declino economico
In senso assoluto è associato alla riduzione del PIL (➔ p) pro capite per un prolungato periodo di tempo. Invece, in senso relativo, si ha d. e. quando, per un periodo di tempo, la crescita economica di un Paese è inferiore a quella media degli altri Paesi e, in particolare, di quelli con cui normalmente ci si confronta (Paesi simili per dimensioni, strutture economiche, assetti istituzionali, tradizioni culturali ecc.). Per es., Italia e Spagna conobbero un lungo periodo di d. assoluto, tra il 1620 e il 1680, e un periodo di d. relativo, rispetto ad altri Paesi europei, dopo il 1690.
Storicamente, al d. e. è associato il d. del potere politico e militare di un Paese o di un impero fino alla sua frantumazione o alla sua scomparsa e alla sottomissione a potenze straniere. Esempi in questo senso sono stati l’Impero romano nel 4° e 5° sec., quello bizantino dopo il 1200, quello arabo nel 10° e 11° sec. e l’Impero ottomano con il suo lento d. dal 17° sec. alla Prima guerra mondiale, oltre ai casi, già citati, dell’Italia e della Spagna tra il 17° e il 18° sec. e all’Olanda della seconda metà del 18° secolo.
Lo storico dell’economia C.M. Cipolla ascriveva il d. e. allo sviluppo di una progressiva resistenza al cambiamento necessario alla crescita: «Il cambiamento implica sforzo di immaginazione. Il cambiamento urta gli interessi costituiti. Non è difficile spiegare perché il cambiamento generalmente incontra opposizione. Sarebbe sorprendente se non l’incontrasse. La resistenza al cambiamento è rinforzata dalle istituzioni esistenti ... A causa della sua passata crescita e del suo passato sviluppo, un impero è inevitabilmente caratterizzato da un ampio numero di istituzioni sclerotiche ... Le rigidità istituzionali riflettono rigidità culturali. I conservatori e gli interessi costituiti si concentrano attorno a istituzioni obsolete e ogni elemento sostiene l’altro in maniera potente. Le minoranze innovative non possono che vedere i loro sforzi frustrati da questa combinazione» (The economic decline of empires, 1970). M. Olson, nel 1982, sviluppò una teoria del d. e. basata sul rafforzamento delle coalizioni lobbistiche, in grado di bloccare il rinnovamento economico e sociale (The rise and decline of nations), che sviluppava le intuizioni di Cipolla.
Si è scritto di un nuovo d. e. dell’Italia, con riferimento agli ultimi anni del 20° e al primo decennio del 21° secolo. È vero che il tasso di crescita (➔) medio annuo italiano è diminuito costantemente dagli anni 1970 (quando era superiore al 4%) al decennio 2000-10 (quando è stato pari ad appena lo 0,25% all’anno). Pur essendo diminuito anche il tasso di crescita degli altri grandi Paesi europei, la crescita italiana è molto più rallentata rispetto a quella delle altre nazioni. Dal 1990 al 2011 la produttività (➔) del lavoro, misurata dal PIL per ora lavorata, in Italia è aumentata meno che nella media degli altri grandi Paesi europei per 16 anni (su 21) e, salvo che nel periodo 1994-95, le differenze positive sono sempre state significativamente più piccole di quelle negative. Anche tutti gli altri indicatori di produttività segnalano un d. e. relativo agli altri Paesi europei, per non parlare degli Stati Uniti e dei Paesi emergenti, sia nell’attività manifatturiera sia nei servizi. Nella stessa direzione vanno gli indicatori di attività innovativa e di utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Questi indizi sono segnali di d. e. relativo.