decoupling e sostenibilita ambientale
decoupling e sostenibilità ambientale <dikḁ’pliṅ ...>. – Si ha sviluppo (o crescita) sostenibile quando le generazioni presenti, nel soddisfare i propri bisogni, non impediscono a quelle future di soddisfare i loro. A questa dichiarazione di principio è possibile dare un contenuto operativo seguendo uno dei due criteri noti come criterio di sostenibilità forte (strong sustainability) e criterio di sostenibilità debole (weak sustainability), la cui differenza consiste nel ritenere, o meno, possibile la sostituzione tra capitale prodotto dall’uomo (macchinari, costruzioni, computer ecc.) e capitale naturale (petrolio, minerali, foreste ecc.). L’ipotesi di sostituibilità può a sua volta essere più o meno ampia a seconda che si ritenga possibile la completa sostituibilità oppure la si escluda per alcuni tipi di capitale naturale (capitale critico). Il fondamento per la sostituibilità è il progresso tecnico. Il termine sostenibilità è divenuto pervasivo, lo si usa come slogan parlando di città sostenibile, di politica energetica o dei trasporti sostenibile, di gestione sostenibile dell’acqua, dei rifiuti ecc., mentre esso ha, per l’economia, contorni piuttosto chiari ed è suscettibile di misurazione. Un primo significativo test di sostenibilità si può ottenere dal raffronto della dinamica di crescita del PIL con quella di un dato elemento di pressione ambientale esercitata dall’attività umana di produzione e/o di consumo, quale può essere l’emissione di gas a effetto serra (GHG, Greenhouse gas) o la produzione di rifiuti solidi. Esempi di questa impostazione si hanno con gli indicatori prodotti dall’OECD (Organisation for economic co-operation and development), che seguono una metodologia articolata in stadi. Il primo stadio corrisponde all’individuazione dell’attività economica che genera pressione sull’ambiente (driving force) e alla valutazione quantitativa di tale pressione (per es. la quantità di CO2 emesso); il secondo consiste nel rilevarne gli effetti sull’ambiente (per es., l’accumulo o la dispersione generata dal vento) e il terzo registra la reazione da parte dei soggetti, individui e/o Stato. Questi indici di pressione-stato-risposta, necessari all’attivita di monitoraggio, sono ormai piuttosto numerosi. Il raffronto tra la dinamica del PIL, quale driving force aggregata, e quella di uno o più indicatori ambientali, permette di ottenere informazioni sulla sostenibilità. Se il tasso di crescita dell’indicatore di pressione ambientale fosse più alto di quello di crescita del PIL, la crescita non sarebbe sostenibile in futuro. Questo tipo di ragionamento ha portato all’elaborazione della nozione di decoupling quale condizione necessaria per la sostenibilità, con questo intendendo lo sganciamento dei due tassi di crescita. Si ha sganciamento assoluto quando la crescita del PIL si accompagna a decrescita nella pressione ambientale, mentre si ha sganciamento relativo quando, nonostante crescano entrambi, il tasso di crescita dell’indicatore della pressione ambientale è minore dell’altro. Gli studi empirici sulla crescita economica evidenziano come, alla crescita positiva del PIL pro capite globale (grandezza statistica che si ottiene dividendo il PIL globale per la popolazione globale) sperimentata all’inizio del 21° sec., si sia accompagnata una crescita ancor più elevata nell’utilizzo di alcune risorse naturali. Il tasso di crescita dei rifiuti pro capite è positivo, crescente e maggiore del tasso di crescita del PIL pro capite, come pure il tasso di emissione di CO2 e il tasso di crescita della domanda di energia. Data la limitatezza delle risorse naturali, il tasso di crescita del PIL pro capite non potrà continuare a essere positivo in futuro a meno che non si riduca il tasso di utilizzo delle risorse naturali (decoupling). Gli effetti di sganciamento registrati tra i paesi sviluppati dell’area OECD sono assai limitati. In Italia si sono registrati risultati positivi in termini di sganciamento delle emissioni dei principali inquinanti atmosferici (emissioni di SOx e di NOx) e in termini di intensità energetica (quantità di energia assorbita per unità di PIL). A fronte di questi risultati positivi si ha però sia una produzione di rifiuti che cresce a un ritmo più che doppio di quello del PIL, sia il più alto tasso di motorizzazione (veicoli a quattro e due ruote pro capite) dei paesi dell’OECD. Al di fuori dell’area OECD, la Cina (ma anche l’India) continua a mostrare un altissimo tasso di crescita del PIL (circail 9% nel 2010) e un ancor più alto tasso di crescita della domanda di energia, destando preoccupazione in termini di emissioni inquinanti e di disponibilità futura di risorse naturali, malgrado il governo abbia riconosciuto la circolarità ambiente-economia (circular economy) e dichiarato la volontà di perseguire un modello di sviluppo basato su riduzione, riuso e riciclo delle risorse naturali. Gli effetti di sganciamento o l’implementazione di una tale strategia necessitano di un adeguato progresso tecnico, la dinamica del quale risponde alla logica del mercato ossia ai prezzi di mercato. Nelle circostanze di crescente domanda mondiale di energia, per es., si creano gli incentivi per produrla attraverso fonti diverse a seconda della loro disponibilità e dei loro prezzi di mercato. Tanto più alto è il prezzo di una fonte di energia, tanto maggiore sarà la spinta a investire in ricerca per sviluppare fonti alternative, più abbondanti o più a buon mercato. In questo caso il prezzo di mercato dà il segnale giusto indicando la scarsità crescente della fonte e spingendo verso tecnologie alternative (tecnologie di backstop). Vi sono però casi in cui i prezzi di mercato non danno i segnali corretti (perché non includono le esternalità) oppure non esistono. Il progresso tecnico non sempre aiuta spontaneamente la sostenibilità, anzi, a volte la ostacola (pesca oceanica, foreste), e in questi casi l’intervento pubblico è necessario per riorientarlo verso un’evoluzione compatibile con il benessere sociale. Altri indicatori, generalmente basati sul criterio di sostenibilità debole, sono stati elaborati per verificare se un Paese stia effettivamente percorrendo un sentiero di sviluppo sostenibile. Tali sono il genuine saving di Atkinson, l’ecological footprint di Wackernagel e tutti quelli che possono ottenersi dalla contabilità verde, intendendo con ciò le proposte di revisione dei metodi di contabilità nazionale per tener conto dello stato dell’ambiente e delle risorse naturali (v. ). Lo scopo ultimo è quello di pervenire a un PIL corretto, in senso ambientale (environmental adjusted domestic product).