Teologo (Gaeta 1468 - Roma 1533), domenicano. Teologo e diplomatico pontificio, fu uno dei fautori più convinti della "riforma cattolica".
Generale (1508) dell'ordine, cardinale nel 1517, arcivescovo commendatario di Palermo, inviato in Germania (1518), si batté con successo per l'elezione imperiale di Carlo V. Minor successo ebbero i suoi tentativi di conciliazione con Lutero: anzi fu criticato dagli stessi cattolici per aver adottato solo il senso letterale nell'interpretazione della Scrittura. Tornato a Roma (1519), e vescovo di Gaeta, ebbe parte nella compilazione della bolla Exsurge Domine contro Lutero. Nel conclave del 1522 favorì l'elezione di Adriano VI. Legato in Ungheria (1523-24) per la crociata che il papa aveva tentato invano di promuovere contro i Turchi, gli ultimi anni visse appartato e dedito solo ai suoi studî.
Commentatore di Aristotele e di Tommaso d'Aquino (celebre il suo commento alla Summa theologica), il De V. si scosta talvolta dalla posizione tomistica sia in filosofia sia in teologia, e, in rapporto all'aristotelismo, si mostra in più punti dissenziente dall'interpretazione concordistica dell'Aquinate; così per es. per l'immortalità dell'anima che egli, nel suo commento al De anima, pubblicato nel 1510 e accolto con vivaci critiche, ritiene del tutto estranea al pensiero di Aristotele benché, a suo parere, razionalmente dimostrabile. Altre sue opere, oltre a commenti scritturali, sono: il De conceptu entis (1509), il De auctoritate Papae et Concilii (1511) e l'Apologia (1512); negli scritti d'economia (De monte pietatis, 1498; De cambiis, 1499; De usura, 1500) segue le opinioni correnti, ma talvolta con larghezza di vedute superiore a quella dei canonisti.