DE ROSSI, Michele Stefano
Nacque a Roma il 30 sett. 1834, da Camillo Luigi e Marianna Bruti Liberati. Compì gli studi presso il Collegio Romano, ottenendo il diploma di licenza nel novembre del 1854. Intraprese poi studi giuridici, conseguendo la laurea nel giugno del 1858. Non praticò mai il diritto, in quanto, sin dagli anni universitari, si dedicò a ricerche di archeologia cristiana, quale assistente e collaboratore del più noto fratello Giovanni Battista.
Il D. univa allo studio dei classici latini e dei Padri della Chiesa un interesse vivo per l'archeologia, la paleontologia, la geologia: nel collaborare alla Roma sotterranea..., Roma 1864, la vasta impresa inaugurata dal fratello, si trovò ad affrontare il complesso problema del rilevamento topografico delle catacombe romane. Poiché le procedure impiegate nel rilevamento geometrico delle miniere non erano applicabili allo studio di cunicoli, egli ideò una macchina portatile che chiamò "ortografica-iconografica", per registrare con facili operazioni l'andamento dei cunicoli, i dati altimetrici, le dimensioni delle gallerie (Dell'ampiezza delle romane catacombe e d'una macchina iconografica ed ortografica per rilevare le piante e i livelli, in Atti d. Accad. pontif. de' Nuovi Lincei, XIII [1860], pp. 377-41. Presentata all'Accademia dei Nuovi Lincei, la macchina venne premiata con una medaglia all'Esposizione universale di Londra del 1862 e a quella internazionale di Parigi del 1867. Con essa il D. preparò una pianta delle catacombe di Callisto, corredata di sezioni geologiche, premiata all'Esposizione di Dublino del 1866.
Accanto ai lavori di archeologia cristiana in collaborazione col fratello, il D. sviluppò un interesse autonomo per lo studio del suolo romano, e delle prime popolazioni che lo avevano abitato. Nel 1867 pubblicava Etudes géologico-archéologiques sur le sol Romain (in Bull. de la Soc. géol. de France, XXIV [1867], pp. 578-591) ed un importante Rapporto sugli studi e sulle scoperte paleoetnologiche nel bacino della Campagna romana, in Ann. d. Inst. di corrispond. archeol., XXXIX [1867], pp. 554). Sin dai primi scritti di paleoetnologia il D. si sforzava di collegare i reperti preistorici dell'Agro romano con l'epoca storica, avendo cura di individuare nei classici latini riferimenti a riti religiosi e a strumenti arcaici, che egli riteneva propri delle popolazioni preistoriche preromane. Così nel Secondo rapporto ... (in Giorn. arcadico..., LVIII [1866], pp. 96-141) il D. discuteva dei ritrovamenti di oggetti votivi nelle acque termali di Vicarello, presso il lago Sabatino, e credeva di poter tracciare una serie continua che dai reperti archeolitici giungeva sino alle monete romane, per concludere che "tale continuità di tempo, di costumi e di credenze esclude necessariamente l'ipotesi di un periodo illimitato di secoli" (ibid., p. 117).
Nel 1871 il D. annunciava il ritrovamento di un aes grave all'interno di una roccia vulcanica, scoperta che lo portava ad ipotizzare eruzioni recenti del vulcano laziale di Albano, che aveva dunque sepolto la necropoli in cui egli aveva ritrovato la moneta romana molto tempo dopo la fondazione della città (Nuove scoperte nella necropoli arcaica Albana e l'Aes Grave fra le rocce vulcaniche laziali. Quarto rapporto paleoemologico, in Ann. d. Inst. di corrispond. archeol., XLIII [1871], pp. 239-279). Il popolo latino contemporaneo dell'ultima eruzione di lava peperina era certamente rozzo e primitivo, ma non preistorico. Dunque, "la logica dei fatti [ha] guidato la scienza paleoetnologica contro l'aspettazione e forse contro il desiderio di molti fra i suoi cultori ad avvicinare i tempi ed a restringere i periodi delle età preistoriche" (Lescoperte e gli studi paleoetnologici dell'Italia centrale al Congresso ed Esposizione di Bologna, in Atti d. Accad. pont. de' Nuovi Lincei, XXV [1871-1872], p. 249).
L'ardore con cui il D. combatteva la tesi di una storia umana che si estendeva per centinaia di secoli prima dell'alba della storia suscitò la perplessità di colleghi ed amici; la critica al concetto dell'immensità dei tempi e il tentativo di collegare le ultime eruzioni laziali all'epoca romana miravano ad indebolire e a porre in dubbio la cronologia geologica ed antropologica accettata dalla maggior parte dei naturalisti. L. Pegorini, uno dei fondatori del Bollettino di paleoetnologia italiana, lo ammoniva a "non voler forzare la preistoria dentro la storia", senza tuttavia riuscire a convincere il collega (Rivista degli studi e delle recenti scoperte paleoetnologiche di Roma dal 1870 al 1879, in Gli Studi in Italia, III [1880], pp. 488 s.), mentre poi G. Tuccimei, suo biografo, lo elogiava per aver inferto un duro colpo alla "favolosa ed incredibile antichità dell'uomo, tanto decantata da moderni scienziati, a tutto scapito della tradizione biblica" (in Atti d. Accad. pont. deNuovi Lincei, LII [1899], p. 46).
Coerenti dunque con questo atteggiamento erano le preferenze del D. per teorie geologiche di tipo catastrofista; egli attribuiva la formazione delle montagne, e dei terreni alluvionali del Quaternario, all'azione di forze di grande intensità, che avevano agito per tempi relativamente brevi. Convinta anche era la sua adesione alle teorie di Leopold von Buch sui sollevamenti endogeni, tanto che si proponeva di applicarne le tesi allo studio dei vulcani laziali come testimonianza certa del recente sollevamento dell'intera penisola italiana. Gli scritti del D. rivelavano comunque conoscenze geologiche inadeguate ed una scarsa familiarità con gli sviluppi del dibattito geologico europeo della seconda metà del diciannovesimo secolo. I riferimenti a von Buch si fecero tuttavia più rari, a man a mano che la comunità geologica internazionale relegava la tesi del geologo austriaco al ruolo di curiosità storica. Tuttavia, il D. rimase partigiano della teoria dei sollevamenti e fedele al progetto apologetico di contestare la tesi di uno sviluppo della superficie della terra e dell'uomo per periodi indefiniti e certamente lunghissimi di tempo.
Nel corso delle esplorazioni delle catacombe cristiane, e nelle varie campagne di ricerca paleoetnologica, il D. aveva accentuato l'interesse per i fenomeni vulcanici e per i terremoti che spesso li accompagnavano. Nel maggio del 1868 era stato nominato professore sostituto di geologia e mineralogia presso la università pontificia, con diritto di successione alla cattedra.
Da allora in poi il D. si dedicò allo studio della sismologia e della vulcanologia, imprimendo un impulso decisivo allo sviluppo delle due discipline.
Le prime memorie dedicate allo studio del vulcanismo perfezionarono le tesi del 1868, ricollegandole esplicitamente alle teorie di von Buch. Per esse, vulcani e terremoti sono fenomeni complementari ai processi di sollevamento per spinte endogene (Le fratture vulcaniche laziali, ibid., XXVI [1872-1873], p. 147). Il fluido elastico spinge gli strati in senso sempre verticale; i moti ondulatori dei terremoti sono invece il risultato della vibrazione delle labbra delle fratture della crosta terrestre. La combinazione dei due movimenti genera scosse più violente e più dannose (Sulla continuazione del periodo sismico-vulcanico, ibid., p. 271). Il D. collegava i fenomeni sismici e vulcanologici del paese al grande processo di sollevamento orogenetico della penisola italiana. Dunque, i vulcani e i terremoti andavano intesi come manifestazioni di un processo complesso e unico. Le fratture prodotte dal sollevamento della penisola formerebbero un reticolo che percorre tutto il paese; ogni esplosione sotto un dato punto della superficie non può non ripercuotersi sull'intero sistema. In questa prima fase dei propri studi sismologici il D. assimilava i fenomeni endogeni a quelli metereologici; in ambedue i casi, spostamenti di masse gassose determinerebbero manifestazioni più o meno violente. Egli pertanto auspicava che la vulcanologia e la sismologia, come la meteorologia, si attrezzassero per istituire un sistema di sorveglianza continua del comportamento dei gas interni alla superficie terrestre.
Il D. divenne partigiano entusiasta della teoria pneumodinamica dei moti microsismici elaborata dal padre barnabita T. Bertelli, il quale aveva anche ideato uno strumento per rilevarli, registrando le minime vibrazioni della crosta terrestre (il tromometro perfezionato poi nel tromosismometro); si realizzava così concretamente l'approccio meteorologico alla sismologia auspicato dal De Rossi.
Nel dicembre del 1873 il D. annunciava il progetto di un bollettino per lo studio del vulcanismo italiano (ibid., XXVII [1873-1874], pp. 31-44). Agli inizi del 1874 lo studioso lanciava il primo fascicolo del Bullettino del vulcanismo italiano. Periodico geologico ed archeologico per l'osservazione dei fenomeni endogeni nel suolo d'Italia. Nella prefazione, il D. giustificava l'approccio meteorologico alla sismologia e faceva appello ai colleghi meteorologi affinché contribuissero allo studio dei fenomeni endogeni. Eguale appello veniva rivolto ai colleghi paleoetnologi. Di fatto, l'interesse per la vulcanologia e la sismologia venne sempre più assorbendo il D., ed il Bullettino diede poco spazio alle comunicazioni archeologiche o paleoetnologiche.
Frattanto il D. allestiva un osservatorio sismico nella propria villa di Rocca di Papa, avendo cura di porre gli strumenti in una grotta scavata nella lava, lontani da qualsiasi disturbo; i risultati delle sue osservazioni suscitarono grande interesse tra gli scienziati dell'epoca. A. Favaro, più noto come storico galileiano, cooperò attivamente col D. ai primi lavori di rilevamento sismologico (ibid., II [1875], pp. 103-106). Costante fu lo sforzo del D. per formulare una metodologia uniforme per i rilevamenti sismografici, e per preparare modelli di tabelle da distribuire ai numerosi corrispondenti sparsi per tutta Italia.
Ideò e fece costruire per i suoi collaboratori e corrispondenti una serie di apparecchiature per l'osservazione dei fenomeni sismici nonché per la loro registrazione.
Senza scostarsi dalla forma dei pendoli (già impiegati da L. Palmieri all'osservatorio vesuviano) adottò il sistema dell'autoregistrazione come il più pratico; nacquero così i principali strumenti sismici che si ritrovano nei primi osservatori da lui fondati; l'autosismografo, il protosismografo, il microsismografo a pendoli, il microfono sismico, il tromometro normale, citando solo i più noti e diffusi (Riflessioni eproposte relative agli strumenti grafici, ibid., pp. 57-66; Microsismografo, ossia istrumento per registrare le osservazioni dei movimenti microscopici del suolo, in Atti d. Acc. pontificia d. Nuovi Lincei, XXIX [1875-76], p. 420; Guida pratica per le osservazioni sismiche, in Bull. d. vulc. ital., III[1876], pp. 5-42; Il microfono nella meteorologia endogena. Studi ed esperienze, ibid., V [1878], pp. 99-120).
Nel 1877 egli proponeva con il fisico svizzero F. A. Forel anche una scala di dieci gradi per misurare l'intensità dei sismi, poi superata da quella proposta dal Mercalli. Nel 1878 presentava al congresso internazionale di meteorologia, che si teneva a Roma, un volume in cui raccoglieva i risultati dei suoi primi studi. Significativo era il titolo dell'opera, Meteorologia endogena (Milano 1878), in cui il parallelo tra fenomeni meteorologici e sismici veniva portato a conseguenze estreme. Nel secondo volume del 1882 discuteva l'intera questione dei movimenti microsismici, esaminava i dibattiti che la teoria del Bertelli aveva provocato e descriveva tutta una serie di strumenti di rilevamento sismografico.
Tra il 1875 e il 1895 ci furono numerosi terremoti. Ciò provocò un aumento di interesse per l'opera del D., il quale non seppe però confrontarsi in modo adeguato con le nuove ipotesi sulle loro cause formulate da geologi professionisti. La grave eruzione dell'Etna del 1879 aveva costretto le autorità governative a prendere iniziative concrete: il ministero dell'Agricoltura stanziava la somma di 12.000 lire per il potenziamento dell'osservatorio vulcanologico dell'Etna. Nel marzo del 1881 una prima, grave scossa provocava dei morti a Casamicciola, nell'isola d'Ischia. Il D. lamentava la lentezza con cui si provvedeva a tutelare le popolazioni e sosteneva pubblicamente che l'impianto di una stazione di rilevamento sull'isola avrebbe forse potuto prevedere nuovi disastri: i microsismografi. di Rocca di Papa e del Bertelli avevano infatti registrato una intensa attività microsismica nei giorni precedenti la scossa. Il 28 luglio del 1883 un'altra violenta scossa, non prevista dal D., distruggeva l'intero abitato, provocando 2.320 morti.
Tra il 1881 ed il 1884 tuttavia il D. conobbe il momento di maggiore successo. Nel 1881 al congresso internazionale di geologia di Bologna otteneva un lusinghiero riconoscimento delle sue ricerche e veniva incaricato di redigere in francese una serie di istruzioni per l'organizzazione di osservazioni sismologiche su scala mondiale. La Svizzera e la Francia già si muovevano in quella direzione, ed il D. sollecitava le autorità politiche e scientifiche ad aiutarlo nella branca di studi da lui fondata.
F. Giordano, direttore dell'Ufficio geologico, in quei mesi sottoposto a vivaci critiche da parte di C. De Stefani, A. Stoppani e T. Taramelli, decise di trarre vantaggio dalla popolarità del D., per affiancare i lavori di quest'ultimo alle attività dell'Ufficio geologico (Bull. d. vulcan. ital., IX[1882], pp. 3-10). Nel 1882 il D. trasferiva il proprio archivio nella sede di via S. Susanna a Roma, e nel 1883 il Bullettino assumeva il sottotitolo di Periodico dell'Osservatorio ed archivio centrale geodinamico presso il Regio Comitato geologico ital. (X [1883]). Il D. assumeva il titolo di direttore del servizio geodinamico e dell'archivio. Nel Programma per il nuovo ufficio, mutava considerevolmente il proprio approccio al campo di studi da lui fondato; egli negava ora la connessione tra meteorologia e sismologia.
Il terremoto di Casamicciola del luglio 1883 diede un momentaneo impulso ai suoi programmi di ricerca sismologica. Il 20 dic. 1883 il ministero dell'Agricoltura nominò una commissione per organizzare su vasta scala il servizio di rilevamento endodinamico, che, un anno dopo, proponeva l'istituzione di tre osservatori sismologici: sull'Etna, sui monti laziali e sull'isola d'Ischia. Nel 1886 erano nominati i tre direttori, ed il D. confermato úirettore del proprio osservatorio. Ma la distanza crescente dai luttuosi eventi del 1883 raffreddava l'ardore scientifico delle autorità. Nel 1887 F. Giordano annunciava che l'osservatorio di Rocca di Papa era "in avanzata costruzione e che si facevano preparativi per gli altri due" (Boll. d. R. Comit. geol. ital., XVIII [1887], p. 31). Il 9 giugno 1887 un r. d. scioglieva il Consiglio direttivo di meteorologia, istituito nel 1876, e la Commissione geodinamica del 1883. Ragioni di ordine economico - si disse - consigliavano l'istituzione di un unico Comitato direttivo di meteorologia e geodinamica, composto di dodici membri e posto alle dipendenze operative dell'osservatorio meteorologico centrale di Roma (ibid., XIX [1888], pp. 33 s.).
Il D. rimase a capo dell'archivio e dell'osservatorio di Rocca di Papa, ma il suo ruolo diveniva sempre più secondario. Le gravi carenze teoriche della sua interpretazione dei fenomeni sismici e vulcanici emergevano con maggiore chiarezza quanto più i geologi professionisti si andavano occupando della questione; le ristrettezze economiche ed una salute sempre più cagionevole ritardarono gravemente la pubblicazione del Bullettino a partire dal 1888.
Il D. non sembrava più in grado di portare a termine il lavoro intrapreso, e forse lo stato della sismologia stessa non giustificava grandi investimenti di denaro; nel 1895 il ministero dell'Agricoltura favoriva la costituzione della Società sismologica italiana e la pubblicazione del Bollettino omonimo, diretto da P. Tacchini. Le campagne del D. avevano suscitato speranze che era meglio far dimenticare; la sismologia era dunque una legittima disciplina scientifica, ancora lontana dal poter indicare la strada per la previsione tempestiva dei sismi e delle eruzioni vulcaniche.
A partire dai primi anni Novanta il D. si era praticamente ritirato nella villa di Rocca di Papa, e scendeva a Roma solo per partecipare alle riunioni della Accademia pontificia dei Nuovi Lincei, di cui era segretario. Molto legato alla Curia romana, rifiutò di aderire all'Accademia dei Lincei, e non perse occasione per ribadire la propria fedeltà al Papato. Ottenne in vita diversi riconoscimenti da accademie e società scientifiche nazionali ed estere. Fu dal 1866 membro della Société géologique de France e dal 1867 della Société d'anthropologie di Parigi, che lo accolse a dispetto della netta prevalenza tra le sue fila di elementi radicali e professanti forme più o meno esplicite di materialismo e di ateismo. Nel 1883 era stato nominato membro della Pontificia Commissione di archeologia sacra, e nel 1885 membro del consiglio direttivo della Specola Vaticana.
Il D. morì a Rocca di Papa (Roma) il 30 ott. 1898.
Opere. Per una completa bibliografia degli scritti del D. si veda Atti d. Acc. pont. dei Nuovi Lincei, LII (1899), pp. 74-87. Fra essi ricordiamo: Le scoperte e gli studi paleoetnologici dell'Italia centrale, ibid., XXV (1872), pp.75-93, 158-175, 243-250; Scavi fatti dallo Schliemann nella necropoli Albana, in Bull. di paletn. ital., I (1875), pp. 186-190; Sopra la stipe votiva di Bourbonne-les Bains cementata da cristallizzazioni metalliche contemporanee, ed illustrata dal ch. prof. E. Daubrée, in Atti d. Acc. pont. dei Nuovi Lincei, XXVIII (1874-1875), pp. 421-423; Sepolcreto arcaico in Grottaferrata e schiarimenti sul seppellimento vulcanico delle stoviglie primitive laziali, in Gli Studi in Italia, I (1878), pp. 57-61; Di un sepolcro neolitico e sulle tracce dei terremoti negli antichi monumenti, in Atti d. Acc. pont. dei Nuovi Lincei, XXXII (1878-1879), pp. 225 ss.; Intorno al terremoto che devastò Pompei nell'anno 63 e ad un bassorilievo votivo pompeiano che lo rappresenta, in Bull. d. vulc. ital., VI (1879), pp. 109-118, Rivista degli studi e delle recenti scoperte paleoetnologiche di Roma dal 1870 al 1879, in Gli Studi in Italia, II (1880), pp. 481-504.
Per quanto riguarda specificamente la vulcanologia e la sismologia ricordiamo; Analisi dei tre maggiori terremoti italiani avvenuti nel 1874 in ordine specialmente alle fratture del suolo, in Atti d. Acc. pont. dei Nuovi Lincei, XXVIII (1874-1875), pp. 14-87, Primi risultati delle osservazioni fatte in Roma ed in Rocca di Papa sulle oscillazioni microscopiche dei pendoli, ibid., pp. 168-204; Sulle norme e sugli strumenti economici proposti per le osservazioni microsismiche, ibid., pp. 485-497; Terremoti presso l'Etna dal 7al 20genn. 1875, in Boll. d. R. Comit. geol. ital., VI (1875), pp. 113-115; Tempesta barometrica tellurica ed elettro-magnetica avvenuta al fine di febbraio 1875, in Bull. d. vulc. ital., II (1875), pp. 25-33; Fenomeni aurorali e sismici nella regione laziale confrontati coi terremoti di Casamicciola, Norcia e Livorno, ibid., pp. 49.56; Discussione sopra le conclusioni di un articolo del ch. prof. P. Monti di Livorno intitolato Considerazioni sui sismometri, in Atti d. Acc. pont. dei Nuovi Lincei, XXIX (1875-1876), pp. 67-82; Nuovi strumenti sismici derivati dall'autosismografo, ibid., XXX (1876-1877), pp. 326-340; Guida prattica (sic!) per le osservazioni sismiche, in Bull. d. vulc. ital., IV (1877), pp. 5-42; Il microfono nella meteorologia endogena. Studi ed esperienze, ibid., V (1878), pp. 99-120; La meteorologia endogena, Milano 1879, La meteorologia endogena al congresso internaz. di meteorologia di Roma, in Bull. d. vulc. ital., VII (1880), pp. 33-40; L'organizzazione degli studi sismici in Svizzera per cura della Società elvetica di scienze naturali, ibid., pp. 65-75; Congresso della Associazione meteorologica italiana alpina appennina e sue deliberazioni intorno allo studio della meteorologia endogena, ibid., pp. 97-107; Intenzione del R. Governo per lo sviluppo dello studio vulcanologico nella provincia di Catania e fenomeni sismici a Mineo, ibid., VIII (1881), pp. 35 ss., Sono da temersi prossimamente nuovi grandi terremoti in Casamicciola?, ibid., pp. 70-74; Canzonature del Fanfulla ai sismologi, ibid., pp. 68-70; La meteorologia endogena, II, Milano 1881; Programma dell'Osservatorio ed Archivio centrale geodinamico presso il R. Comitato geologico d'Italia, in Bull. d. vulc. ital., X (1883), pp. 49-144; Studi sul terremoto di Casamicciola, in La Rass. ital., III (1883), pp. 129-143; Raccolta di fatti, relazioni, bibliografiesul terremoto di Casamicciola del 28 luglio 1883, in Bull. d. vulc. it., XI (1884), pp. 65-172.
Fonti e Bibl.: Necrol. in Atti d. Acc. pont. d. Nuovi Lincei, LII (1898-1899), pp. 37-57; in Bull. d. paletn. it., s.3, IV (1898), pp. 310 ss.; in Boll. d. Soc. sism. it., IV (1898), pp. 105 s.; Boll. d. R. Comit. geol. it., XII (1881), pp. 27 s.; XIII (1882), pp. 8, 19, 307 s.; XIV (1883), pp. 1 s., 16 s.; XV (1884), pp. 165 s.; XVI (1885), pp. 21-24; XVII (1886), pp. 30 s.; XVIII (1887), p. 31; XIX (1888), pp. 33 s.; XX (1889), pp. 38 s.; A. Issel, Il terremoto del 1887 in Liguria, in Boll. d. R. Comit. geol. ital., XVIII (1887), Suppl., pp. 1-207; Onoranze alla memoria di M. S. D. in Rocca di Papa, in Boll. d. Soc. sism. it., XV (1911), pp. 111-124; C. De Stefani, La geologia endodinamica in Italia nell'ultimo cinquantennio, in Mem. d. Soc. tosc. di sc. nat.... Pisa, XXVIII (1912), pp. 3, 34; Ch. Davison, The founders of sismology, Cambridge 1927, pp. 95-104.