francesi forse con troppa fretta, senza che ne fosse stata completata la preparazione culturale. Il D. assunse nei confronti dei francesi un atteggiamento decisamente ostile provocandone la reazione che si estrinsecò in una serie di esposti alla Congregazione di Propaganda. Il contrasto si risolse anche questa volta a favore dei francesi e quindi della Société des missions étrangères, perché nel mese di marzo 1673 il D. venne arrestato dalle autorità tonchinesi e nel mese di settembre espulso nuovamente dal paese, e questa volta per sempre.
Dal Tonchino il D. passò, nel novembre, nel Siam, dove rimase poco più di diciotto mesi, da lui trascorsi in contrasti e polemiche con i missionari francesi ivi residenti. Soltanto nel dicembre 1675 giunse a Macao, da dove continuò ad aiutare i suoi confratelli rimasti nel Tonchino e a lottare per la difesa delle posizioni della Compagnia. Il 3 dic. 1676 inviò alla Congregazione di Propaganda un lungo memoriale col quale attaccava violentemente i provicari, accusandoli di ogni possibile colpa (Roma, Bibl. nazionale, Fondo gesuitico 1384, n. 12: Difesa dell'innocenza di Gio: Filippo de Marini sacerdote professo della Com.a di Gesù contra le false informationi che ne hanno scritto certuni residenti nel Regno di Tumkino). Questi contrasti furono alla base del breve di Innocenzo XI del 10 ott. 1678 Cum haec Sancta Sedes, con il quale veniva disposto il rientro a Roma del D., del Fuciti e di altri gesuiti. Ciononostante il D. rimase in Estremo Oriente e dal 1680 figura come visitatore della Cina e del Giappone, fino alla morte avvenuta a Macao il 17 luglio 1682.
Durante la sua permanenza in Europa dal 1661 al 1666 attese alla pubblicazione di un'opera, destinata ad illustrare i paesi della penisola indocinese (Tonchino, Cocincina, Cambogia, Siam, Laos) nonché altri minori vicini (Hainan, Canton) e lo stato delle missioni ivi stabilite dalla Compagnia di Gesù, intitolata Delle missioni de' padri della Compagnia di Giesù nella provincia del Giappone, e particolarmente di quella di Tumkino. Libri cinque., Roma 1663.
All'opera arrise un notevole successo editoriale. Fu ristampata più volte nel 1665: una volta a Roma, e due volte a Venezia, col nuovo titolo Historia et relatione del Tunchino e del Giappone. Con la vera relatione ancora d'altri regni, e provincie di quelle regioni, e del loro governo politico. Con le missioni fattevi dalli padri della Compagnia di Giesù, e introduttione della fede Christiana, a confutatione di diverse sette d'idolatri di quelli habitatori. Divisa in due parti;una volta a Venezia, col titolo primitivo. Tradotta in francese, ebbe tre edizioni, ciascuna con un titolodiverso, scelto in modo da dare maggior enfasi alla parte "curiosa" della descrizione di un mondo tanto lontano e diverso da quello europeo a scapito della esposizione delle attività missionarie. Esse apparvero a Parigi nel 1666: Relation nouvelle et curieuse des royaumes de Tunquin et de Lao..., e Histoire nouvelle et curieuse des royaumes de Tunquin et de Lao..., e nel 1683: Nouvelle relation des Indes Orientales contenant une description exacte des royaumes de Tunquin et de Lao .... Secondo C. B. Maybon (p. 24) tra il 1663 e il 1665 sarebbe apparsa anche una versione spagnola. In data più ravvicinata la Revue indochinoise ha ripubblicato la versione francese della Relation nouvelle et curieuse du Royaume de Lao (1910, agosto, pp. 152- 181; sett., pp. 257-271; ott., pp. 358-365), mentre M. Guglielminetti nella antologia Viaggiatori del Seicento, Torino 1967, ha pubblicato le pagine riguardanti Le galee del Tonchino, pp. 475 ss., e l'Elogio di Confucio, pp. 478-481.
Insieme con le opere dei gesuiti Cristoforo Borri (1631), Alexandre de Rhodes (1653) e Joseph Tissanier (1663), il libro del D. rappresenta il grande contributo dato dalla Compagnia di Gesù alla conoscenza del mondo indocinese. Il D. si riallaccia agli autori che lo hanno preceduto, ma resta originale e molto più aperto alla cultura dei paesi da lui descritti di quanto non sia, ad esempio, il Rhodes. Mentre questi infatti condanna il culto reso a Confucio, il D. dà di questo pensatore una descrizione piena di rispetto, come di chi seppe servirsi assai saggiamente del favore popolare ed elevarsi a un grado così alto di perfezione che "...in genere di virtù morali più aspettare non si può da un Filosofo gentile. E se poi come fanno gli heretici a corrompere le più sante dottrine, molti degli scolari di Confucio non ne havessero o per propria malitia o per mala intelligentia guasto il metodo, e sconvolto le sentenze, troverebbe con puro candore la Cina ancora il suo Seneca, o il suo Filone" (Dellemissioni..., p. 103). Nella descrizione di paesi come il Laos, l'opera del D. ha infine un valore pionieristico.
L'altra opera a stampa del D. fu messa all'Indice il 14 marzo 1680. Si tratta del Metodo della dottrina che i padri della Compagnia di Giesù insegnano a' neofiti, nelle missioni della Cina. Con la risposta alle obiettioni di alcuni moderni che la impugnano. Opera del padre Antonio Rubino della Compagnia di Giesù, visitatore della provincia di Giappone e Cina. Tradotta dal portoghese in italiano, dal padre Gio: Filippo de Marini, della medesima Compagnia. Aggiontovi al fine un breve trattato della forma del battesimo pronunciata in lingua Tumkinese, e proposti alcuni casi di matrimonio colà occorsi, Lione 1666. Fu proprio l'appendice di cui è autore il D. ad attirare i fulmini del S. Offizio, sollecitato espressamente dai vicari apostolici francesi.
Infine P. Stöcklein, Neue Weltbott, I, Augsburg 1720, n. 14, pp. 45 ss., ha pubblicato due lettere del D. datate 20 ott. e 8 dic. 1670 da Macao indirizzate a B. Moretus di Anversa, concernenti la sepoltura di A. Schall. Tutto il resto: lettere, annue, relazioni, memoriali, tranne alcune pagine frammentarie pubblicate in Schütte, resta ancora inedito, conservato in buona parte a Roma nel Fondo gesuitico della Biblioteca nazionale, nell'Archivio romano della Compagnia di Gesù e in quello della Congregazione di Propaganda.
Fonti e Bibl.: M. Giustiniani, Gli scrittori liguri, Roma 1667, p. 374; N. Sotwel, Bibliotheca scriptorum Societatis Iesu, Romae 1676, p. 489; A. Oldoini, Athenaeum Ligusticum, Perusiae 1680, p. 366; L. M. Jordão de Paiva Manso, Bullarium Patronatus Portugalliae Regum, II, Olisiponi 1870, pp. 112, 180-84; P. Amat di San Filippo, Biografia dei viaggiatori ital., Roma 1882, pp. 432 s.; Ch-B. Maybon, Notice biograph. et bibliogr. sur G. F. Marini, in Revue indochinoise, 1910, 7, pp. 15-25; H. Cordier, Bibliotheca Indosinica, I, Paris 1912, coll. 1043-47; P. A. Jann, Die katholischen Missionen in Indien, China und, Japan, Paderborn 1915, pp. 247-51; A. Launay, Histoire de la mission du Tonkin, I, Paris 1923, passim;II, ibid. 1927, pp. 137 s.; R. Streit, Bibliotheca missionum, V, Freiburg 1929; ad Indicem;VII, ibid. 1931, ad Indices;L. Pfister, Notices biograph. et bibliograph. sur les Jésuites de l'ancienne mission de Chine 1552-1773, I, Changai 1932, p. 2 48; H. Chappoulie, Aux origines d'une Eglise. Rome et les missions d'Indochine au XVII siècle, I-II, Paris 1943-48, passim. J. Bumay, Notes chronologiques sur les missions jésuites du Siam au XVII siècle, in Arch. histor. Soc. Iesu, XXII (1953), pp. 170-202 passim;F. A. Rouleau, The first Chinese priest of the Society of Jesus, ibid., XXVI II (1959), pp. 3-50 passim;J. Wicki, Liste der Jesuiten Indienfahrer 1541-1753, in Aufsätze zur Portugiesischen Kulturgeschichte, Münster 1967, pp. 296 n.888, 302 n. 1080 a, J. F. Schütte, Introductio ad historiam Societatis Iesu in Iaponia 1548-1650, Romae 1968, ad Indicem;J. Dehergne, Répertoire des Jésuites de Chine de 1552 à 1800, Roma-Paris 1973, pp. 72 s. n. 243; J. F. Schütte, Monumenta historica Iaponiae, I, Romae 1975, ad Indicem; Biographie universelle, XXVI, p. 676; Biografia universale antica e moderna, XXXV, Venezia 1827, pp. 427 s.; A. De Backer, Bibliothèque des ecrivains de la Compagnie de Jésus, Liège 1854, pp. 388 s.; Nouvelle Biographie générale, XXXIII, p. 783; C. Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, V, coll. 582 ss.