DE ROSSI, Giovanni Maria (De Rubeis)
Poche ed episodiche sono le notizie che si possono riferire allo scultore "Ioannes Maria De Rubeis, seu De Rossi, filius Michaelis Bononiensis". Probabilmente nacque nel 1636 a Bologna, come si deduce da un documento dell'Archivio del Vicariato di Roma che lo registra, all'età di trent'anni, abitante nella strada della Purificazione, insieme con la moglie Costanza (Roma, Arch. Stor. del Vicariato, Status animorum 1666, Parochia S. Andrea de Frattis, c. 20v).
Le sue prime opere a noi note, tutte in stucco, si trovano nella chiesa bolognese di S. Michele in Bosco che a metà del Seicento veniva rivestita di una nuova decorazione barocca.
Un documento tratto dal Libro dei Debitori e Creditori di quel monastero riporta la notizia di un pagamento di centocinquanta lire effettuato in favore dello scultore nel 1662 per le due statue dei profeti Isaia e David "poste sopra il muro che divide il coro"; cui fa seguito, sempre nel 1662, un altro pagamento per sette teste in stucco eseguite per il rinnovamento della cappella del Crocifisso, la prima entrando a destra. "Per quante diligenze usate non mi è riuscito ritrovare altra notizia del suddetto che le opere fatte nella Chiesa di San Michele in Bosco", commenta il biografo bolognese Marcello Oretti alle scarsissime notizie da lui raccolte su quest'artista.
In base ad altri documenti dello stesso convento, sempre del 1662, citati dal Riccomini, si possono attribuire al D. anche una statua di Madonna ed una di S. Giovanni, entrambe disperse, pagategli centottanta lire, e il calco e la fusione in bronzo del S. Michele Arcangelo dell'Algardi, che fu posta poi "sopra la ferriata nel mezzo" (Malvasia, 1686, p. 327), cioè sulla cancellata che divideva il coro dei monaci dalla parte inferiore della chiesa e andò successivamente dispersa quando, dopo la soppressione dell'Ordine, la cancellata fu rimossa. Inoltre la Guida malvasiana del 1686 e l'Indicazione di Arze e Giordani gli attribuiscono anche le due statue di S. Benedetto e di S. Marco, databili al 1664 poste nelle nicchie ai lati della scala che dà accesso al coro, proprio sotto quelle già ricordate dei profeti Davide e Isaia.
In questo primo gruppo di sculture il D. ci appare personalità di qualche rilievo nello scarno panorama della scultura seicentesca a Bologna che, come del resto in buona parte dell'Emilia, fu arte del tutto secondaria rispetto al fiorire della pittura, anche per l'assenza nella regione di materiali locali di buon pregio e durata.
Poco tempo dopo - la data precisa è però ignota - lo scultore si trasferì a Roma: nel 1666 è registrato come abitante a Capo le Case, vicino a S. Isidoro, zona dove peraltro risiedevano molti artisti. Dalla fine del 1667 fu chiamato a lavorare, nell'ambito del cantiere di S. Pietro, per l'esecuzione delle statue del braccio curvo nord del colonnato. Dal maggio 1661 al marzo 1667 erano infatti state scolpite solamente le ventiquattro statue degli ingressi del portico, quindi, vista l'eccessiva lentezza nell'esecuzione, erano stati chiamati ad affiancare Lazzaro Morelli, che fin dalla progettazione del colonnato aveva collaborato costantemente con il Bernini, anche altri artisti fra i quali il De Rossi. Questi, forse per la protezione di qualche potente personalità vaticana o per diretta conoscenza del Bernini, eseguì ben otto delle trentadue statue del braccio curvo nord e, successivamente, tra il gennaio 1669 ed il marzo 1673, cinque di quelle del braccio curvo sud.
Va sottolineato come i documenti vaticani, pur tanto precisi per quanto riguarda i tempi e i modi di attuazione del grande ciclo scultoreo, tacciano i nomi delle statue eseguite dai rispettivi scultori; si possono quindi tentare delle attribuzioni aiutandosi solamente con una attenta analisi comparata dei documenti attestanti i pagamenti degli artisti e quelli concernenti le erezioni delle statue, ciò nell'intento di circoscrivere il più possibile il numero delle statue fra le quali individuare le opere di ogni artista.
Delle tredici statue attribuibili al D. (a nord: S. Agata, n. 8; S. Olimpia, n. 11; S. Lucia, n. 12; S. Balbina, n. 13; S. Remigio, n. 15; S. Ignazio, n. 16, S. Eusigno, n. 30, S. Malco, n. 38; a sud: S. Leone Magno, n. 104; S. Atanasio, n. 105; S. Giovanni Crisostomo, n. 106; S. Ubaldo, n. 107, S. Gregorio Nazianzeno, n. 108) alcune appaiono molto legate alla sua passata attività di stuccatore, sia per le figure molto allungate, quasi prive di una loro realtà plastica, sia per i contorni vibrati dei panneggi; altre, grazie alla frequentazione dell'ambiente romano ruotante intorno al Bernini, abbandonano i primitivi calligrafismi per una più vigorosa resa plastica e un maggiore intento di teatralità tipico del barocco romano. Va ricordato che per il numero di statue eseguite per il colonnato di S. Pietro il D. fu secondo soltanto al ben più noto Lazzaro Morelli.
Nel marzo 1666 il D., come si apprende dai documenti dell'Archivio di Stato di Roma (Tribunale del Governatore, Processi criminali 1660-1666, vol. 578, cc. 488 s.), intentò una causa ad alcuni carrettieri che gli avevano rubato dei "sassi di peperino" provenienti dalla demolizione di certi pilastri in S. Giovanni Laterano e che egli aveva comperato capitolo lateranense a venti scudi.
Nel 1671 venivano registrati i preliminari per un contratto di enfiteusi, stipulato poi dall'artista l'anno seguente, per una casa "in Regione Montiis versus Monasterii S. Maria Magdalena in Monti Quirinali, in via retta à Palatio Apostolico ..." (Arch. di Stato di Roma, 30Notai Capitolini, Ufficio 1°, Notaio Iohannis Antonettus, 4 dic. 1671; 5 genn. 1672; 30 sett. 1672).
Tra il 1674-1676 il D. eseguì una statua, non identificata, per l'attico della facciata di S. Maria in Montesanto a piazza del Popolo (doc. in Golzio, 1941, p. 143; Martinelli, 1987, p. 209).
Controversa è l'identificazione dello scultore con l'omonimo architetto del pulpito della chiesa romana di S.Marcello, situato tra la seconda e la terza cappella destra, eseguito dallo scalpellino Carlo Torriani nel 1673.
Dopo la statua di S. Maria in Montesanto non si conoscono altre opere eseguite dal D., la cui presenza a Roma è però comprovata da due documenti del 1696 e del 1704, riguardanti sempre la sua casa del quartiere Monti, e in cui però scompare del tutto la qualifica di scultore.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Roma, Tribunale dell'Auditor Camerae, Notaio Bellus Laurentius, 14 marzo 1696; 30 Notai Capitolini, Ufficio 140, Notaio Laurentius Rosselius, 15 nov. 1704; Bologna, Bibl. Com. dell'Archiginnasio, ms. B 133: M. Oretti, Notizie de' professori del disegno..., c. 33; A. Masini, Bologna perlustrata, Bologna 1666, p. 628; C. C. Malvasia, Le pitture di Bologna (1686), a cura di A. Emiliani, Bologna 1969, ad Indicem (s.v. Rossi, G. M.); L. Arze-G. Giordani, Indicaz. storico-artistica delle cose spettanti alla villa legatizia di S. Michele in Bosco, Bologna 1850, p. 96; A. Bertolotti, Artisti bolognesi, ferraresi... in Roma nei sec. XV, XVI e XVII, Bologna 1885, p. 195; F. Malaguzzi Valeri, La chiesa ed il convento di S. Michele in Bosco, Bologna 1895, p. 76; V. Golzio, Le chiese di Santa Maria in Montesanto e di Santa Maria dei Miracoli, in Archivi d'Italia, s. 2, VIII (1941), 3, p. 143; G. Zucchini, San Michele in Bosco a Bologna, in L'Archiginnasio, XXXVIII (1943), pp. 32, 36; R. Roli, in San Michele in Bosco, a cura di R. Renzi, Bologna 1971, pp. 255 s.; L. Gigli, San Marcello al Corso, Roma 1977, pp. 62 s.; E. Riccomini, Ordine e Vaghezza. Scultura in Emilia nell'Età Barocca, Bologna 1977, pp. 79, 127; G. Antonazzi, Il Palazzo di Propaganda, Roma 1979, p. 93; Monasteri benedettini in Emilia Romagna, Milano 1980, p. 183; Le statue berniniane del colonnato di S. Pietro, a cura di V. Martinelli, Roma 1987, ad Indicem.