Decembrio, Crivelli, Simonetta e la storiografia milanese
Contemporaneamente a Corio, per il Moro scrivono opere storiche Giorgio Merula e Tristano Calco, che si attengono a una storiografia celebrativa (entrambi si arrestano agli inizi del dominio visconteo).
Pier Candido Decembrio (Pavia 1399-Milano 1477), umanista formatosi nello stimolante ambiente pavese, al servizio visconteo (fu secretarius di Filippo Maria, impiegato in continue missioni) e poi sforzesco, oltre a tradurre opere storiche classiche, compose un De laudibus Mediolanensium urbis panegyricus in contrapposizione alla Laudatio Florentinae urbis di Leonardo Bruni, un De origine fidei, ma soprattutto biografie che si prestavano ai modi della storiografia antica e umanistica. Tra esse l’Oratio in funere Nicolai Picinini (1444), la Vita Herculis Estensis, la Vita Francisci Sfortiae (1461-1462), stringata e da cui non trasse i favori sperati, e, ben più rilevante, la Vita Philippi Mariae Vicecomitis, composta nel 1447, durante la repubblica ambrosiana, ispirandosi alle vite di Augusto e di Tiberio di Svetonio. L’opera dapprima segue le vicende politiche e militari del protagonista, in cui l’abilità individuale si confronta con una ‘fortuna’ da cogliere al volo, poi ne illustra la vita privata e le caratteristiche fisiche e psicologiche: aspetti di cui Decembrio si dice testimone. L’opera, subito diffusa, fu stampata nel 1625, poi nel XX volume dei Rerum italicarum scriptores (19252).
Nella storiografia umanistica milanese si segnala Lodrisio Crivelli (1412 ca.-ante 1488), giurista al servizio degli arcivescovi Bartolomeo Capra e Francesco Pizolpasso, con i quali fu al Concilio di Basilea incontrandovi Enea Silvio Piccolomini, entrando poi in contatto con Decembrio, Francesco Filelfo e Poggio Bracciolini. Per Francesco Sforza redasse una relazione dell’ingresso a Milano nel 1450 e orazioni in sua lode, ma non ne ebbe incarichi fino al 1456. Con il cardinalato di Piccolomini riannodò i rapporti con quest’ultimo e fece parte della legazione milanese per l’incoronazione papale, pronunciando la relativa orazione (fu poi al congresso di Mantova del 1459). Nonostante i componimenti poetici (tra cui una celebrazione di Pienza e un De regno Ecclesiae), anche Crivelli deve la fama a una biografia, il De vita rebusque gestis Francisci Sfortiae, ultimata entro il 1469 (ora nel XIX vol. dei Rerum italicarum scriptores), che però si limita alla vita del padre di Francesco, Muzio Attendolo, basandosi sulla Vita di Muzio Attendolo Sforza di Antonio Minuti (ca. 1458), di cui è quasi un’elegante versione latina. Incompleto è pure il De expeditione Pii papae II adversus Turcos, dedicato al papa che, come la vita dello Sforza, parte assai da lontano (ma la prima sezione, fino all’elezione di Pio II, è mera compilazione) e giunge fino al congresso di Mantova. Sono gli anni dello scontro con Filelfo, che in duri scritti contrapposti toccò anche la memoria di Pio II.
In epoca sforzesca coltivò il genere biografico-encomiastico anche Giovanni Simonetta (morto nel 1491 ca.) fratello del potente Cicco, con il quale dal 1444 fu al servizio di Francesco Sforza. Finite le fortune del fratello con l’avvento del Moro, alla di lui morte (1480) fu esiliato a Vercelli ove compose i Rerum gestarum Francisci Sfortiae libri XXXI (vol. XX dei Rerum italicarum scriptores; vi è contenuta un’orazione del 1450 di Crivelli per lo Sforza), in cui, lontano da interessi dotti, affianca a una cruda e dettagliata descrizione delle vicende del protagonista dal 1421 al 1466 il quadro più vasto della situazione italiana. È curioso rilevare, in queste catene di dipendenze tra opere storiche, che nel 1488 un figlio di Crivelli accusò Simonetta di non avergli restituito il lavoro del padre sugli Sforza, mentre altri sostennero essere la biografia di Giovanni copia di quella di Lodrisio e (a torto) avere Simonetta distrutto i libri di Crivelli successivi al secondo.