Decodificazione
di Sergio Marullo di Condojanni
Le origini del termine si rinvengono negli studi sul linguaggio, ove se ne scorge una duplicità di usi: in linguistica, indica l'attività di interpretazione di messaggi da parte del soggetto ricevente; in semiotica, l'attività di identificazione di un contenuto, svolta alla luce di un dato modulo espressivo.
Il vocabolo è stato trasferito da N. Irti, nell'anno 1978, entro l'ambito degli studi giuridici. Esso descrive il complesso processo storico che ha rotto l'unità sistematica del diritto privato; unità che, prima raccolta intorno al codice civile (poi sempre c.c.), è stata ridotta in frantumi dal continuo proliferare di leggi speciali.
L'analisi mostra il perenne intrecciarsi e sovrapporsi di due profili, entrambi essenziali per la piena comprensione del concetto: l'uno, di carattere fenomenologico-descrittivo, ne offre la rappresentazione in prospettiva storica; l'altro, di carattere metodologico-costruttivo, guarda all'esito della descrizione storica, ne assume e interroga i risultati, si sospinge fino a rimeditare ruolo e posizione sociale dello studioso di diritto privato.
Il processo di d. si raccoglie intorno alla tensione dialettica tra c.c. e leggi speciali. Il predicato della 'specialità' procede da un giudizio di comparazione tra norme. L'interprete individua, all'interno dell'ordinamento, una coppia di norme, caratterizzate: da un elemento comune, che consente di isolare la coppia dalle altre disposizioni vigenti; da una nota di differenza, che giova a definire il rapporto di genere a specie. è detta speciale la norma che racchiude in sé tutti gli elementi comuni della coppia, e a essi aggiunge una nota di differenza. Non si dà, quindi, una norma che sia speciale per proprie intime caratteristiche; ma solo una norma che mostra un più ridotto ambito di applicazione, rispetto a un'altra di cui essa contiene già tutti gli elementi.
Il modo in cui il concetto di specialità muta e si evolve sembra il più utile angolo di osservazione dal quale guardare al fenomeno. Possono distinguersi tre fasi storiche.
Nell'età liberale - età che si chiude nel 1914 - il sistema gravita intorno al c.c. del 1865. Il codice è la carta della borghesia terriera: in esso si riflettono istanze di stabilità e sicurezza, tipiche della società tardoottocentesca. Domina la fiducia nel progresso e nella capacità del singolo: al diritto è richiesto di garantire e salvaguardare il principio di autonomia privata da opprimenti ingerenze dello Stato. Il c.c., traducendo in ordinate sequenze di articoli i valori del liberalismo ottocentesco, fissa canoni e direttive della rivoluzione borghese. Principi generali, che percorrono la disciplina di singoli istituti, fino a ergersi a criteri cui fare appello per colmare eventuali lacune dell'ordinamento (così l'art. 3, co. 2°, disposizioni preliminari, disp. prel., c.c. del 1865). Il linguaggio legislativo si mostra uniforme e omogeneo. L'ansioso bisogno di unità trova soddisfazione nella centralità del c. c. che, dominando il sistema, si fa sede unica delle norme generali. Le leggi speciali si limitano ad applicare a singoli gruppi di casi i principi enunciati dal codice: qui la specialità, volgendosi in specificazione, giova a diffondere la logica del codice verso fattispecie in esso non previste, preservando così l'ordinata sistematicità. Solo le leggi eccezionali, rompendo con i principi generali, introducono schegge e frammenti di instabilità: ma l'art. 4 disp. prel. c.c. ne vieta l'estensione "oltre i casi e i tempi in esse espressi", così contenendone drasticamente l'energia innovatrice.
Nel periodo tra le due guerre, il primato del codice si viene gradualmente smarrendo. Lo Stato si avvia su un percorso di giuridificazione della società, occupa spazi della vita economica, la cui disciplina era prima affidata agli accordi dei singoli. Aumenta il numero di leggi, volte a regolare materie e istituti estranei al codice: leggi, non più deputate al mero ufficio di divulgare la logica del sistema, bensì esprimenti nuovi criteri, che non si lasciano ricondurre entro i principi generali del codice civile. La specialità cessa di atteggiarsi a semplice specificazione: l'ordinata sistematicità è intaccata, il rapporto di genere a specie tra codice e leggi speciali interrotto e compromesso. Per riguadagnare la perduta unità, il legislatore del periodo fascista si affida a una soluzione politica, vale a dire la rigorosa determinazione di principi generali che entrino in gioco non solo per colmare lacune dell'ordinamento, ma anche, come criteri ermeneutici generali, in ogni fase di interpretazione e applicazione del diritto. Principi, che l'art. 2 della l. 30 genn. 1941 nr. 14, e il successivo r.d. 16 marzo 1942 nr. 262 - recante approvazione del nuovo c.c. - individuavano nelle Dichiarazioni della Carta del lavoro del 1927.
Con l'abrogazione, nel 1944, della Carta del lavoro e la promulgazione della Costituzione repubblicana, il 1° genn. 1948, si apre l'ultima fase storica, che ben può definirsi come età della decodificazione. Fase che, sotto un profilo politico, è segnata dallo sgretolamento della sovranità centrale. La Carta costituzionale disegna una rigida gerarchia delle fonti, espropriando definitivamente la centralità del codice civile. Il sistema si raccoglie in nuova unità intorno alla Costituzione. Le leggi speciali sono ora incaricate di svolgere e applicare i principi costituzionali: tra i due poli, su cui gravita il rapporto di genere a specie, non compare più il c.c., essendo ormai tenuto il primo termine dalla Costituzione. Si assiste così al continuo prodursi di leggi speciali che, introducendo i nuovi principi pure in materie già disciplinate dal codice, ne riducono e svuotano l'ambito di applicazione. Se, sotto un profilo statico-sincronico, codice e leggi speciali ricoprono, nella gerarchia delle fonti, la medesima posizione, è attraverso una visione dinamico-diacronica che il processo di decodificazione dà mostra della propria impietosa capacità di erosione di spazi, prima occupati dal codice. La successione cronologica c.c.-Costituzione-leggi speciali rende infatti conto di come solo queste ultime possano attuare, con riguardo a singole materie, i principi della Carta repubblicana.
L'originaria frammentarietà, che sempre caratterizzava leggi speciali ed eccezionali, appartiene ormai a un'altra fase storica. Alla d. si accompagna, come secondo termine di un inscindibile binomio, un incalzante processo di consolidazione. Le leggi speciali espandono progressivamente la propria sfera di applicazione, fino a diventare esclusiva sede di disciplina di interi istituti. Sempre con maggior frequenza, questo itinerario sfocia e si conclude in una legge consolidatrice, che spesso assume la veste di testo unico. Nascono così sistemi autonomi di norme, portatori di logiche nuove, ed esprimenti diversi e vari linguaggi, che riflettono il gergo tecnico della materia disciplinata. Il moto centrifugo è compiuto, l'età tolemaica definitivamente tramontata: è il tempo in cui le leggi, atteggiandosi a statuti di gruppi, divengono lo specchio di interessi particolari. Nel fascio di corpi legislativi che si irradia intorno alla Costituzione c'è pure il c.c., al quale però non tocca più alcuna posizione di privilegio: esso è ormai soltanto uno dei rami di una polisistematica realtà normativa.
Il senso di antitesi storica, che l'età della d. esprime rispetto agli anni del liberalismo ottocentesco, ha mutato in profondità l'ufficio del giurista. Concetti generali e strumenti tecnici sono stati oggetto di meditate riflessioni e radicali ripensamenti. Basti rammentare, a modo di esempio, l'arduo problema delle lacune, risolto, dall'art. 12 disp. prel. c.c., tramite il ricorso a disposizioni che regolano casi simili e, in ipotesi di permanenza del dubbio, ai principi generali dell'ordinamento: criteri, che dovranno provarsi non più sulle norme del codice, bensì entro i microsistemi legislativi, che sono deputati a regolare la materia recante la lacuna. Al c.c. si potrà ricorrere solo come disciplina residuale, che interverrà una volta esaurita l'energia normativa del microsistema.
La realtà si mostra dinamica e disorganica: il moto centrifugo, sospingente verso la polisistematicità, trova nuovo vigore nei trattati europei che gradualmente vanno sostituendo la portata innovatrice della Costituzione. Al giurista il compito di commentare e interpretare le norme, ricondurle e collocarle nel micro-sistema di riferimento, disegnare il quadro di rapporti intersistematici.
Bibliografia
P. Coppa-Zuccari, Diritto singolare e diritto territoriale: studi, 1° vol., Modena 1915.
M. Viora, Consolidazioni e codificazioni: contributo alla storia della codificazione, Bologna 1930, Torino 19673, 19994.
N. Irti, L'età della decodificazione, Milano 1979, 19994.
N. Irti, Decodificazione, in Digesto delle discipline privatistiche: sezione civile, 5° vol., Torino 1989, ad vocem.