DE ROSSI, Antonio Angelo
Incerta è la data della nascita: nel 1671, secondo quanto si può desumere dal Libro dello Stato delle Anime del 1755 (Roma, Arch. storico del Vicariato, Parr. di S. Maria ad Martyres, VIII, 1750-56, p. 140); nel 1668, dall'atto di morte dello stesso anno 1755 (Ibid., Libro dei Morti, IV, 1703-57, p. 176). Sarebbe nato a Venezia da un certo Magno (Ibid., Parr. di S. Maria ad Martyres, Libro dei Battesimi, III, 1719, p. 73). Nulla si sa degli anni giovanili, né della sua formazione intellettuale e professionale.
Presente a Roma intorno al 1695, intraprese l'attività editoriale, avvicinandosi subito al cardinale spagnolo José Saenz de Aguirre, noto teologo benedettino e professore di filosofia. Nello stesso 1695 ne pubblicò infatti la Synopsis Collectionis Maximae Conciliorum omnium Hispaniae et Novi Orbis; l'anno seguente, grazie ai finanziamenti del cardinale, poté stampare la Bibliotheca Hispana Vetus di Nicolás Antonio, opera postuma di notevole importanza, che presto riusci ad ottenere un grande successo. Nel 1697 dai tipi del D, usciva un'altra opera dei de Aguirre, De Virtutibus et Vitiis Disputationes Ethicae, e l'anno successivo lo stesso commentava una edizione della Philosophia moralis di Aristotele.
Le edizioni di questo primo quadriennio rappresentano l'inizio di un'attività che avrebbe caratterizzato il D. come uno dei più importanti tipografi romani del tempo, raggiungendo circa il migliaio di testi. La sua stampa si distingue - fin dagli esordi - per un'elegante veste editoriale, ma aliena da virtuosismi inutili, per una correzione della pagina accorta e sorvegliata, per un equilibrato uso dei rapporti tra gli spazi, per il non infrequente ricorso alla combinazione degli inchiostri neri e rossi: elementi che possono indirettamente contribuire a documentare il gusto e la sensibilità del D. editore, la cui personalità resterebbe del tutto sconosciuta se non vi fossero degli indizi rivelatori emergenti dalle opere da lui stampate.
È il caso, ad esempio, delle Massime di pietà e fruttuose instruzioni espresse in Cento Discorsi detti nelle Adunanze solite di S. Filippo Neri dal Venerabile Padre Francesco Marchese Preposto della Congregatione dell'Oratorio di Roma, opera pubblicata postuma nel 1699, a cura di A. Panicara, nella cui prefazione lo stampatore offre interessanfi chiavi di lettura sui propri intenti. Il D. afferma, infatti, di volersi rivolgere esclusivamente a chi "cerea principalmente il serio profitto delle Anime, e non il vano compiacimento delle orecchie" (giustificando così la forma rimasta a volte imperfetta per la sopraggiunta morte dell'autore) ed esprime i propri ideali professionali ed umani: "Credimi, leggitore, perché io fò professione di prestare ossequio alla verità, né la mia stampa imparò già mai di mentire".
Il 18 ott. 1699 il D. sposava Maria Maddalena Lucia Morotti, e trasferiva il proprio domicilio e la sede della stamperia da via della Vite, dietro S. Silvestro in Capite, a piazza di Ceri. Nel 1705 nasceva il primogenito, Giuseppe, cui sarebbero seguiti altri figli: Vittoria, Caterina, Filippo. Nel 1719 la sede della stamperia, già trasferita in Chiavica del Bufalo, subiva un ulteriore e definitivo spostamento in via del Seminario Romano vicino alla Rotonda: segno dell'accrescimento numerico delle tipografie romane - circa un centinaio nel Settecento (Barberi, Libri e stampatori..., p. 25) - non più circoscritte esclusivamente nel rione Parione, come un tempo. Nello stesso anno nasceva al D. un altro figlio, Giovanni Andrea Francesco (divenuto poi sacerdote), cui sarebbe seguito, nel 1728, Francesco Maria Angelo. Di tutti i figli, comunque, solo Giuseppe e Filippo continuarono ad esercitare la professione paterna. Ad essi il D. lasciò in eredità la "... Stamperia con tutte le sue Cassette, Stigli, rami, intagli, Torcoli, compreso quello di rame, carta bianca da stampare ... e tutto altro che concerne la detta Arte di Stampatore" (cfr. il suo testamento), quando lo cQlse la morte a Roma il 24 ag. 1755.
Nella Roma della prima metà del sec. XVIII una attenzione particolare va indubbiamente posta al collegamento editoriale del D. con determinati gruppi intellettuali. Si pensi, ad esempio, alla stretta collaborazione tra il D. e gruppi ecclesiastici. Numerosi sono i testi di argomento sacro: dalle agiografie (quali la Vita di s. Guglielmo di Innico M. Galomani, del 1734; la Vita di s. Luigi Gonzaga di V. Cepari, del 1746) alle guide per gli stessi ecclesiastici (vedi gli Avvertimenti di s. Carlo per li Confessori, Stampati d'ordine di N. S. Papa Innocenzo XII e pubblicati dall'em. e rev. sign. card. Carpegna nel 1700, o l'Istruzione per li novelli Confessori nella quale si sminuzza la pratica del Sacramento della Penitenza, del 1726); dalle interessanti opere di missionari, ove si intrecciano osservazioni a carattere etnologico ad indicazioni a carattere religioso (è il caso della Relazione istorica della Nuova Cristianità degli Indiani detti Cichiti, scritta in Spagnuolo dal P. G. Fernandez e tradotta in Italiano da G. B. Memmi, del 1729) ai testi scritti appositamente per specifici Ordini religiosi (quali le Constitutiones ac Declarationes Congregationis Monachorum Reformatorum S. Bornardi Ordinis Cisterciensis, del 1700, o la Notizia dell'Origine e Stabilimento dell'Istituto delle Religiose Orsoline, del loro fine particolare e della Fondazione del monastero del sudetto Istituto in Roma, del 1718, o, ancora, il Methodus Capituli Generalis Ordinis Minorum S. Francisci, del 1723).
Una menzione particolare merita, in proposito, lo stretto legame esistente tra il D. e la Compagnia di Gesù, per la quale egli lavorò in maniera assidua e costante, pubblicando numerose opere di gesuiti (quali C. d'Aquino, A. M. Bonucci, G. B. Memmi, F. Buonanni, A. Pozzo, G. M. Ayroli, D. M. Antinori). In tutte queste pubblicazioni di carattere religioso si manifestano in maniera evidente gli intenti del D. di voler contribuire alla diffusione di un metodo scientifico applicabile allo studio dei testi sacri della tradizione cristiana. Significativa è, in proposito, La Scuola Mabillona nella quale si trattano quei studj che possono convenire agl'Ecclesiastici; con una lista delle principali Dificoltà che si trovano nella lettura de Concilj, de Padri e dell'Istoria, pubblicata nel 1701, ove nella presentazione di fr. N. G. Ceppi si afferma esplicitamente di voler indicare "il metodo che si deve osservare nell'applicarsi a varie scienze, che possono convenire alla professione Religiosa".
Accanto a queste opere indirizzate ad un pubblico colto e specializzato ne figurano anche altre, di più facile lettura, ove è evidente la volontà di rendere incisivi e operanti quei principi evangelici e quelle pratiche cristiane da molti vissute in maniera superficiale e passiva. Ecco allora veri e propri "manuali" di divulgazione religiosa: La Divozione alla moda introdotta col vivere d'oggidi: Posta all'esame ne' suoi Inganni, nei suoi pericoli, nelle sue conseguenze (1725) di D.M. Antinori; IlFrutto del Ritiro in vantaggio di chi vive nel Secolo (1725); Il Tesoro nascosto, ovvero Pregi ed Eccellenze della Santa Messa, con un modo prattico e divoto per ascoltarla con frutto (1737) di p. Leonardo da Porto Maurizio; Modo facile per imparare tutta la storia della Sacra Bibbia (1738); Istruzione per degnamente acquistare il Giubbileo dell'Anno Santo (1750) di P. F. Foggini; ecc.
Insieme con le edizioni di testi d'argomento religioso ve ne sono poi altre di diverso genere, importanti per una migliore focalizzazione degli interessi del D, della sua attività tipografica e dei riflessi che essa ebbe nel mondo romano del XVIII secolo. Particolare ricordo merita la stampa di studi archeologici e storici, indizio di una nuova sensibilità nei confronti del passato, non più esclusivamente visto come oggetto di speculazione erudita, ma indagato nei suoi nessi col presente. Del 1729 èl'opera di P. S. Bartoli, Le antiche lucerne sepolcrali raccolte dalle cave sotterranee e Grotte di Roma, nelle quali si contengono molte erudite Memorie; del 1750 la ristampa delle Picturae Antiquae Cryptarum Romanorum et Sepulcri Nasonum, illustrate da G. P. Bellori e M. A. de La Chausse. Ma certo assai più note sono le opere di G. G. Bottari, accademico della Crusca e famoso erudito, che presso i tipi del D. illustrò i due tomi del Museo Capitolino (1741-1748), commentò il secondo tomo delle Sculture e Pitture sagre astratte dai cimiterj di Roma pubblicate dagli Autori della "Roma Sotterranea"[A. Bosio e P. Aringhi] (1747) e un'altra serie di opere.
Da notare è la cura testuale e la nitida e precisa veste tipografica che in questi libri, più che in altri, si evidenzia per la scrupolosa maestria del D., come traspare soprattutto dalle tavole e raffigurazioni numerose che accompagnano questi testi archeologici. Degni di pari attenzione sono, in questo campo, gli studi di F. Ficoroni, quali le Osservazioni del 1709, la Bolla d'oro de' Fanciulli nobili romani e quella de' Libertini (1732), i Tali ed altri Strumenti Lusorj degli Antichi Romani (1734), Le maschere sceniche e le figure comiche degli Antichi Romani (1736). Le nuove idee sul rapporto passato-presente portavano poi ad un acuirsi dell'attenzione verso quello che era il proprio ambiente: ecco allora le indagini su Roma spostarsi su aspetti particolari, ben definiti, quali quelli urbanistico-architettonici o naturali, di cui si può, appunto, trovar testimonianza nel catalogo delle opere da lui edite. È il caso del Trattato delle cose più memorabili di Roma tanto antiche come moderne, con l'eruditioni di alcune statue, e bassi rilievi Palazzi, Chiese e funzioni pubbliche di detta Città di G. Pinaroli (1700), o del Tevere navigato e navigabile in cui si prova con autorità evidenti e non sospette che ne' tempi passati sin da sua scaturigine sinavigava, e che ne' presenti navigarsi può almeno da Orte a Pontenuovo di L. Pascoli (1740).
Nella molteplicità dei testi da lui editi è dunque possibile individuare delle costanti tematiche di significativo rilievo, testimonianza di un ambiente culturale e di interessi prevalenti. Un settore a se stante è da dedicarsi al teatro. Opere teatrali (di genere tragico e comico) figurano infatti ricorrentemente nella sua produzione editoriale. Fra i numerosi titoli si possono però ricordare l'Oratio di P. Corneille (recitata nel 1702 nel teatro del seminario romano), e le varie opere del Capece. Ma certo un posto particolare merita il melodramma. Già nel primo anno di residenza romana del D. - il 1695 - figura un dramma sacro per musica, La Costanza nell'amor divino, overo La S. Rosalia; a quest'opera altre ne seguirono, firmate da G. D. Bonmattei Pioli, C. S. Capece, G. C. Corradi, G. Gigli, P. Ottoboni, P. Metastasio (di quest'ultimo si pensi a La clemenza di Tito, 1734, Achille in Sciro e Adriano in Siria, 1736, Demetrio, 1742).
Un altro importante filo conduttore dell'attività del D. è dato dai numerosi lavori svolti per l'Accademia dell'Arcadia (della quale appoggiò sempre la parte più moderata) al punto che ne è stato considerato "quasi stampatore ufficiale" (Esposito, p. XV). Accanto alle opere di singoli accademici figurano infatti vari volumi sulle Prose e sulle Rime degli Arcadi, sulle varie adunanze tenute, sulle Vite degli Arcadi illustri. Ruolo da protagonista assume in questo settore la produzione di M. Crescimbeni custode d'Arcadia e letterato che tentò, tra l'altro, di affrontare con taglio storiografico - seppur ancora incerto - le vicende della poesia italiana: presso la tipografia del D. uscirono La bellezza della volgar poesia (2 ed., 1712), L'istoria della volgar poesia (2 ed., 1714), i Comentarj intorno all'istoria della volgar poesia (1702-1711). G. Gigli e A. Bastero y Lledó pubblicarono invece dei testi di erudizione e normativa letteraria.
In questo panorama editoriale così ricco e variegato non mancano poi testi di medicina (quali quelli di G. Marini, La pratica delle principali e più difficili operazioni di chirurgia, che riguardano il professore litotomo ed oculista, del 1723; di G. Petrioli, Le Otto Tavole Anatomiche con cinquanta figure in foglio..., del 1750), di astronomia (è del 1755 l'opera di R. G. Boscovich professore al Collegio Romano, De Lentibus et Telescopiis Dioptricis Dissertatio).
Fonti e Bibl.: Oltre i docc. già cit., si vedano Roma, Arch. stor. del Vicariato, Parr. di S. Lorenzo in Lucina, Libri degli stati delle anime, 1695, p. 2, e gli altri docc. cit. in Esposito, Introduzione, passim; Roma, Bibl. naz., A. 176 (16-17-18-19), Lettere di A. De Rossi a mons. Camillo Qybo; Bibl. ap. Vaticana, Mss. Borg. lat. 499, ff. 287-295 (ricevute rilasciate dal D.). Fondamentale è E. Esposito, Annali di A.D. stampatore in Roma, Firenze 1972. Si vedano poi A. G. Bragaglia, Storia del teatro popolare romano, Roma 1958, pp. 294, 305 s., 308; F. Barberi, Libri e stampatori nella Roma dei papi, Roma 1965, p. 25; V. E. Giuntella, Roma nel Settecento, Bologna 1971, p. 102.