DECENTRAMENTO (XII, p. 458)
Il carattere autoritario del regime fascista non poteva consentire un decentramento delle funzioni statali e, se anche le funzioni degli organi periferici e degli enti autarchici potevano apparire in qualche modo accresciute, in realtà ogni libertà d'azione degli uni e degli altri era soffocata dall'ingerenza del potere centrale; onde nella dottrina più seria del ventennio si parlò di un sistema di notevole decentramento funzionale combinato con un rigoroso accentramento organico.
La prova subìta dell'illegalismo di un governo accentrato fece perciò rafforzare l'opinione che il decentramento è tra i mezzi più efficaci per attuare lo stato di diritto; inoltre il desiderio di espansione in tutte le direzioni della vita sociale della personalità umana a lungo compressa, l'esperimento di autogoverno fatto qua e là subito dopo l'armistizio per carenza del governo centrale, il rifiorire della polemica tra il Sud e il Nord d'Italia, la convinzione diffusa che un forte decentramento avrebbe accelerato la ricostruzione senza favoritismi per questa zona o per quella, ed infine i movimenti separatisti da neutralizzare, sono i motivi storici che si aggiunsero a quelli illustrati dal Mazzini, dal Farini, dal Minghetti giù giù fino a Sturzo per far reclamare che si tenesse conto nella nuova costituzione che l'Italia è "il paese della varietà nell'unità". A parte le riaffiorate tendenze federalistiche e le opposte concezioni rigidamente unitarie, si chiedeva generalmente di porre gli amministrati nel governo di sé stessi, e si chiedevano altresì garanzie per il mantenimento dell'ordinamento statale in tal modo concepito. Nacque così lo stato regionale, qualche cosa d'intermedio (secondo la formula del relatore G. Ambrosini) tra lo stato unitario e il federale, che da quest'ultimo differisce perché le regioni, anche avendo diritti proprî, li derivano dallo stato che può sempre modificarli.
Per definire le regioni la costituzione fa ricorso al concetto di autonomia inteso nel senso più ampio: non solo infatti esse hanno capacità di darsi con lo statuto un ordinamento variabile, entro certi limiti, da regione a regione e di emanare in determinate materie norme con forza di legge formale, ma per le stesse materie hanno anche funzioni amministrative e, per l'attuazione dei loro scopi, godono di autonomia finanziaria. La tendenza della dottrina (invero ancora scarsa) è di evitare il termine decentramento a proposito della regione. Ma autonomia in senso stretto, autarchia e autotutela sono istituti paralleli di decentramento; e cioè diritti proprî di un ente che costituiscono affermazione di limitata indipendenza da un ordinamento superiore nel campo della legislazione, dell'amministrazione, della giurisdizione. Se perciò è esatto dire che si è trasceso con l'ordinamento regionale i limiti del decentramento amministrativo, non può escludersi una forma più comprensiva di decentramento. Si tratta in sostanza di decentramento costiuzionale o politico, che se per le esigenze unitarie è limitato in varia guisa, è ampiamente garantito; il controllo del governo sugli atti è in genere di legittimità e non definitivo, spettando l'ultima parola al Parlamento o alla Corte costituzionale anche lo scioglimento del Consiglio regionale è circondato da garanzie.
Né si arresta il decentramento alle regioni, ché, ad evitare il ripetersi in seno a queste dell'accentramento che era nello stato, si è posto l'obbligo di decentrare (attribuendole in competenza o delegandone l'esercizio) le funzioni amministrative per le materie d'interesse locale alle provincie e ai comuni, sì che la competenza amministrativa delle regioni è prevalentemente direttiva di controllo, quest'ultima da esercitarsi essa stessa in forma decentrata. Anche per la definizione delle provincie e dei comuni si è ricorso al termine autonomia (questa volta in senso molto improprio) per il possibile sviluppo futuro del concetto.
Ma l'autonomia locale non esaurisce l'esigenza decentratrice in generale. L'art. 5 fa perciò obbligo al legislatore di attuare nei servizî statali il più ampio decentramento amministrativo, che, non distinguendo la costituzione, dovrà assumere la forma (burocratica, istituzionale, fiunzionale) che sarà ritenuta più opportuna. La stessa costituzione istituisce un commissario governativo in ogni regione per la sopraintendenza delle funzioni amministrative esercitate dallo stato e il coordinamento di queste con quelle proprie della regione; prescrive organi di giustizia amministrativa nelle regioni, eventualmente con sezioni staccate in sedi diverse dal capoluogo; prescrive un controllo decentrato sugli atti regionali e degli altri enti locali; indica la provincia e i comuni come circoscrizioni di decentramento statale e regionale; dà facoltà di suddividere le circoscrizioni provinciali in circondarî per un ulteriore decentramento.
L'ultima norma dell'art. 5 fa obbligo di adeguare i principî ed i metodi della legislazione statale alle esigenze delle autonomie e del decentramento. Lo stato non può non provvedere direttamente agl'interessi generali del paese e perciò l'obbligo del decentramento comincia là dove questi finiscono ed hanno inizio le esigenze locali. Dal che la necessità di ridurre al minimo le leggi dettagliate per tutto il territorio e di emanare invece "leggi comici" (Rahmengesetze) suscettibili di adattamenti che tengano conto insieme dell'interesse generale e delle esigenze locali.
Bibl.: Relazione all'Assemblea Costituente della Commissione per gli studî attinenti alla riorganizzazione dello Stato, II, Roma 1946; Relazione Ambrosini alla Commissione per la Costituzione, in Atti della Commissione, I; Relazione Ruini al progetto di Costituzione; Resoconti parlamentari delle sedute del 27 giugno, del i°-ii, 15-17 e 22 luglio e del 4 dicembre 1947; A. Amorth, La Costituzione italiana, Milano 1948; G. Balladore Pallieri, La nuova Costituzione italiana, Milano 1948; C. Cereti, Corso di dir. costit. italiano, Torino 1948; S. Romano, Frammenti di un dizion. giurid., Milano 1947, pp. 14-30.