Decisione
di Massimiliano Caramia e Paolo Dell'Olmo
L'obiettivo del processo decisionale è quello di migliorare lo stato di un individuo o di un'organizzazione in termini di uno o più criteri. Il trattamento delle d. per mezzo di formalizzazioni matematiche è stato motivato dalla necessità di rendere più trasparente e razionale l'intero processo e dalla possibilità di usufruire di strumenti analitici e informatici che permettano di prendere buone d. e con maggiore consapevolezza anche in situazioni molto complesse dove possono essere presenti criteri in contraddizione tra loro, condizioni di incertezza o rischio, e un numero di alternative molto elevato. Gli attuali sistemi produttivi e di servizi, avendo abbandonato modelli gestionali di tipo centralizzato e verticale e adottato strutture organizzative su rete più orizzontali, hanno stimolato lo sviluppo di tecniche di d. con più attori (group decision making, collaborative decision making), applicabili sia nei casi di d. collettive (voting o electoral systems) sia nei sistemi di aste per i mercati elettronici (combinatorial auctions) e nei casi in cui sia necessaria una negoziazione tra agenti (agent based systems). Inoltre, la necessità di trasparenza nelle d. in campo economico e finanziario ha portato allo sviluppo di tecniche razionali di espressione di scelte e preferenze (ranking systems, scoring systems).
Definizioni generali
Un problema di d. merita di essere discusso se vi sono almeno due alternative possibili e se queste comportano per il decisore conseguenze differenti. In generale, si ha un insieme finito di n alternative A={a1, a2,…, an} . La valutazione delle alternative è un elemento fondamentale nella teoria delle d. e per questo si introduce il concetto di utilità o funzione di utilità u: A→R. Essa è una funzione che associa a ogni alternativa aiεA un numero reale u(ai) (punteggio) atto a indicarne il grado di preferenza da parte del decisore in modo tale che ad alternative più gradite corrispondano valori di utilità maggiori.
Per costruire una funzione di utilità esistono tecniche e metodi diversi che possono essere utilizzati in accordo con le caratteristiche del problema di d. in esame. La situazione più semplice è quella in cui, esaminando ogni coppia di alternative (ai, aj) il decisore è in grado di esprimere una sua preferenza tra ai e aj (ai>aj, ai è preferito ad aj) o indifferenza (ai=aj, ai è sostanzialmente indifferente ad aj). L'insieme di preferenze viene così modellato come un particolare ordinamento (ordine debole). Una funzione di utilità si dice conforme con l'insieme di preferenze così espresso se u(ai)>u(ai) se e solo se ai>aj e u(ai)=u(ai) se e solo se ai=aj. Una funzione di questo tipo si può ottenere assegnando a ogni alternativa un punteggio pari al numero di alternative da questa dominate u(ai)=|{ajεA: (ai>aj)} | (conto di Borda). A partire da una funzione di utilità è possibile ottenere altre funzioni conformi con lo stesso sistema di preferenze mediante una trasformazione che utilizzi una qualsiasi funzione strettamente crescente f:R→R. Il nuovo punteggio attributo ad ai sarà f(u(ai)). Al fine di rendere esplicita ed esportabile la conoscenza del decisore l'obiettivo dell'analista è di trovare la funzione di utilità, non nota a priori, che modella nel modo più preciso possibile le sue preferenze.
Questo approccio non esaurisce tutti i casi possibili. Per es., il decisore potrebbe non essere in grado di esprimersi su una coppia di alternative (alternative incomparabili, per mancanza di informazioni o per mancanza di esperienza) oppure considerare equivalenti alternative all'interno di certi intervalli di valutazione. In questo caso il sistema di preferenze non è modellabile come un ordine debole a cui si possa associare una funzione di utilità ed è necessario ricorrere ad altre famiglie di ordinamenti (insiemi parzialmente ordinati o poset, ordini intervallo, semiordini). Sebbene nei problemi reali possa essere più pratico attribuire a ogni alternativa un punteggio, al fine di rappresentare correttamente le preferenze di un decisore, è spesso necessario ricorrere a strutture combinatorie (ordinamenti o grafi aciclici orientati) su cui si basano recenti tecniche e algoritmi per il supporto alle decisioni.
Criteri e attributi
Per alcune classi di problemi di d. ogni alternativa aj può essere descritta da più attributi aj=(aj1,…, ajp). Per modellare compiutamente il problema è necessario che il decisore esprima anche i criteri rispetto ai quali valuta le alternative. In generale, a ogni attributo potrà essere assegnato un punteggio e ogni criterio potrà essere pesato in accordo con la sua importanza.
Per es., per decidere quale rotta scegliere per un trasporto su strada due attributi potrebbero essere particolarmente rilevanti: la lunghezza e il numero di incidenti annuo. I criteri potrebbero essere il costo di percorrenza e la sicurezza. Se c(aj1) è la funzione che assegna i costi di percorrenza e s(aj2) è la funzione che assegna i valori relativi alla sicurezza dell'alternativa aj, allora il punteggio di aj sarà u(aj)=k1c(aj1)−k2s(aj2), con k1 e k2 costanti di scala. In questo caso si sceglierà il percorso con punteggio minimo.
In un problema di d. è di fondamentale importanza identificare con attenzione i criteri, e in alcuni casi è possibile se non necessario operare una decomposizione dei criteri in altri più significativi e misurabili: per es., il criterio rischio può essere decomposto nei sottocriteri rischio umano, rischio ambientale e rischio materiale e, a loro volta, i rischi umani possono essere decomposti in rischi di vita e di infortuni, rischi a medio e lungo termine, rischi reversibili e irreversibili. La decomposizione gerarchica dei criteri proposta da T.L. Saaty e denominata Analytic Hierarchic Process (AHP) è molto diffusa per la sua semplicità e consistenza dell'intero processo. Per classi di problemi con un numero maggiore di alternative è stato proposto da B. Roy il metodo Electre (Elimination et Choix Traduisant la Realité) e relative estensioni, basato sugli ordinamenti delle alternative e sulla ponderazione dei criteri.
Decisioni collettive
In questo caso vi sono molte varietà di situazioni di scelta che possono essere distinte. Alcune coinvolgono un singolo decisore, altre coinvolgono più decisori come, per es., la scelta di localizzazione di un impianto nucleare o di un sito per l'eliminazione di rifiuti tossici in cui individui o gruppi di individui si trovano in una situazione di negoziazione o competitività. Se i decisori sono disposti ad accettare processi formali di aggregazione di voti o preferenze per raggiungere una d. di consenso si ha una decisione di gruppo. Per es., se i membri di un'organizzazione si riuniscono per analizzare differenti strategie di business, nonostante abbiano tutti l'obiettivo comune di massimizzare il profitto, ci potrebbero essere differenti orientamenti sul modo in cui raggiungerlo. L'aggregazione delle valutazioni comparative dei decisori è il compito più difficile nelle d. di gruppo, in considerazione del fatto che in tali scenari può essere implementata una sola soluzione. Diversi paradossi testimoniano la difficoltà di formalizzare questo tipo di d. collettive. Il teorema dell'impossibilità di Arrow stabilisce la non esistenza di una funzione di utilità del gruppo (ossia una funzione che aggreghi le preferenze di tutti i decisori) che sia compatibile con un insieme di assiomi che definiscono il concetto di scelta collettiva. Ciò implica che la soluzione ottenuta dall'aggregazione delle preferenze viola almeno un assioma (per es., il principio di non dittatorialità) e un unico decisore potrebbe imporre le sue preferenze a tutto il gruppo.
Quando ciascuno dei decisori può scegliere da un proprio insieme di alternative, piuttosto che da un insieme comune, si ha una situazione di conflitto chiamata gioco. La teoria dei giochi è un campo molto importante nell'ambito delle d. economiche e in questi contesti la preferenza per un'alternativa dipende anche dalle strategie degli altri decisori. I giochi possono essere classificati sulla base del numero di partecipanti (tra due persone o tra più persone), a seconda del comportamento ammesso tra i partecipanti (ci sono, per es., situazioni in cui è consentito cooperare) e in base al fatto che talvolta un esito favorevole per un giocatore è sempre necessariamente negativo per l'altro (giochi strettamente competitivi) e in altre situazioni certe strategie implicano un vantaggio per entrambi i giocatori (giochi non strettamente competitivi). Molto diffusi sono i giochi tra due decisori e in particolare quelli in cui il guadagno di un decisore eguaglia la perdita dell'altro, chiamati giochi strettamente competitivi a somma zero.
Mete e obiettivi
Si può assumere che i criteri siano le caratteristiche più importanti o significative nella valutazione delle alternative. Talvolta però si può usare il termine criterio in un senso più ampio: per es., un criterio potrebbe essere quello di trovare tutte le rotte che sono più corte di un certo valore. In questo esempio il criterio non si riferisce a una caratteristica delle singole rotte, ma alla soluzione del problema di decisione. In questa accezione più ampia del termine criterio possiamo anche parlare di obiettivo: obiettivi e criteri sono usati nella letteratura delle analisi delle d. in modo intercambiabile. Nell'analisi delle d. si usa il termine meta per indicare ciò che dovrebbe essere raggiunto. La differenza fra una meta e un obiettivo è che la prima può essere o meno raggiunta (mantenere i costi sotto un certo livello) mentre il secondo indica una direzione di preferenza crescente o decrescente (minimizzare i costi). Una meta è un enunciato più forte di un obiettivo: per es., assumiamo di avere un certo budget da investire in un anno, tale che se lo spendiamo tutto riceveremo lo stesso budget l'anno successivo, mentre se ne spendiamo di più o di meno la differenza sarà dedotta dal budget dell'anno successivo. La meta sarà spendere completamente il budget (o avere differenze pari a zero), mentre l'obiettivo sarà minimizzare le differenze positive o negative rispetto al budget.
Ciò che gli analisti delle d. chiamano meta è spesso chiamato criterio nel linguaggio comune: per es., uno dei criteri che deve soddisfare un Paese per entrare nell'Unione economica e monetaria è quello di avere un deficit inferiore al 3% del PIL. Anche ciò che gli analisti delle d. chiamano attributo è spesso descritto come criterio: per es., criteri per giudicare la qualità di politiche differenti potrebbero essere ammissibilità e sostenibilità.
Talvolta si usano anche definizioni differenti: le mete sono degli enunciati ad alto livello di ciò che si desidera raggiungere nel lungo periodo; gli obiettivi sono enunciati più specifici; i criteri sono enunciati ancora più specifici riguardo le dimensioni degli obiettivi che saranno utilizzati per valutare le alternative. In generale, ogni comunità scientifica ha una propria terminologia che traccia dei confini sottili tra le definizioni di criterio, attributo, obiettivo e meta.
Una classe speciale di mete è rappresentata dai vincoli e dalle aspirazioni: i vincoli definiscono le specifiche minime o necessarie che una soluzione deve soddisfare (per es., si potrebbe richiedere che un costo debba essere mantenuto al di sotto di un certo livello o che un budget debba essere tutto speso); le aspirazioni (o livelli di aspirazione) definiscono valori desiderati per l'obiettivo. Le mete possono essere definite dure, se devono essere necessariamente soddisfatte, o soffici, se possono essere rilassate. Per es., se una meta soffice è mantenere i costi totali di una soluzione sotto una certa soglia, soluzioni con costi leggermente più alti possono anche essere accettabili. Una d. che soddisfa tutte le mete è chiamata soluzione potenziale, mentre una soluzione potenziale che soddisfa anche tutti i vincoli è detta soluzione ammissibile. Per es., si consideri il problema di andare da una città A a una città B con il treno spendendo non più di cento euro: ogni tratta ferroviaria tra A e B è una soluzione potenziale, ma solo se costa al più cento euro è anche ammissibile. La migliore d., chiamata soluzione ottima, è, tra le soluzioni ammissibili, quella che fornisce il miglior risultato in termini di livelli di aspirazione. Nell'esempio precedente, la soluzione ottima potrebbe essere la tratta ferroviaria più veloce tra A e B che costa al più cento euro se l'obiettivo è minimizzare il tempo di viaggio.
Ora è possibile definire un problema decisionale su n alternative nel modo più generale come segue: un insieme X={x1, x2,…, xn} di attributi; un insieme di domini D={D1, D2,…, Dn} , dove il generico dominio Di è l'insieme dei valori che l'attributo xi può assumere e il prodotto cartesiano D=D1×D2×… ×Dn indica l'insieme dei possibili risultati del problema; un insieme di vincoli o mete dure C={C1, C2,…, Cm} , dove il generico vincolo Ch è una funzione che vincola un sottoinsieme di attributi ad assumere specifici valori; un insieme di risultati (outcomes) O={O1, O2,…, Ol} , dove il generico Ok è un elemento dello spazio dei possibili risultati D, e O è un sottoinsieme di D; un insieme di mete soffici P={P1, P2,…, Pt } che il decisore si pone.
Il problema è quindi quello di trovare la soluzione ottima nell'insieme dei possibili risultati O che meglio soddisfa le preferenze del decisore. Esistono diversi metodi per risolvere questo tipo di problemi; oltre ai già citati sono disponibili approcci che cadono nell'area dei Constraint Satisfaction Problems (CSP), nella teoria dell'utilità multi-attributo, i metodi basati sulle reti ceteris-paribus, i metodi basati sulle strategie di d. euristica, oltre che i metodi di ottimizzazione vincolata.
Limiti dei modelli e loro applicabilità
È bene evidenziare anche alcuni limiti dei metodi citati. Il premio Nobel H.A. Simon cambiò il focus della ricerca nelle d. mettendo in discussione il concetto di d. ottima, assumendo che il processo di d. umana sia caratterizzato da razionalità limitata. Questo significa che i decisori adottano un comportamento subottimale a causa delle limitate risorse cognitive dell'uomo (in parte dovuto alla non completa correttezza e completezza dei dati associati ai modelli) e di conseguenza il decisore umano non è naturalmente compatibile con regole di d. razionali.
Simon propose di sostituire il concetto di soluzioni ottime con il concetto di soluzioni soddisfacenti, vale a dire che per arrivare alla d. si dovrebbe aspirare a un compromesso su mete soffici al fine di ottenere mete rigide. Usando quindi la definizione di mete soffici e rigide, si può affermare che i vincoli sono mete rigide mentre i livelli di aspirazione sono mete soffici, da cui deriva che un modo per evitare mete rigide sarà quello di definire tutte le mete come livelli di aspirazione, e quindi il decisore potrà restringere i livelli di aspirazione fino a ottenere un piccolo insieme di soluzioni ammissibili. Occorre notare che l'uso di un approccio soffice non implica la ricerca di un compromesso sugli strumenti analitici: la sfida è usare il più appropriato modello analitico per ottenere una corretta interpretazione dei risultati numerici e comunicare i risultati ai decisori in modo adeguato.
Un ulteriore aspetto essenziale da individuare nelle d. è il livello di incertezza che caratterizza lo scenario di riferimento. In generale, si distinguono tre livelli: condizioni di certezza, in cui l'utilità delle alternative è definibile in modo univoco; condizioni di rischio, in cui le alternative devono essere valutate attraverso la conoscenza della probabilità del possibile verificarsi di alcuni scenari; condizioni di incertezza completa, in cui le alternative devono essere valutate considerando i possibili scenari ma la probabilità del verificarsi di ogni scenario non può essere quantificata.
Fasi realizzative del processo decisionale e integrazione di strumenti
Il processo decisionale completo parte dall'individuazione del problema nel mondo reale, che richiede esclusivamente l'esperienza umana, così come le attività di collezionare, filtrare e correggere i dati relativi al problema in esame necessari alla sua alimentazione. Dopo questa fase di intelligence, si ha la fase di disegno, articolata nelle sottofasi di formulazione dei modelli, di selezione dei modelli e di validazione dei modelli. A seguire c'è la fase di scelta, nella quale i modelli vengono risolti: si verifica la robustezza delle soluzioni ed eventualmente si integrano le soluzioni dei vari modelli. Infine, c'è la fase di adattamento delle soluzioni al fine di implementarle nelle realtà: questa fase può fallire, nel senso che le soluzioni possono non essere compatibili con quanto atteso, forse a causa di aspetti del problema non considerati o per errori nei modelli o nei dati, per cui il processo deve essere reiterato mantenendo ciò che è compatibile ed eliminando ciò che non lo è.
Durante questo processo iterativo che caratterizza le d., i modelli matematici, e in particolar modo i modelli di ottimizzazione, sono il punto chiave. I modelli di ottimizzazione, grazie alla loro struttura ben definita, alla loro compattezza e in molti casi all'efficienza dei metodi di soluzione, facilitano le d. indirizzando la potenza di calcolo verso l'esplorazione sistematica di una moltitudine di alternative al fine di trovare la migliore. Va inoltre considerata la presenza di 'metamodelli' e attività di analisi e interpretazione nel prendere decisioni. Come detto, infatti, i problemi di d. necessitano di essere identificati, formulati e 'risolti' e le soluzioni necessitano di essere analizzate e verificate per valutarne l'applicabilità reale e per essere eventualmente modificate prima della loro applicazione.
Queste attività di metamodellazione permettono di integrare maggiormente l'esperienza umana e una conoscenza empirica avanzata, anche con altri strumenti. Si parla quindi di integrazione dei modelli di ottimizzazione con tecniche di AI (Artificial Intelligence), quali rule based expert systems, mathematical logic, frame based systems e truth maintenance systems. Questi metodi consentono di rappresentare la conoscenza su un certo dominio in qualche forma simbolica strutturata, per es. attraverso regole o formule, che possono immagazzinare fatti generali relativi al dominio così come strategie di soluzione e altri frammenti di conoscenza empirica. A differenza dell'ottimizzazione, l'obiettivo di tali tecniche non è la modellizzazione quantitativa, ma l'emulazione del ragionamento umano che non sempre fornisce risultati soddisfacenti. Il vantaggio di questi approcci è nella loro abilità di rappresentare simbolicamente una conoscenza empirica e successivamente di manipolarla in modo automatico con operazioni relativamente semplici. Esempi di queste tecniche sono la fuzzy logic e le reti neurali.
Analogamente alle interazioni tra modelli di ottimizzazione e AI, sono presenti integrazioni tra database e tecniche di analisi statistica dei dati e data mining al fine di identificare indicatori importanti per alimentare i modelli.
Bibliografia
S. French, Decision theory: an introduction to the mathematics of rationality, New York 1986; B. Roy, Multicriteria methodology for decision aiding, Boston 1996; G.E.G. Beroggi, Decision modeling in policy management: an introduction to the analytic concepts, Boston 1999.