DE ROMANIS, Filippo Antonio
Nato a Roma il 21 ott. 1788, primogenito di Mariano e di Vincenza Cucomos, si dedicò giovanissimo all'amministrazione e direzione dell'azienda tipografica paterna, contribuendo ad elevarne il prestigio e la fama, grazie alla propria competenza tecnica e alla preparazione culturale.
Il 9 apr. 1813 fondò con altre venticinque persone - staccatesi a causa di discordie interne dall'Accademia Ellenica - l'Accademia Tiberina, in seno alla quale ricoprì, nell'anno della fondazione, la carica di tesoriere quale membro del comitato esecutivo.
A lui si deve la formulazione del trimetro trocaico in latino umanistico che ancor oggi costituisce il motto dell'Accademia: "Alterius, sic altèra, poscit opem" ("L'altrui aiuto, pur si altera, chiede"), composto quando si decise di chiedere un sussidio per risollevare le condizioni economiche dell'Accademia stessa.
Testimonianza dell'impegno letterario del D. in questi anni è data dalla sua produzione poetica: si pensi alle numerose odi latine di varia ispirazione o al sonetto in lingua italiana e in stile aulico composto nel 1814 - anno in cui fu vicepresidente dell'Accademia - in occasione del ritorno di Pio VII a Roma. In seguito ad una crisi avutasi nel 1815 nell'ambito dell'Accademia Tiberina, si decise di riformare gli ordinamenti esistenti, e allo scopo fu creato un consiglio straordinario, di cui fecero parte oltre al D. - in qualità di censore -, A. Coppi, P. Ruga e G. G. Belli.
A quest'ultimo egli fu legato da un vincolo di amicizia, come attesta lo stesso Belli in una nota autografa ai suoi tre canti in terzine su La pestilenza in Firenze l'anno di nostra salute 1348: l'opera fu "scritta nel 1810 e'stampata nel 1816 dal signor F. D. R., letterato ed amico mio ..." (Muscetta, p. 20). Negli anni 1818-iq G. G. Belli dedicò "A Pippo de R." un sonetto in dialetto romanesco, in cui si ironizzava sugli abati Celli e Missirini.
Staccatosi in seguito anche da questa accademia, il D. fu membro dell'Arcadia con il nome di Clonisco Sicionio. Lo stesso Giornale arcadico di scienze, lettere ed arti - uno dei più importanti periodici romani del primo '800 - fu stampato presso i De Romanis, ponendosi l'obiettivo di reagire all'infiltrazione delle lingue e idee straniere e risollevare le sorti degli studi letterari in Italia. Ma la collaborazione del D. ad esso ebbe breve durata: neanche un anno dopo egli se ne allontanò per dissidi, soprattutto con G. Perticari e F. Tambroni. Nell'ottobre del 1820, grazie alla sua iniziativa e a quella di G. Cavalletti, A. Nibby, N. D'Apruzzo e L. Metaxà, si poté riprendere la pubblicazione delle Effemeridi letterarie di Roma, stampate anch'esse presso la tipografia del D. nell'aprile del 1822, in aperto contrasto col Giornale arcadico, sebbene con il medesimo indirizzo classicista.
L'attività di stampatore e di letterato del D. si rivolse in quegli anni a testi danteschi. Di notevole interesse è, ad esempio, l'edizione della Divina Commedia (in tre volumi), iniziata nel 1820 e terminata nel 1823, commentata da P. Lombardi, sia per l'importanza dell'opera - fu l'unica edizione della Commedia pubblicata a Roma nella prima metà del XIX secolo - sia per le prefazioni scritte dal D. per i tre volumi, che documentano la sua preparazione nella metrica, lo scrupolo filologico nell'esame delle varianti testuali, la cura nell'esposizione bibliografica. La fama di insigne letterato e la pubblicazione - a sue spese - delle Memorie per servire alla storia della Romana Accademia di S. Luca ... compilate da Melchior Missirini indussero il presidente di questa Accademia, G. Scaccia, ed altri membri, ad eleggere il 5 genn. 1823 il D. accademico d'onore.
La notorietà ottenuta in quegli anni dalla stamperia De Romanis giunse anche a Giacomo Leopardi, il quale pensò ad essa per la pubblicazione delle canzoni All'Italia e Sopra il monumento di Dante, dopoché erano andati smarriti i manoscritti inviati al Giordani perché fossero stampati a Piacenza (cfr. la lettera all'ab. F. Cancellieri a Roma, Recanati, 30 nov. 1818), ma presto il poeta dovette rinunciarvi in quanto troppo costosa. Conosciuto personalmente il Leopardi in occasione del suo viaggio a Roma, il D. alla fine del 1823 gli propose una traduzione di tutte le opere di Platone: la discussione per la definizione del progetto fu lunga, ma alla fine non approdò ad alcun risultato, ancora una volta per motivi di carattere economico. "De Romanis - osservava il Leopardi - è un buon uomo, non estremamente interessato, e, se non altro, maneggiabile, ma in Italia, e massimamente a Roma, com'ella sa, non si può pretendere gran cosa per i lavori letterari, giacché il guadagno degli stampatori è ristretto e il numero delle copie ch'ella dice non credo possa trovar esito ..." (lettera al padre, Roma, 13 genn. 1823).
All'inizio del 1823 il D. proponeva ancora al Leopardi di stampare l'Anabasi e pubblicava le Annotazioni del conte G. Leopardi sopra la Cronica d'Eusebio pubblicata in Milano. Alla fine dell'anno successivo vi furono progetti per una traduzione dal greco dei Caratteri di Teofrasto, poi non conclusa perché non si riuscì a trovare l'esemplare greco da tradurre. La traduzione del D. dell'Epistolaad Macrinum fu apprezzata da Leopardi, che ritrovava "degno di lode non ordinaria l'ardire di voler in verso latino dir cose molto difficili a esprimersi anche in prosa italiana e la felicità della riuscita. Non è che io non vi trovi qualche cosarella che mi par difettosa, ma le piccole macchie non tolgon pregio all'intero. E tu sai bene che Pippo non ha né l'abitudine né la pazienza di far troppo uso della lima, e però non sarebbe meraviglia che ne' suoi scritti si scoprissero parecchie inavvertenze, ch'egli stesso correggerà poi facilmente, mettendoci un poco d'attenzione" (lettera al march. G. Melchiorri a Roma, Recanati, 6 marzo 1825).
Nel 1825, in seguito alla morte del padre, la gestione della tipografia passò ufficialmente al D. e al fratello Nicola, suo socio. I rapporti tra. i due furono però turbati ben presto da una serie di contrasti per motivi di interesse che portarono, infine, ad una vera e propria rottura, in seguito alla quale il D. interruppe l'attività editoriale: negli Stati delle anime della parrocchia di S. Lorenzo in Damaso dal 1837 egli non figura più come "stampatore" ma come "cavaliere possidente libero". Egli continuò comunque, ad occuparsi di letteratura e a frequentare l'Arcadia: è di questo periodo una ricca produzione poetica polimetra. Rimasto celibe e senza figli, il D. lasciò in eredità i beni paterni rimastigli, dopo le controversie avute con il fratello Nicola, agli altri fratelli e alle cugine Mennini, figlie di Elisabetta Cucomos.
Il D. morì a Roma l'8 dic. 1849.
Opere: Il desiderio pel felice e propizio ritorno del Santissimo e Beatissimo Padre Signore Nostro Papa Pio VII, Roma 1814; Ode alcaica, pro liberatione pontificiae ditioni subditorum et aliorum christigenarumfacta a Britannis in expugnatione Bussirii in Mauritania Caesariensi, Romae 1816; Quod favente Deo Anno MDCCCXVI, VI. Kal. septembris Ruscurio in Mauritania Caesariensi expugnato Pontificiae ditioni subditos Aliosque Christigenas Britanni e Barbarica Servitute liberarerint..., Roma 1816; Thomae Corsino Senatori Urbis..., Romae 1818; Iosepho Tambronio V. C. ode, Romae 1819; Note del Sig. F. De Romanis, in La biogr. di Dante Alighieri..., V, Padova 1822, pp. 101-135; Lettere ined. di Sebastiano dal Piombo ... al ch. sig. Clemente card. a Bologna, in Alcune mem. di M. Buonarroti..., Roma 1823; Squarcio di lettera a s. e. milord conte Clifforde sulle opere plastiche e le sculture, ibid. 1823; Ode, Pisauri 1824; Ode latina del sig. F. De Romanis in morte della Duchessa di Devonshire, Macerata 1824; Ad Macrinum Epistola I-II, Roma 1825; Ode, in Prima solenne generale ad una tenuta dagli Arcadi il dì 11 aprile 1825, ibid. 1825, pp. XXIX-XXXII; Egloga, ibid. 1826; Della provvidenza di N. S. per gli ospedali. Sonetto, in Solenne adunanza tenuta dagli Arcadi, ibid. 1827, p. LXXIV; De Attilae equo, ibid., pp. 42 s.; Adunanza gen. tenuta dagli Arcadi il dì 13 settembre 1827, Roma 1828, p. 51 (sonetto del D.); Catalogo dei libri di fondo e in num. che si trovano presso F. e Nicola D. R., ibid. 1829; Elegia Numisma Pio VIII dicata, ibid. [1829]; Canto delle zitelle che hanno sortito la dote della Coronazione di N. S., in Solenne adunanza tenuta dagli Arcadi... il dì 7 giugno 1829, ibid. 1829, pp. 53 s.; La visione del monaco Alberico riscontrata coi luoghi di Dante che le si avvicinano, in D. Alighieri, Rime profane e sacre..., Firenze 1830, pp. 281-368; Contemplazione sulla Passione di N. S. Gesù Cristo aggiuntovi il volgarizzamento di alcune lezioni ed epistole da codici manoscritti del buon secolo della lingua, Roma 1834; Petro et Paulo, patronis Urbis caelestibus. Ode, Romae 1834; Ottave, in Adunanza tenuta nella Camera di commercio ... il dì19 maggio 1836…, Roma 1836, pp. 52-56; La moneta pontificia migliorata. Ottave..., in Prima solenne adunanza degli Arcadi il dì 4 sett. 1839…, ibid. 1839, pp. 105-112; Alcune lettere di Sisto IV P. M. dall'originale registro..., ibid. 1843; Per la inaugurazione del busto di Vittoria Colonna, in Solenne adunanza tenuta dagli Arcadi... il 12 maggio 1845, ibid. 1845, p. 49 (Sonetto del D.); De Divo Petro Apostolorum principe. Ode, ibid. s. d.; De statua ahenea beati Petri…, s. n. t.; Himnus, s. n. t.; In divum Philippum Nerium, s. n. t.; In nuptiis Theresiae Maximae et Urbani Draconis Lusus Polymetri, s. l. a.; In obitum A. Canovae carmen ... Traduzione in verso sciolto del sig. G. Ferretti, s. n. t.; Libreria e tipografia. Letteratura it. ed estera, antica e moderna..., Roma s. a.; Sanctissimo ac Beatissimo Patri ac Domino Nostro Pio VIII…, Romae s. a.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. storico del Vicariato, Parr. S. Lorenzo in Damaso, Lib. batt. 22 (1788-89), p. 337; Parr. S. Maria sopra Minerva, Lib. Morti 8 (1841-65), p. 37; Arch. di Stato di Roma, off. 15 (già 8), Testamenti (notaio C. L. Delfini), p. 6292; Roma, Arch. dell'Accademia di S. Luca, Misc. Cong., I, nn. 17, 18, 22; vol. 60, p. 48; vol. 72, n. 125; vol. 94, n. 143; vol. 108, n. 122; Roma, Bibl. naz., Autografi A 93/30 (lett. a G. G. Belli); A 93/4 (lett. della contessa Pichi); A 52/57 (lettera a S. Betti); A 33/8 (lettera di M. Missirini); Arch. di Stato di Roma, Camerale, II, Accademie, busta 3: Acc. Tiberina, Mem. alla S. Congregazione degli studi... (1824); Catal. degliAccademici Tiberini, Roma 1839, p. 5; A. Coppi, Memoria sulla fondaz. e sullo stato attuale dell'Accademia Tiberina..., Roma 1840, pp. 8, 13, 15; G. Leopardi, Epistolario, a cura di P. Viani, Firenze 1889, I, pp. 376, 386 s., 391 s., 394, 449, 451, 460 ss., 483 s., 486, 490, 519 s., 522, 524, 526 s., 533 s., 540; II, pp. 28, 69, 96; App., pp. 574, 577; M. Maylender, Storia delle Accademie d'Italia, Bologna 1930, V, pp. 310, 312 s.; F. Moroncini, Epistolario di G. Leopardi, Firenze 1936, III, p. 16; E. Janni, Appunti per una storia tipografica di G. Leopardi, in Scritti vari dedicati a M. Armanni, Milano 1938, pp. 98, 110 ss.; E. Ponti, Ibabbioni, in Strenna dei Romanisti, Roma 1940, p. 120; S. Timpanaro, La filologia di G. Leopardi, Firenze 1955, pp. 146 s.; C. Muscetta, Cultura e poesia di G. G. Belli, Milano 1961, pp. 20, 54, 68; G. G. Belli, Lettere. Giornali. Zibaldone, a cura di G. Orioli, Torino 1962, pp. 145, 1505 s., 268 s., 387; O. Majolo Molinari, La stampa periodica romana dell'Ottocento, Roma 1963, I, pp. 348 s., 436 ss.; F. Barberi, Libri e stampatori nella Roma dei papi, Roma 1965, pp. 28 s.; G. Stendhal, Passeggiate romane, Bari 1973, p. 62.