Natura Gallorum, De
Titolo dato da M. a una raccolta di diciotto massime, per lo più di argomento politico e militare, sulla natura dei francesi, composta fra il 1500 e il 1503. L’autografo, che proviene probabilmente dallo smembramento ottocentesco del Fondo Machiavelli della famiglia de’ Ricci, è conservato presso la Biblioteca nazionale centrale di Firenze: Raccolta Gonnelli, cartella 24, inserto 2. Consta di una carta di cm 28,6 x 22 (cioè la metà del formato delle carte di cancelleria). Il testo, vergato in una prima stesura su due colonne con una grafia curata e una separazione netta e regolare fra le massime, è stato integrato, in uno o più momenti, da tre esemplificazioni relative alla storia fiorentina contemporanea; inoltre tre lunghi tratti di penna, fra le colonne, indicano una volontà di riordino degli aforismi. Il titolo, vergato con una grafia più tarda, compare nella parte inferiore del retro della carta.
In un periodo di profondi sconvolgimenti politici e militari dovuti alle guerre d’Italia, il regno di Francia è il garante dell’indipendenza e del libero reggimento della Repubblica fiorentina dal 1494 al 1512. La contropartita implica però per Firenze un forte impegno finanziario a sostegno del re di Francia e la presenza piuttosto minacciosa di truppe francesi, in caso di aiuto militare. Già nel 1494, quando Carlo VIII muove alla conquista del Regno di Napoli, le forze francesi attraversano la Toscana, si fanno consegnare varie fortezze sulla costa tirrenica e provocano la cacciata dei Medici. Nel 1500 la compagnia di Monsignore de Beaumont, inviata dal re di Francia per aiutare i fiorentini nella riconquista della città di Pisa, si macchia di numerosi soprusi e alla fine batte in ritirata determinando il fallimento della campagna. Ne derivano non poche polemiche a Firenze, dove gli ottimati, favorevoli a un’alleanza con l’imperatore, non mancano di criticare i francesi sostenitori del regime ‘popolare’. M., in quanto responsabile amministrativo delle operazioni sul fronte pisano, può constatare di persona l’inaffidabilità delle truppe francesi, sospettate addirittura di tradimento. Il fallimento dell’impresa provoca un grave contenzioso tra Firenze, che rifiuta ogni versamento, e la Francia che, considerandosi disonorata, chiede un compenso di trentottomila franchi per gli svizzeri che ha arruolato nella rovinosa campagna. Ritirati i due ambasciatori fiorentini, M. e Francesco Della Casa vengono inviati presso la corte di Francia per tentare di trovare un compromesso. I due mandatari vi trovano un clima molto ostile, in un ambiente segnato dalla corruzione di cui si giovano in particolare i rappresentanti di Stati ostili alla Repubblica, come Lucca. Firenze tenta di resistere alle pressioni, ma poi, preoccupata delle minacce d’invasione della Toscana da parte di Cesare Borgia, alleato dei francesi, finisce con il cedere, inviando nuovamente un ambasciatore e richiamando M. e Della Casa, che tornano il 14 gennaio 1501.
Il De natura Gallorum rientra, in senso lato, nella consuetudine degli ambasciatori e, più particolarmente, di M., di redigere un rapporto di fine missione che presenti, in una prospettiva molto più ampia di quanto si sia potuto fare nei singoli dispacci, alcune peculiarità fondamentali dello Stato visitato: le caratteristiche degli abitanti, l’indole del sovrano, le strutture politiche, amministrative e militari. Nel caso del De natura Gallorum il testo si presenta allo stato embrionale e non ha niente di paragonabile con i futuri rapporti o ritratti sulla Francia e sulla Magna degli anni 1510-12. Ma questa raccolta di massime mette chiaramente in evidenza la propensione di M. a cercare – al di là dei singoli eventi, dei singoli argomenti della missione, delle singole persone incontrate – le costanti che consentano di trasformare l’osservazione della storia in comprensione dei fatti politici e dei comportamenti delle nazioni e dei sovrani.
Il testo non può essere direttamente ricollegato a un evento preciso, sia perché contiene considerazioni estemporanee derivate addirittura dagli antichi, sia perché alcune esemplificazioni aggiunte nell’interlinea si riferiscono a periodi diversi. Il testo iniziale, composto unicamente dalle massime, senza i rinvii a eventi contemporanei in Italia, rispecchia quel sentimento generale di ostilità nei confronti dei francesi, che segnò le vicende militari sul fronte pisano e la legazione oltralpe nel secondo semestre del 1500. La derivazione del De natura Gallorum da quella esperienza è molto evidente, al punto che quasi ogni massima potrebbe essere messa in relazione con uno o più passi dei dispacci dalla missione in Francia. Questo nucleo originario è perciò databile alla fine del 1500 o alle prime settimane del 1501. Le esemplificazioni si riferiscono invece agli anni 1501-03, cioè alla campagna di Cesare Borgia contro la Repubblica di Firenze dell’estate 1501 e al tentato intervento, tra il febbraio e il maggio 1503, del re di Francia presso Pandolfo Petrucci, signore di Siena, in favore della restituzione a Firenze di Montepulciano.
Non è possibile, invece, datare con precisione il riordinamento delle massime, anche se potrebbe essere collocato nel momento in cui M. riprende le annotazioni della fine del 1500 per aggiungervi i tre esempi storici, cioè tra l’estate del 1501 e la primavera del 1503.
Le diciotto massime, nella loro disposizione definitiva, sembrano essere state raggruppate intorno a due motivi: quelle che si riferiscono più direttamente ai rapporti diplomatici e quelle che concernono caratteristiche più generali e fondamentali dei francesi. Le prime hanno infatti per temi la cupidigia («Sono più cupidi de’ danari che del sangue»), la mancanza di una politica lungimirante («Stimono tanto l’utile e il danno presente che cade in loro poca memoria delle iniurie o benifizii passati, e poca cura del bene o del male futuro»; «E’ primi accordi con loro son sempre migliori»); il maggiore rispetto per la forza che per la giustizia («Sono umilissimi nella cattiva fortuna; nella buona, insolenti»). Le seconde sottolineano nell’indole francese vari difetti, come la leggerezza e la mutevolezza («Sono varii e leggieri»), il carattere altezzoso («Hanno fede di vincitore»), l’ostilità nei confronti del mondo classico («Sono nimici del parlare romano e della fama loro»). La rassegna si chiude con un’amara annotazione vergata sul verso della carta, sulla poca considerazione di cui godono gli italiani a corte: «Delli Italiani non ha buon tempo in corte, se non chi non ha più che perdere e navica per perduto».
Un confronto tra queste massime e i passi dei dispacci da cui sono derivate permette di confermare un’acuta osservazione di Gennaro Sasso sulla finalità della missione diplomatica in M.: «il suo interesse, e il suo problema, appartengono al pensatore politico, non al ‘diplomatico’ o al ‘viaggiatore’» (Niccolò Machiavelli, 1° vol., Il pensiero politico, 1993, p. 301). Fin da questa prima esperienza all’estero vediamo che M. cerca, a partire da singole osservazioni puntuali, regole più generali che caratterizzano l’indole dei francesi, le consuetudini della corte e il comportamento del re. Dal dispaccio allo scritto possiamo rilevare la cancellazione dei connotati temporali e spaziali, del contesto ristretto in cui nasce la prima riflessione, mentre l’ambito di applicazione della regola politica viene esteso nel tempo e nello spazio con la scomparsa di ogni connotato preciso («Sono piuttosto taccagni che prudenti»; «Sono più cupidi de’ danari che del sangue»).
Se prendiamo in considerazione gli esempi storici, possiamo constatare che il De natura Gallorum è molto più che un elenco di annotazioni senza nesso. Seppur allo stato embrionale, viene già delineandosi una procedura sperimentale di scienza della politica che consiste nell’osservare gli eventi e i comportamenti umani nel loro ripetersi in modo costante nel tempo (gestazione della riflessione politica individuabile in alcuni dispacci di legazione), nella formulazione di schemi di comportamento (i diciotto aforismi iniziali) e nella verifica dell’esattezza della massima in alcuni eventi storici ulteriori, lontani nel tempo e nello spazio (le illustrazioni storiche di eventi tra il 1501 e il 1503 in Italia). L’attività diplomatica rivolta al passato (informare le autorità fiorentine sugli avvenimenti e sui negoziati relativi alla Francia durante i cinque mesi di missione) diviene un’operazione di scienza politica destinata al presente e al futuro, come illustra ciascuna delle tre chiose. Infine, il riordinamento delle massime costituisce la prova che M. considerò il De natura Gallorum non come una semplice lista di aforismi derivati dalla legazione in Francia, ma come uno scritto degno di essere ripreso ad alcuni anni di distanza, di essere ristrutturato e messo alla prova dei fatti, in un dilemma tra teorizzazione e verifica della «verità effettuale» che caratterizza tutta la sua opera politica.
Bibliografia: N. Machiavelli, Opere, 2° vol., Firenze 1783, pp. 147-48; N. Machiavelli, Arte della guerra e scritti politici minori, a cura di S. Bertelli, Milano 1961, pp. 141-58; J.-J. Marchand, Niccolò Machiavelli. I primi scritti politici (1499-1512). Nascita di un pensiero e di uno stile, Padova 1975, pp. 69-76, 417-19; Edizione nazionale delle Opere di N. Machiavelli, I. Opere politiche, 3° vol., L’Arte della guerra. Scritti politici minori, a cura di J.-J. Marchand, D. Fachard, G. Masi, Roma 2001, pp. 453-57, 687.