decarcerizzazione
s. f. L’infliggere a un condannato una pena alternativa alla carcerazione.
• «Una situazione che ‒ prosegue [il testo pubblicato sul sito del Quirinale] ‒, stando agli ultimi dati resi pubblici, sembra però registrare una inversione di tendenza. Malgrado ciò, il divario tra la capienza degli istituti e il numero dei detenuti resta tuttora molto elevato e impone di procedere rapidamente all’approvazione dei disegni di legge in materia di depenalizzazione e “decarcerizzazione” già all’esame del Parlamento: disegni di legge che potrebbero essere arricchiti da disposizioni che favoriscano l’accesso ai benefici penitenziari di persone condannate per reati che non destano particolare allarme sociale». (Tempo, 29 luglio 2012, p. 6, Primo Piano) • Dopodiché, prosegue [Luigi] Ferrajoli (qui in sintonia piena con i Radicali italiani), «si dovrebbe avere il coraggio di togliere al carcere la centralità che occupa negli odierni sistemi punitivi, e non solo nel nostro, approvando misure di drastica decarcerizzazione». (Paolo Mieli, Corriere della sera, 23 dicembre 2013, p. 30, Cultura) • Bisogna avere il coraggio di sganciare la riforma del penitenziario da quella generale della giustizia, affinché l’una non blocchi l’altra. Ma bisogna avere anche il coraggio di tenere il punto sulle scelte di decarcerizzazione, senza lasciarsi irretire dai fantasmi dell’insicurezza agitati da demagoghi e giustizialisti. (Luigi Manconi e Stefano Anastasia, Unità, 18 gennaio 2017, p. 4, Report).
- Derivato dal v. tr. decarcerizzare con l’aggiunta del suffisso -zione.
- Già attestato nella Repubblica del 1° dicembre 1984, p. 6, Vita italiana (Raffaele Capitani).