DEA SIRIA (Συρία ϑεά)
Nome dato dai Greci e dai Romani alla divinità semitica Atargatis, adorata, col suo sposo Hadad, nella città di Bambice (o Ierapoli) sull'Eufrate, e nella maggior parte della Siria.
Il santuario della dea in Ierapoli, descritto da Luciano nel libro Περὶ τῆς Συρίης ϑεοῦ, fu saccheggiato dai soldati romani durante la spedizione di Crasso, nel 54 a. C.; ma il culto della dea era già penetrato in Italia fin dal sec. II a. C., portatovi specialmente dagli schiavi siriaci, che in gran numero affluirono in Occidente, sia in conseguenza della guerra contro Antioco il Grande, sia per opera dei mercanti. A Delo, gran centro del commercio degli schiavi, si trovarono dediche attestanti il culto dei Romani ad Atargatis: di qui esso si diffuse in Occidente. La Sicilia fu tra le prime regioni a esserne invasa: Euno, il capo e istigatore della rivolta servile del 136 a. C., era uno schiavo sirio di Apamea, il quale si faceva passare per un profeta della dea. Di qui il culto passò prima nell'Italia meridionale (è testimoniato da dediche epigrafiche di Brindisi e di Pozzuoli) e poi rapidamente nel resto della penisola e in Roma stessa, essendone veicolo in seguito anche l'esercito, in seno al quale l'avevano fatto conoscere i contingenti reduci dalle spedizioni di Siria. Parecchie epigrafi documentano la diffusione del culto della Dea Siria in Roma, al principio dell'Impero (v. specialmente Corp. Inscr. Lat., VI, 396-399); in esse il suo compagno divino, Hadad, è ricordato col nome di Sol divinus. Si tratta però sempre di un culto privato, il quale pare tuttavia fosse penetrato fin d'allora anche nella società più elevata, se lo stesso Nerone, al dire di Svetonio (cap. 56), onorò, sola fra tutte le religioni, quella della Dea Siria. Nel culto ufficiale pare che la dea sia stata ammessa al tempo di Alessandro Severo, quando le fu dedicato un tempio in Trastevere.
Così dai Greci come dai Romani la Dea Siria fu riguardata come una divinità feconda, creatrice di tutte le cose (omnipotens et omniparens, in Apuleio) e identificata perciò con Rea Cibele (v.), e con la Magna Mater, o anche con la dea fenicia Astarte (v.). Luciano e Apuleio ci hanno lasciato vivaci descrizioni delle processioni guidate dai sacerdoti e dai fanatici della dea, che ricordano da vicino quelle dei Galli (v. cibele) e dei bellonarii (v. bellona). La dea è rappresentata in trono, fra due leoni, nel rilievo scolpito su un'ara romana, dedicata appunto alla dea Syria (Corp. Inscr. Lat., VI, 116).
Bibl.: E. Meyer, in Roscher, Lexicon d. griech. und röm. Mythologie, I, col. 645 segg.; F. Cumont, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., IV, col. 2236 segg.; id., in Daremberg e Saglio, Diction. des antiq. gr. et rom., IV, ii, p. 1590 segg.; L. S. Cesano, in De Ruggiero, Diz. epigraf. di ant. rom., II, col. 1467 segg.; G. Wissowa, Rel. u. Kultus der Römer, 2ª ed., Monaco 1912, p. 359 segg.; F. Cumont, Le relig. orient. nel paganesimo romano, trad. ital., Bari 1913, p. 107 segg.; Nicole e Darier, Le sanct. des dieux orient. au Janicule, in Mélanges École française de Rome, XXIX (1909).