Deci
I tre membri di una stessa famiglia romana - padre, - figlio e nipote - che in circostanze diverse salvarono la patria in pericolo votando solennemente sé stessi e l'esercito avversario agli dei inferi sì che alla loro morte volontaria seguisse la rovina del nemico. Nel corso della guerra contro i Latini il console P. Decio Mure risollevò con la propria devotio le sorti di una battaglia ingaggiata presso il Vesuvio (340 a.C.). L'esempio ne fu imitato più tardi dal figlio omonimo nella battaglia di Sentinum contro i Sanniti (295). I due sacrifici sono rievocati e magnificamente celebrati da Livio (VIII IX, X XXVIII), mentre quello del terzo P. Decio Mure, figlio del precedente, avvenuto alla battaglia di Ausculum contro Pirro (279), è attestato meno autorevolmente. Frequente è del resto presso gli scrittori latini la menzione collettiva e indifferenziata dei Deci come esempio di eroico amor di patria, ed è spesso arduo decidere se accogliessero fra loro anche il terzo, storicamente più incerto, personaggio: cfr. per esempio Giovenale Sat. VIII 254 ss., XIV 238-240, e anche Virgilio Aen. VI 824-825 " Quin Decios Drusosque procul... / adspice ", donde soprattutto è suggerito l'accenno e l'accostamento ai Drusi di Cv IV V 14 Chi dirà de li Deci e de li Drusi, che puosero la loro vita per la patria? (v. anche Pd VI 47). In questo luogo del Convivio l'esempio dei Deci è addotto a confermare che l'eroica virtù dei tempi repubblicani fu divinamente ispirata, in un'interpretazione contraria a quella di s. Agostino, che nel De Civitate Dei oppone al futile e profano sacrificio dei Deci la " virtus vera " dei martiri cristiani (IV XX, V XIV e soprattutto V XVIII).
Il motivo ha un ulteriore sviluppo in Mn II V 15-16, dove i Deci sono celebrati fra coloro che perseguirono eroicamente il bene pubblico che è il fine del diritto, attestando così il diritto dei Romani all'Impero. D. cita con entusiamo la narrazione liviana, donde appare aver colto il carattere religioso della devotio quando definisce i Deci illae sacratissimae victimae Deciorum, qui pro salute publica devotas animas posuerunt (si noti infatti l'accentuazione del valore rituale del sacrificio rispetto al passo parallelo del Convivio). Alla citazione di Livio D. aggiunge l'eloquente testimonianza di Cicerone (Fin. II XIX 61) che è caratterizzata peraltro da una più decisa inflessione moralistica nella contrapposizione tra la ricerca epicurea della voluptas e la ricerca della morte per il bene dello stato. Nel passo di Cicerone sono ricordati separatamente tutti e tre i Deci (cfr. anche Tusc. I XXXVII 89); in Livio si parla solo dei primi due, ai quali soltanto si riferiscono altre testimonianze (per esempio Valerio Massimo V VI 5-6; [Aurelio Vittore] Liber de viris illustribus XXVI e XXVII; Servio ad Aen. VI 825; cfr. anche Seneca Ep. LXVII 9). Con la citazione ciceroniana D. ha quindi accolto la tradizione più ampia, anche se per conto proprio egli si limita alla menzione genericamente collettiva della famiglia.
Bibl. - P. Toynbee, D. Studies and Researches, Londra 1902, 290.