DE PIAN (del Pian, dal Pian), Giovanni Maria
Figlio di Tommaso e di Giustina Butio, fu il capostipite di una famiglia di artisti, incisori e litografi attiva a Venezia nella seconda metà del sec. XVIII e, dal 1797-98, a Vienna.
Scarse e controverse sono le notizie biografiche del D., al contrario della sua produzione artistica che fu di notevole mole e diffusione. Incerta è la dizione del cognome: la forma Dal Pian, infatti, originaria della zona bellunese dell'Agordino, è usata raramente dal D. che preferì, forse per vezzo nobiliare, firmarsi de Pian o del Pian; sono incerti anche il luogo e l'anno della sua nascita, che il Pellegrini (1892) pone a Belluno il 14 giugno 1764, il De Boni (1852) e il Moschini (1830-40, p. 140) invece a Venezia attorno al 1759, data questa più attendibile se confrontata con quella della nascita dei figli Sebastiano (1782) e Antonio (1784). Assai vaghe le notizie della sua formazione artistica: la più antica fonte che ne riferisca, il Moschini (ibid., pp. 139 s.), ne ricorda gli inizi come intagliatore di piccole immagini di santi, delle quali peraltro non esiste documentazione, e riporta dubitativamente la notizia di un suo alunnato presso la bottega veneziana di G. Wagner, notando però giustamente come nessun influsso di questo artista sia riscontrabile nell'opera del De Pian.
Questi dové, comunque, essere assai presto a Venezia, ove la sua presenza è documentabile a partire dal 1778, probabile data del ritratto di Anton Maria Zanetti; qui si dedicò esclusivamente all'intaglio, soprattutto acquetinte e incisioni, non tanto come peintre-graveur (sono infatti rarissimi i suoi disegni per le proprie incisioni) quanto quale riproduttore di altrui opere.
Nacque in questi anni il duraturo sodalizio col tiepolesco Francesco Galimberti, fornitore della maggior parte dei disegni per le sue incisioni. Contemporaneamente il D. entrò in contatto con la cerchia del residente britannico J. Strange; cultore dell'incisione veneta, questi fece incidere al D., in sobrio stile neoclassico, i frontespizi per la nuova edizione, da lui promossa, dei Capricci di G. B. Tiepolo (1785), delle Arti che vanno per strada di G. Zompini (1785) e dei Vari capricci e paesi di G. D. Castiglione (1786), di cui aveva acquistato i rami degli eredi Zanetti.
Il 15 dic. 1786 il D. chiese ai Riformatori dello Studio di Padova privilegio per l'esecuzione di una serie di rami sui Riti ecostumi degli ebrei (cui va probabilmente riferita l'incisione: Nella sera di sabato ... gli ebrei si radunano, citata dall'Alpago Novello, 1939-40, pp. 669 s.) e, negli stessi anni, per un'opera riproducente i fregi e le architetture di palazzo ducale e S. Marco, serie cui devono appartenere la Porta della carta (Venezia, Civico Museo Correr) e la Scala dei giganti (Venezia, Pinacoteca Querini Stampalia).
In questo torno d'anni l'artista licenziò una vastissima produzione, alternando riproduzioni di opere dei grandi maestri rinascimentali e barocchi: acquetinte riproducenti i carpacceschi teleri delle Storie di s. Orsola, incisioni dei fregi di D. Campagnola nel chiostro di S. Giustina a Padova (Civico Museo Correr), opere del Dúrer, del Veronese, del Reni, con soggetti pastorali, quali la serie ispirata a F. Londonio (Pin. Querini Stampalia) e con figurine di genere legate al gusto rococò (Civico Museo Correr). Parallelamente esercitò una notevole attività di ritrattista.
Un breve soggiorno triestino è postulato dai ritratti di Matteo Babini (ibid.) e del Cardinale Francesco Hrzan de Harras (coll. Alpago Novello), editi in quella città.
Dalla fine del nono decennio iniziò l'attività del D. come illustratore di libri, svolta soprattutto per il famoso tipografo Antonio Zatta, e ricostruita dall'Alpago Novello (1939-40, pp. 673 ss.); spiccano, tra le altre, la serie di incisioni per i drammi del Metastasio (1790), le opere teatrali del Goldoni (1788-93), le tragedie dell'Alfieri.
Sempre di questi anni fu la sua collaborazione artistica con gli incisori G. Picotti, che fu suo allievo (Moschini, 1830-40, p. 160), I. Colombo e F. del Pedro; sotto la direzione di quest'ultimo collaborò, con la Traslazione del corpo di s. Marco, alla serie dei Fasti veneziani (poi veneti, 1796-97) e, con tre tavole, alla raccolta Oracoli Augurii Aruspici Sibille, su disegno di I. Guarana (1794). Contemporaneamente continuò l'attività di ritrattista con le effigi di Francesco Foscarini (1790), della Cantante Luigia Todi (1791), di Vittorio Alfieri (CivicoMuseo Correr).
Nel 1797 aderì al governo democratico, e incise, su disegno del Galimberti, IPozzi e i Piombi di Venezia, "Carcerisottacquee della aristocrazia triumvirale ... fatte demolire dalla Municipalità provvisoria..." (disegni e stampe al Civico Museo Correr). Tra il 1797 e il 1798, anno in cui il suo nome appare ancora, citato tra i "mediocri", tra le carte del Moschini (Gallo, 1941, p. 54), si trasferì a Vienna con l'amico Galimberti; qui continuò la collaborazione con quest'ultimo e col pittore Francesco Caucig, di cui incise i prediletti soggetti mitologici.
Morì poco dopo, a Vienna, il 30 maggio 1800.
Di gusti eclettici, il D. non mostra interesse per i generi peculiari dell'epoca, la veduta e il capriccio, dedicandosi piuttosto alle scenette di genere di tipo tradizionale, più facilmente commerciabili, come dimostrano le numerose tirature delle già citate macchiette pastorali dal Londonio e delle figurine del Civico Museo Correr. Della sua epoca lo coinvolge, piuttosto, quella tendenza didascalica, volta alla diffusione popolare, attraverso la stampa, di momenti della storia e dell'arte che ebbe nel Gozzi, durante la sua soprintendenza alle Stampe, il sostenitore teorico e di cui i citati Fasti veneti furono la più eclatante applicazione.
Curioso di tecniche sempre nuove, si esercitò, oltre che nell'incisione, nell'acquatinta, nella stampa, nella litografia, non riuscendo però a elaborare, nel loro uso, uno stile personale. Se le acquetinte dei teleri di S. Orsola e sui Piombi sono grossolane, sia nello sgraziato disegno sia nell'appiattito chiaroscuro, restano tra le sue cose migliori la serie dei ritratti, ove usa con perizia il contrasto tra le ricche cornici, incise con tratti profondi violentemente chiaroscurati, e i volti dai delicatissimi, trascoloranti passaggi, ottenuti con la tecnica del granito, come nei ritratti del Galimberti, dell'Alfieri, di Luigia Todi.
Un Sebastiano, nato nel 1782, è ritenuto dubitativamente dal Thieme-Becker figlio del D.; confermano tale supposizione sia la data di nascita sia l'operosità dapprima in Veneto, come testimoniato da una breve indicazione dello Zani (cit. in Alpago Novello, 1939-40, p. 663), quindi a Vienna. Qui si dedicò sia alla continuazione della tradizione familiare della litografia, sia alla scenografia, riscuotendo tuttavia in quest'ultimo campo minor successo del fratello Antonio. Di tale attività, svolta soprattutto per il Burgtheater di Vienna, restano i bozzetti per la messa in scena del Wallenstein di Schiller; altri schizzi scenografici sono conservati nelle raccolte della Nationalbibliothek della medesima città.
Sebastiano morì a Vienna il 19 dic. 1825.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Riform. d. Studio Padova, b. 361; Ibid., p. 50-c-2-3; Venezia, Civico Museo Correr, Misc. varia, b. III, Carte Moschini; G. A. Moschini, Dell'incisione a Venezia [c. 1830-40], a cura d. R. Accad. d. belle arti di Venezia, Venezia s. d., ad Ind.; F. De Boni, Biografia degli artisti ovvero Dizionario delle vite e delle opere dei pittori..., Venezia 1852, p. 777; Ch. Le Blanc, Manuel de l'amateur d'estampes, III, Paris s.d. [1888], p. 190; F. Pellegrini, Catalogo cronol. degli scultori e incisori bellunesi, Belluno 1892; R. Smekal, Das alte Burgtheater, Wien 1916, pp. 93, 102 (per Sebastiano); J. Gregor-F. Hadamowsky, Katalog d. Handzeichnungen d. Theatersammlung der Nationalbibliothek, Wien 1930, pp.V s., 60 (per Sebastiano); L. Alpago Novello, Gli incisori bellunesi, in Atti del R. Ist. ven. di scienze lettere ed arti, XCIX (1939-40), pp. 658-678, 663 (per Sebastiano); R. Gallo, L'incisione del '700 a Venezia e Bassano, Venezia 1941, pp. 50, 53 s.; R. Pallucchini, in Mostra degli incisori veneti del '700 (catal.), Venezia 1941, pp. 113, 116; M. V. Lanckoronska, Die venetianische Buchgraphik des XVIII. Jahrhunderts, Hamburg 1950, pp. 20 s.; L. Alpago Novello, in Mostra di Marco Ricci e di incisori bellunesi del '700 e 800 (catal.), Belluno 1968, pp. 28 s., 176; Venezia nell'età di Canova (catal.), Venezia 1978, ad Ind.; D. Succi, in Da Carlevariis al Tiepolo - Incisori veneti e friulani del '700 (catal.), Venezia 1983, pp. 158, 161, 254, 266, 278, 455 s.; La scienza e la colpa (catal.), a cura di U. Levra, Torino 1985, pp. 137, 294; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XXVI, p. 562 (sub voce, Pian, de, famiglia; anche per Sebastiano).