Decadenza da parlamentare
I regolamenti parlamentari, in attuazione di quanto disposto dalla Costituzione che riconosce a ciascuna Camera la prerogativa della verifica dei poteri (giudizio sui titoli di ammissione e sulle cause sopravvenute di ineleggibilità e di incompatibilità), disciplinano il relativo procedimento che si suddivide fra la Giunta per le elezioni e l’Assemblea. Il d.lgs. 31.12.2012, n. 235 ha introdotto l’incompatibilità della carica di parlamentare per chi abbia riportato gravi condanne penali, ma nell’applicazione di tale normativa sono sorte numerose questioni che toccano il significato profondo degli istituti della incandidabilità e della ineleggibilità, ma anche il fondamento costituzionale della verifica dei poteri ed i principi regolatori dei rapporti fra politica e potere giudiziario.
L’art. 66 Cost. pone una prerogativa costituzionale (cd. verifica dei poteri) che riserva a ciascuna Camera in via esclusiva il potere di: a) sindacare la validità dell’elezione di ogni singolo parlamentare (cd. giudizio di convalida) attraverso il controllo sulla ritualità delle operazioni elettorali e l’assenza di cause di ineleggibilità originarie; b) giudicare sulle cause di decadenza (incompatibilità sopravvenuta, ineleggibilità sopravvenuta, incandidabilità sopravvenuta, dimissioni o morte). Il relativo procedimento si sviluppa dinanzi alla Giunta delle elezioni (alla Camera) o (al Senato) alla Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari. La procedura di convalida si suddivide in due fasi: una prima fase necessaria (“di delibazione”) ed una seconda eventuale (“di contestazione dell’elezione”) che si determina se la Giunta ritiene di non convalidare l’elezione. Nel primo caso della decisione di convalida approvata dalla Giunta è data comunicazione all’Assemblea da parte del Presidente1. La procedura di contestazione (che si segue anche nel caso in cui la Giunta dia inizio al procedimento per la dichiarazione di decadenza da parlamentare) si fonda sul principio del contraddittorio che si esplica nella previsione di un’udienza pubblica, nella cd. concentrazione processuale e nella motivazione pubblica della decisione. La decisione della Giunta è letta immediatamente dal Presidente in seduta pubblica, mentre la motivazione è inserita nella relazione trasmessa all’Assemblea. Al Senato le proposte della Giunta sono oggetto di discussione, ma, se non vengono presentati ordini del giorno in difformità (sottoscritti da almeno 20 senatori), non si procede ad alcuna votazione (intendendosi per approvate le conclusioni della Giunta); in caso di presentazione di ordini del giorno si procedeva con votazione a scrutinio segreto (trattandosi di questioni riguardanti persone), mentre alla Camera la votazione avviene a scrutinio palese. Con decisione del 31.10.2013, la Giunta per il regolamento del Senato ha deliberato che la relativa decisione avvenga con voto palese.
Secondo la dottrina, nella verifica dei poteri ciascuna Camera agisce secondo i principi dell’attività giurisdizionale. Questo orientamento è volto non ad assegnare natura giurisdizionale alle singole Camere, che restano organi politici, ma a limitarne la discrezionalità al fine di circoscrivere le modalità di utilizzo di tale potere evitandone un uso “politico-partitico” (cioè come mezzo di prevaricazione della maggioranza sulle minoranze o come strumento partitocratico mediante il quale la classe politica possa sottrarsi a norma di legge a specifiche forme di responsabilità)2.
Il d.lgs. n. 235/2012 («Testo unico in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi»), in attuazione della delega conferita con l. 6.11.2012, n. 190 («Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella p.a.»), prevede l’incandidabilità alle elezioni politiche per quanti abbiano riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione conferendo l’accertamento della incandidabilità alle Giunte elettorali (con cancellazione dalla lista dei candidati).
La disciplina ex d.lgs. n. 235/2012 ha trovato immediata applicazione ed ha portato alla dichiarazione di decadenza di numerosi consiglieri regionali, provinciali e comunali. In seguito alla condanna definitiva3 del sen. Berlusconi a quattro anni di reclusione per frode fiscale (di cui tre condonati con l’indulto), si è aperto, presso la Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato, il procedimento volto alla decadenza del medesimo. All’interno di tale procedimento sono state prospettate molteplici questioni fra cui quella relativa all’applicabilità del d.lgs. n. 235/2012 solo per condanne relative a fatti posti in essere dopo l’entrata in vigore del medesimo. Ma, secondo la consolidata giurisprudenza e la prevalente dottrina, la disposizione in esame non introduce una sanzione accessoria, ma pone l’assenza di una sentenza di condanna quale requisito di candidabilità. Diventa pertanto ininfluente il momento di commissione del reato giacché il d.lgs. n. 235/2012 disciplina il diverso profilo della «indegnità morale» (art. 48 Cost.) a ricoprire cariche elettive4. Anche il Consiglio di Stato (sez. V, sent. 6.2.2013, n. 695) ha affermato che l’applicazione di tale disciplina «non dà la stura ad una situazione di retroattività, ma costituisce applicazione del principio generale tempus regit actum che impone ... l’applicazione della disciplina sostanziale vigente al momento dell’esercizio del potere amministrativo». Ed anche la Corte costituzionale riconosce la natura “non sanzionatoria” dell’incandidabilità non costituendo la stessa «un aspetto del trattamento sanzionatorio penale derivante dalla commissione del reato, e nemmeno una autonoma sanzione collegata al reato medesimo, ma ... l’espressione del venir meno di un requisito soggettivo per l’accesso alle cariche considerate» (cfr. già sentt. 31.3.1994, n. 118 e 13.7.1994, n. 295).
Nel procedimento riguardante il sen. Berlusconi, nella Giunta delle elezioni, il relatore, evidenziando tale questione preliminare, ha chiesto che la Giunta sollevasse una questione di costituzionalità o adisse in via pregiudiziale la Corte EDU5 ed ha proposto la convalida dell’elezione. In seguito alla bocciatura di tale proposta è stato nominato relatore il Presidente della Giunta e fissata l’udienza pubblica in vista della quale il sen. Berlusconi ha depositato memoria in cui ha chiesto anche le dimissioni di dieci dei componenti della Giunta (tra cui lo stesso Presidente) ritenuti non più imparziali essendosi già espressi sul caso (secondo i principi del “giusto processo”).
La questione in oggetto (con i suoi rilevanti risvolti politici) si caratterizza per i numerosi profili problematici: dalla natura giurisdizionale o meno della Giunta (questione funzionale a ravvisare nella Giunta un possibile giudice a quo per un giudizio di costituzionalità o per un rinvio pregiudiziale alla Corte EDU)6 alla questione della retroattività del d.lgs. n. 235/2012; dalla distinzione fra incandidabilità e ineleggibilità a quella fra incandidabilità originaria e incandidabilità sopravvenuta. Tali questioni si pongono all’interno dell’esercizio di una prerogativa costituzionale riconosciuta al Parlamento in quanto depositario della sovranità popolare, ma riguardo alla quale è ricorrente la proposta di soppressione con trasferimento all’autorità giudiziaria della relativa competenza. Ma proprio le vicende recenti, ove una consistente parte politica continua a contestare la legittimità dell’operato della magistratura, dimostrano che anche con riguardo alla procedura di dichiarazione di decadenza da parlamentare si sarebbe riproposta una radicale contestazione dell'operato del potere giudiziario (purtroppo resta in ombra ogni riflessione sul livello etico della classe politica).
1 Nel 2002 l’Assemblea della Camera ha ammesso la presentazione di ordini del giorno in difformità rispetto alla convalida della Giunta; nel 2008 l’Assemblea del Senato ha ammesso un intervento in dissenso rispetto alla convalida approvata dalla Giunta.
2 Sull’uso politico di tale potere può ricordarsi la deliberazione della Giunta per le elezioni della Camera del 2.10.2002 che, negando la precedente prassi pluridecennale, ha dichiarato compatibile con il mandato parlamentare l’elezione di tre deputati alla carica di sindaco in comuni sopra i 20.000 abitanti (la Corte costituzionale, con sent. 21.10.2011, n. 277, ha dichiarato incostituzionale la mancata previsione di tale incompatibilità).
3 Cass. pen., sez. feriale, sent. 1.8.2013, n. 35729, depositata il 29.8.2013.
4 Da ultimo chiaramente Siclari, M., L’incandidabilità non è una pena, in Il Fatto quotidiano, 2013.
5 La Corte EDU, nella decisione Pierre-Bloch c. Francia, 21.10.1997, con riguardo alla pronuncia del Conseil constitutionnel che aveva comminato la sanzione dell’ineleggibilità di un candidato alle elezioni per l’Assemblée Nationale, ha escluso l’applicabilità dell’art. 6 della Convenzione ritenendo non penale la qualificazione ex lege della ineleggibilità. V. anche C. eur. dir. uomo, Masson c. Francia, 12.2.2008.
6 La Corte costituzionale ha dichiarato la «natura giurisdizionale del controllo sui titoli di ammissione dei suoi componenti, attribuito in via esclusiva, con riferimento ai parlamentari, a ciascuna Camera ai sensi dell’art. 66 Cost.» (sent. 19.10.2009, n. 259).