Decreti Madia e Testo unico dell'edilizia
Il d.lgs. 30.6.2016, n. 127 (Norme per il riordino della disciplina in materia di conferenza di servizi), il d.lgs. 30.6.2016, n. 126 (Attuazione della delega in materia di segnalazione certificata di inizio attività) ed il cd. d.lgs. SCIA2 contengono disposizioni rilevanti per la materia edilizia: accanto a quelle che direttamente modificano il t.u. edil. (d.P.R. 6.6.2001, n. 380), altre di carattere generale impongono di coordinare con esse la disciplina di settore. Le finalità sottese alle novità sono la semplificazione dei procedimenti e dei regimi amministrativi degli interventi edilizi, con riduzione del numero dei titoli edilizi e loro conformazione ai modelli generali.
Il d.lgs. n.127/2016, all’art. 2, contiene alcune disposizioni volte a coordinare la disciplina generale della conferenza di servizi – recata dallo stesso decreto che ha modificato la l. 7.8.1990, n. 241 – con la disciplina settoriale dell’edilizia di cui al t.u. edil., intervenendo sugli artt. 5 (Sportello unico per l’edilizia) e 20 (Procedimento per il rilascio del permesso di costruire).
Nel dettaglio, l’elisione nel co. 3 dell’art. 5 t.u. edil. delle parole «direttamente o tramite conferenza di servizi» comporta che la conferenza diventa strumento obbligatorio per acquisire gli assensi necessari per la realizzazione dell’intervento edilizio.
Nel medesimo co. 3, alla lett. g) – relativa agli assensi previsti dal codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. 22.1.2004, n. 42) per interventi su immobili vincolati – l’abrogazione delle parole «fermo restando che, in caso di dissenso manifestato dall’amministrazione preposta alla tutela dei beni culturali, si procede ai sensi del medesimo codice» ha lo scopo di allineare la disciplina edilizia alla nuova disciplina generale, «in base alla quale nella conferenza di servizi nessun interesse, compreso quello posto alla tutela dei beni culturali e del paesaggio, può, di per sé, bloccare la conclusione del procedimento»1.
Anche le modifiche all’art. 20 t.u. edil. mirano ad uniformare le regole sulla conferenza nel procedimento di rilascio del permesso di costruire alla nuova disciplina generale dell’istituto. Viene così modificato il co. 3, prevedendo che, qualora sia necessario acquisire ulteriori assensi resi da p.a. diverse, si procede ai sensi degli artt. 14 ss. l. n. 241/1990, disciplinanti la conferenza di servizi. Viene quindi ribadito che il responsabile del procedimento non può più procedere, tramite lo sportello unico, all’acquisizione diretta degli atti di assenso necessari.
L’uso obbligatorio della conferenza e le novità relative agli atti di assenso delle p.a. preposte ad interessi sensibili (il cui dissenso in conferenza non impedisce di assumere la determinazione finale con la regola della prevalenza) sono alla base della modifica del co. 8 e dell’abrogazione del co. 9 dell’art. 20, che, nel prevedere il silenzio assenso in caso di vano decorso del termine di conclusione del procedimento del permesso di costruire, ne escludevano la formazione in presenza di vincoli relativi all’assetto idrogeologico, ambientali, paesaggistici o culturali ed imponevano sempre, anche nel caso di rilascio dell’assenso preliminare sul vincolo, il provvedimento espresso.
Il d.lgs. n. 126/2016 non è intervenuto sul t.u. edil., ma l’introduzione di nuove disposizioni nella l. n. 241 impone di coordinare con esse il t.u. Viene in rilievo, in particolare, l’art. 19-bis l.n.241 (Concentrazione dei regimi amministrativi), che generalizza un modello procedimentale simile a quello previsto per la SCIA edilizia dall’art. 23-bis t.u. edil. (inserito dal d.l. 21.6.2013, n. 69), ma apportando ad esso le modifiche necessarie per conformarlo alla nuova disciplina della conferenza decisoria. L’art. 19-bis introduce in termini generali l’istituto dello sportello unico, al quale presentare la SCIA, anche in caso di procedimenti connessi di competenza di altre p.a. o di diverse articolazioni interne della p.a. ricevente. Qualora un’attività oggetto di SCIA sia condizionata all’acquisizione di assensi o pareri di altri uffici e amministrazioni o all’esecuzione di verifiche preventive, l’interessato presenta allo sportello la relativa istanza e l’acquisizione avviene tramite conferenza, liberando il privato da gravosi adempimenti amministrativi. In virtù della concentrazione, l’efficacia legittimante della SCIA è differita all’esito positivo del procedimento di autorizzazione.
Il decreto SCIA 2, all’art. 1, co. 2, ha introdotto il glossario unico, al fine di “garantire omogeneità di regime giuridico in tutto il territorio nazionale”, contenente l’elenco delle principali opere edilizie con l’individuazione delle categorie di intervento cui sono riconducibili e del conseguente regime giuridico. La relativa adozione avviene con d.m. entro 60 giorni dall’entrata in vigore del d.lgs. È inoltre prescritto alla p.a. di fornire gratuitamente all’interessato attività di consulenza preistruttoria. È evidente che il glossario dovrà coordinarsi con il regolamento edilizio tipo introdotto dal d.l. Sblocca Italia n. 133/2014 (art. 4, co. 1-sexies, t.u. edil.).
Il decreto delinea poi, all’art. 3 (Semplificazione di regimi amministrativi in materia edilizia), un quadro più semplice dei titoli necessari per gli interventi edilizi, basato su cinque ipotesi: 1) interventi di edilizia libera, non soggetti ad adempimenti; 2) interventi di edilizia libera soggetti a CILA (comunicazione di inizio lavori asseverata); 3) interventi soggetti a SCIA, in alcuni casi alternativa al permesso di costruire; 4) interventi assoggettati a permesso di costruire; 5) interventi per cui è possibile chiedere il permesso di costruire in alternativa alla SCIA. A fini di semplificazione è introdotta la segnalazione certificata di agibilità.
I temi principali che la riforma tratta sono lo sportello unico, il procedimento di rilascio del permesso di costruire in caso di vincoli ed il regime giuridico degli interventi edilizi.
Le modifiche all’art. 5 t.u. edil. confermano il ruolo del SUE come centro di gestione unitario dei rapporti tra cittadino, amministrazione comunale ed altre p.a. coinvolte2. Il SUE costituisce “unico punto di accesso” per l’interessato «in relazione a tutte le vicende amministrative riguardanti il titolo abilitativo e l’intervento edilizio oggetto dello stesso»; acquisisce gli assensi delle p.a. preposte alla tutela ambientale, paesaggisticoterritoriale, del patrimonio storicoartistico o della salute e della pubblica incolumità; fornisce “una risposta tempestiva in luogo di tutte le amministrazioni” coinvolte.
Le modifiche recate dal d.lgs. n. 127 all’art. 5 adeguano la disciplina del SUE alla nuova disciplina della conferenza, eliminando la possibilità per il SUE di acquisire gli assensi “direttamente” (trasmettendo l’istanza alla p.a. competente ed attendendo gli esiti) e rendendo obbligatoria da subito la conferenza decisoria.
Nei casi in cui la p.a. procedente necessitasse di assensi di altre p.a., l’art. 14 l. n. 241 nel testo precedente le modifiche recate dal d.lgs. n. 127 prescriveva l’obbligatoria indizione della conferenza solo quando gli assensi richiesti non fossero stati ottenuti entro 30 giorni (l’indizione era facoltativa nel caso fosse intervenuto un dissenso).
Il riscritto art. 14, co. 2, prescrive, ora, l’immediata obbligatorietà della conferenza quando la conclusione positiva del procedimento o l’attività del privato siano subordinate all’acquisizione di “più” assensi, comunque denominati, di competenza di p.a. diverse. La differenza tra vecchio e nuovo regime è attenuata dalla previsione di una conferenza asincrona, passaggio obbligato prima dell’eventuale conferenza sincrona, nella quale le p.a., cui l’istanza è inviata, procedono separatamente. Sebbene l’iter possa, a prima lettura, non risultare diverso dal previgente (in cui era prevista una fase iniziale di richiesta degli assensi, con acquisizione entro 30 giorni), la semplificazione procedurale consiste nella previsione di un termine comune (di 45 giorni o 90 se sono coinvolti interessi sensibili), nella regola del dissenso costruttivo e nella previsione del silenzio assenso in caso di risposta mancata o non adeguatamente motivata.
Le novità sono alla base dell’abrogazione del co. 5-bis dell’art. 20 t.u. edil., che sanciva l’obbligo di indire la conferenza solo quando nel termine di 60 giorni il responsabile del procedimento non avesse acquisito direttamente gli atti di assenso o fosse intervenuto un dissenso non basato sulla “assoluta incompatibilità” dell’intervento.
Ferma la distinzione pocanzi evidenziata tra acquisizione diretta degli assensi e conferenza asincrona, l’attuale disciplina della conferenza asincrona contiene una previsione simile a quella dell’abrogato co. 5-bis dell’art. 20 in ordine al rilievo del dissenso e delle sue motivazioni: l’art. 14-bis, co. 5, l. n. 241 dispone che la p.a. procedente adotti la determinazione di conclusione positiva della conferenza asincrona qualora abbia acquisito solo assensi non condizionati, anche impliciti, o ritenga che le condizioni indicate ai fini dell’assenso o del superamento del dissenso possano essere accolte senza modifiche sostanziali alla decisione; diversamente, qualora abbia acquisito uno o più dissensi “che non ritenga superabili”, adotta la determinazione negativa. In ogni altro caso, si passa alla conferenza sincrona ex art. 14-ter l. n. 241. Ove si ponga mente al fatto che le prescrizioni o condizioni eventualmente indicate devono essere chiare e analitiche e specificare se sono relative ad un vincolo derivante da una disposizione normativa o da un atto amministrativo generale o discrezionalmente apposte per la migliore tutela dell’interesse pubblico, ne consegue nell’edilizia che l’assoluta incompatibilità dell’intervento (per la presenza, ad esempio, di un vincolo chiaramente ostativo) dovrebbe condurre ad un rigetto, come nella disciplina previgente.
Va peraltro considerato che gli assensi delle autorità preposte alla gestione di un vincolo sottendono di regola valutazioni tecnico-discrezionali: salve le ipotesi in cui l’intervento contrasti chiaramente ed irrimediabilmente con una prescrizione del provvedimento di vincolo o con una previsione di piano, la p.a. procedente può ritenere opportuno
o possibile superare il dissenso in una riunione in presenza della conferenza sincrona. In questa trova applicazione il criterio della prevalenza e nessun interesse, inclusi quelli sensibili, è di per sé idoneo a bloccare, con il dissenso della p.a. cui è affidato, la conclusione del procedimento. Per tale motivo, è stato eliso il rinvio alla disciplina del codice dei beni culturali per il caso di dissenso delle p.a. preposte alla tutela del patrimonio culturale nella lett. g) del co. 3 dell’art. 5 t.u. edil.
L’immediata obbligatorietà della conferenza di servizi è alla base della modifica del co. 8 e dell’abrogazione del co. 9 dell’art. 20 t.u. edil.
Il co. 8 esclude l’operatività dell’istituto del silenzio assenso sull’istanza di permesso di costruire (introdotto dal d.l. Sviluppo 13.5.2011, n. 70) qualora sussistano vincoli. In tali casi, il testo previgente rinviava a quanto previsto dal co. 9, in base al quale, pur intervenuti gli assensi preventivi, il procedimento avrebbe richiesto comunque il “provvedimento espresso”, altrimenti applicandosi la disciplina del silenzio-inadempimento ex art. 2 l. n. 241/1990. Una forma di silenzio significativo (silenzio rigetto) era prevista (co. 9) in caso di diniego dell’atto di assenso preliminare seguito dal vano decorso del termine del procedimento di permesso.
Le disposizioni si riferiscono all’ipotesi, possibile anteriormente al d.lgs. n. 127, in cui il responsabile del SUE avesse chiesto “direttamente” gli atti di assenso necessari e questi fossero stati rilasciati o negati espressamente, ma il dirigente o responsabile dell’ufficio non avesse concluso il procedimento di rilascio del permesso nel prescritto termine.
Il d.lgs. ha abrogato il co. 9 e riscritto il co. 8, nel quale attualmente è previsto che, in presenza di vincoli, trovino applicazione le disposizioni di cui agli artt. 14 ss. l. n. 241: resta quindi necessario il provvedimento espresso, nella specie coincidente con la determinazione conclusiva della conferenza. Il co. 8 – stante l’immediata obbligatorietà della conferenza – va riferito anche all’ipotesi in cui l’inerzia riguardi la p.a. preposta al vincolo. L’inerzia di questa in conferenza (consistente nella conferenza sincrona nella mancata comunicazione della determinazione nel termine assegnato e in quella asincrona nella assenza alle riunioni o nella mancata espressione della propria posizione) equivale a considerarne acquisito l’assenso senza condizioni.
Il d.lgs. SCIA2 è intervenuto in quattro ambiti: a) viene abolita la CIL (comunicazione di inizio lavori) e gli interventi in precedenza ad essa assoggettati transitano nell’attività edilizia totalmente libera; b) la CILA diventa il regime ordinario, salve le ipotesi espressamente assoggettate ad altri regimi; c) il restauro e risanamento conservativo non riguardante parti strutturali è assoggettato a CILA; d) viene abolita la DIA alternativa al permesso di costruire (superDIA), sostituita dalla SCIA con inizio posticipato dei lavori.
Ai fini sub a) viene modificato l’art. 6 t.u. edil. relativo all’edilizia libera ed inserito l’art. 6-bis rubricato «Interventi subordinati a comunicazione di inizio lavori asseverata». La CILA diviene un istituto intermedio tra attività edilizia libera e SCIA, il cui ambito di applicazione è residuale – comprendendo tutti gli interventi non riconducibili agli artt. 6 (edilizia libera), 10 (permesso di costruire) e 22 (SCIA) – e la cui mancanza comporta una mera sanzione pecuniaria. Viene riconosciuto alle Regioni il potere di estendere la CILA ad interventi ulteriori e demandata alle stesse la disciplina delle modalità per l’effettuazione dei controlli, anche a campione (discutibilmente, dal momento che la residualità della CILA imporrebbe che i principi generali sui controlli siano fissati dal legislatore statale).
La soppressione della DIA e il carattere residuale della CILA hanno imposto la riscrittura degli artt. 22, 23 e 24 t.u. edil. Nel co. 1 dell’art. 22 sono ora puntualmente elencati gli interventi soggetti a SCIA: interventi di manutenzione straordinaria riguardanti parti strutturali; interventi di restauro e risanamento conservativo riguardanti parti strutturali; interventi di ristrutturazione edilizia leggera (ossia diversi da quelli assoggettati al permesso di costruire ex art. 10).
Soppressi i commi dell’art. 22 relativi alla superDIA, il riscritto art. 23 disciplina gli “Interventi subordinati a segnalazione certificata di inizio attività in alternativa al permesso di costruire”, nei quali sono inclusi – in analogia alla previgente superDIA – ristrutturazione pesante, nuova costruzione o ristrutturazione urbanistica disciplinati da piani attuativi dettagliati, nuova costruzione in diretta esecuzione di piani generali recanti precise disposizioni planovolumetriche. Per effetto del co. 1, la SCIA alternativa si caratterizza per legittimare l’inizio dei lavori dopo 30 giorni dalla presentazione, nel corso dei quali il comune può inibire l’intervento qualora riscontri l’assenza di una o più delle condizioni stabilite (art. 23, co. 6, rimasto invariato).
Il modello della SCIA viene poi esteso alla agibilità. Viene così riscritto l’art. 24 (e abrogato l’art. 25) t.u. edil., sancendo l’obbligo del titolare del permesso di costruire o di colui che ha presentato la SCIA, entro 15 giorni dall’ultimazione dei lavori di finitura, di presentare al SUE la segnalazione per interventi di nuova costruzione, ricostruzione o sopraelevazione e, in genere, interventi su edifici esistenti che possono influire sulle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico di edifici e impianti. È confermata l’agibilità parziale (introdotta nel 2013 e riguardante porzioni, funzionalmente autonome, di un fabbricato o solo alcuni edifici nell’ambito di più vasti ed articolati complessi immobiliari), anch’essa oggetto di segnalazione diretta ad attestare le poc’anzi citate condizioni. Ai controlli sulla SCIA è esteso quanto previsto dal co. 3 dell’art. 19 l. n. 241/1990, nonché il termine di 30 giorni ai sensi del co 6-bis del medesimo art. 19.
Numerosi sono i profili problematici che la complessiva riforma presenta, quali in particolare l’applicabilità dell’art. 17-bis l. n. 241 al procedimento diretto dal SUE, gli effetti della codificazione della concentrazione dei regimi amministrativi, la rilevanza degli interessi sensibili nella conferenza e la residualità attribuita alla CILA.
L’art. 17-bis l. n. 241/1990, inserito dalla l. n. 124/2015, ha generalizzato il silenzio assenso tra
p.a. nei procedimenti volti all’adozione di provvedimenti che prevedano atti di assenso comunque denominati di altre amministrazioni, prevedendo che tali assensi siano implicitamente acquisiti decorsi vanamente 30 giorni dal ricevimento dello “schema di provvedimento” da parte della p.a. procedente. L’istituto trova espressa applicazione anche nel caso in cui l’assenso sia richiesto ad amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini (alle quali è però assegnato un termine maggiore, di 90 giorni, salvi i termini diversi – maggiori o minori – previsti da disposizioni settoriali).
L’art. 17-bis attiene esclusivamente al silenzio assenso tra p.a., mentre il silenzio della p.a. procedente nei procedimenti ad istanza di parte continua ad essere regolato dall’art. 20 l. n. 241, il cui co. 4 esclude dalla generalizzazione del silenzio significativo gli atti ed i procedimenti riguardanti interessi sensibili.
Nei procedimenti relativi ai titoli abilitativi edilizi, il ruolo del SUE, quale unico punto di accesso nei rapporti tra p.a. e interessato, aveva indotto a prima lettura i commentatori3 a ritenere la disposizione applicabile anche all’inerzia delle p.a. chiamate a pronunciarsi sulle autorizzazioni preliminari (autorizzazioni culturali, paesaggistiche ecc.) ai titoli edilizi: ciò in quanto le richieste di atti di assenso preliminari sono indirizzate dal SUE (e, dunque, da una p.a.) alla p.a. competente. Sennonché, come recentemente chiarito dal Consiglio di Stato in sede consultiva4, l’art. 17-bis ha un ambito applicativo estremamente circoscritto, evincibile dal tenore letterale e da un’interpretazione sistematica che tenga conto degli artt. 16, 17 e 20 l. n. 241/1990, nonché della disciplina della conferenza di servizi.
In primo luogo, il silenzio assenso ex art. 17-bis interviene nella fase decisoria del procedimento: il riferimento allo “schema di provvedimento” implica che la fase istruttoria sia chiusa e le relative risultanze siano tradotte nello schema di decisione su cui la p.a. interpellata esprime il suo assenso con valenza codecisoria.
L’art. 17-bis non è applicabile nei casi in cui le p.a. coinvolte sono chiamate a compiere valutazioni in un procedimento a struttura complessa (nel corso della cui istruttoria sia necessario acquisire pareri e valutazioni di una pluralità di amministrazioni), in tale caso trovando applicazione gli artt. 16 e 17 l. n. 241/1990.
L’istituto non è applicabile, inoltre, nei procedimenti collegati5 relativi ad autonomi atti di assenso funzionali ad un risultato unitario (come consentire lo svolgimento di un’attività) e che risultano essere l’esito di distinte valutazioni delle p.a. competenti.
In secondo luogo, l’art. 17-bis non trova applicazione nei procedimenti ad iniziativa di parte che si svolgono presso una determinata p.a., competente a ricevere la domanda, ma rispetto ai quali la competenza sostanziale è di altra amministrazione, non potendo ravvisarsi tecnicamente un rapporto di codecisione. Si tratta, per l’appunto, dei procedimenti curati dal SUE: se è vero che il SUE garantisce una gestione unitaria dei procedimenti, questi rimangono, però, logicamente distinti in quanto diretti a tutelare interessi diversi6.
Qualora gli atti di assenso preliminari al titolo edilizio siano più di uno, l’applicazione dell’art. 17-bis è esclusa per un’ulteriore ragione. L’art. 17-bis va coordinato con l’art. 14, co. 2, l. n. 241/1990, il quale prescrive l’immediata obbligatorietà della conferenza decisoria quando la conclusione positiva del procedimento o l’attività del privato sono subordinate all’acquisizione di “più” atti di assenso di p.a. diverse.
In mancanza di chiarimenti del legislatore delegato sul coordinamento tra le due disposizioni, è stata prospettata la tesi secondo cui l’art. 17-bis si applichi (nei limiti comunque sopra indicati) quando la p.a. procedente deve acquisire l’assenso di una sola amministrazione, mentre l’obbligo di indire la conferenza sussiste quando debbano essere acquisiti assensi da parte di “più” p.a.7.
In relazione alla nuova disciplina generale della concentrazione prevista dall’art. 19-bis l. n. 241 per le attività soggette a SCIA e richiedenti assensi preliminari, si segnala l’omessa riscrittura dell’art. 23-bis t.u. edil. (non modificato neppure dal d.lgs. n. 127).
Nel disciplinare le modalità procedurali di acquisizione delle “autorizzazioni preliminari” alla SCIA e alla CILA (ad esempio, autorizzazioni per interventi su immobili vincolati ai sensi del d.lgs. n. 42/2004), l’art. 23-bis, al co. 1, continua a fare riferimento – per l’ipotesi in cui il SUE non acquisisca nel termine di 60 giorni gli assensi necessari – al co. 5-bis dell’art. 20 t.u. edil. (comma abrogato e che prevedeva la conferenza solo in via eventuale).
L’art. 23-bis cit., inserito dal d.l. “Del fare” n. 69/2013, ha previsto due modalità alternative per acquisire le autorizzazioni preliminari: l’interessato può richiedere al SUE, prima di presentare la SCIA o la CILA, di provvedere ad acquisire gli assensi necessari (allegandoli poi alla SCIA o CILA); oppure, può presentare istanza di loro acquisizione contestualmente alla segnalazione o comunicazione (fermo restando che l’interessato «può dare inizio ai lavori solo dopo la comunicazione da parte dello sportello unico dell’avvenuta acquisizione» dei prescritti assensi o dell’esito positivo della conferenza).
Il testo dell’art. 23-bis va ora coordinato con le modifiche apportate dal d.lgs. n. 127 all’art. 20 t.u. edil., anche alla luce del neointrodotto art. 19-bis l. n. 241, che impone l’immediata convocazione della conferenza per acquisire gli assensi presupposti e prevede come unico iter procedurale quello della presentazione contestuale della segnalazione e delle istanze relative alle autorizzazioni preliminari (abrogando tacitamente la modalità alternativa prevista dall’art. 23-bis).
Le modifiche apportate dal d.lgs. n. 127 alla lett. g) dell’art. 5 t.u. edil. – relativo agli assensi previsti dal codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. n. 42/2004) – hanno lo scopo di allineare la disciplina edilizia alle novità in tema di rilevanza degli interessi sensibili recate dalla nuova disciplina generale della conferenza di servizi.
Va premesso che la tutela rafforzata riconosciuta agli interessi sensibili dall’ordinamento a fronte delle esigenze di semplificazione procedimentale ha subito progressive e crescenti attenuazioni. Dal 2010 le p.a. preposte ad interessi sensibili sono state incluse tra quelle il cui assenso si ritiene acquisito qualora non venga espressa definitivamente nella conferenza la propria volontà (art. 14-ter, co. 7, l. n. 241). La previsione si basa sul principio di leale collaborazione istituzionale ed è confermata nella vigente disciplina.
Sino al d.lgs. n. 127 permaneva, invece, una forma di maggiore tutela per gli interessi sensibili in caso di dissenso manifestato in conferenza, impedendo esso alla p.a. procedente di assumere la determinazione conclusiva in base al criterio della prevalenza. Il dissenso poteva essere superato solo attivando il meccanismo previsto nel previgente art. 14-quater, co. 3, l. n. 241/1990 e, dunque, demandando la decisione alla sede politica.
Rispetto alla precedente disciplina il d.lgs. n. 127 ha invertito il meccanismo, prevedendo un rimedio oppositivo eventuale e successivo8: il dissenso qualificato non determina più lo spostamento del livello di confronto degli interessi, facendo cessare il titolo della p.a. procedente a trattare il procedimento con la rimessione della questione al Consiglio dei ministri, ma la decisione viene comunque adottata dalla conferenza, con la sola peculiarità della sospensione degli effetti della stessa per il periodo utile ad esperire l’opposizione ex art. 14-quiquies l. n. 241. La fase di risoluzione del conflitto ha ora natura eventuale ed è proponibile solo in caso di motivato dissenso (non nelle ipotesi in cui si sia formato il silenzio assenso).
Il carattere eventuale e successivo del rimedio solleva perplessità sull’adeguata tutela degli interessi sensibili: il dissenso si basa, di norma, su dati di fatto e valutazioni tecniche che non dovrebbero essere cedevoli di fronte a considerazioni di natura politica. Inoltre, nella conferenza simultanea la nuova disciplina del rappresentante unico (art. 14-ter) riduce ad unità posizioni e interessi distinti, affidati a p.a. diverse (considerate unitariamente non per la materia rientrante nelle loro attribuzioni, ma per il livello territoriale di afferenza), trascurando i valori della competenza e della specializzazione, anche tecnica, e sollevando dubbi di compatibilità con i principi di buon andamento ed imparzialità.
La CILA ha assunto con il d.lgs. cd.SCIA2 ruolo residuale e di istituto complementare alla SCIA: entrambi si inquadrano nel processo di liberalizzazione delle attività private, essendo il privato legittimato ad iniziare l’attività sulla base dello schema norma-fatto-effetto. Nella SCIA, peraltro, i poteri amministrativi di intervento in caso di irregolarità sono più ampi: mentre nella CILA viene prevista una sanzione pecuniaria (di importo unico ed esiguo rispetto all’entità degli interventi con essa eseguibili) in caso di “mancata” comunicazione, nella SCIA sono previsti poteri repressivi, inibitori e conformativi. Il Consiglio di Stato (comm. spec., 4.8.2016 n. 1784) ha evidenziato che, sebbene il diverso regime sanzionatorio sia giustificato dai principi di proporzionalità e adeguatezza, tuttavia la sanzione per la CILA è troppo lieve in taluni casi ed irragionevolmente limitata alle ipotesi di CILA mancante e non estesa ad altri casi di irregolarità formale (come comunicazione incompleta) o di lavori eseguiti in difformità.
L’ampliamento dell’ambito applicativo della CILA solleva poi una questione relativa alla segnalazione certificata prevista per l’agibilità, l’obbligo di presentare la quale viene riferito espressamente solo ai soggetti titolari di permesso di costruire o che abbiano presentato la SCIA. In tale modo, vengono esclusi quegli interventi che, pur soggetti a CILA, sono comunque idonei ad incidere sulle condizioni indicate nell’art. 24 t.u. edil., come, ad esempio, il restauro e risanamento conservativo – non incidente su parti strutturali –, che può comportare modifiche della funzionalità e della destinazione d’uso (con inserimento di elementi accessori e di impianti indispensabili per il nuovo uso).
Inoltre, nell’art. 6-bis t.u. edil. la possibilità (co. 4) del legislatore regionale di estendere la disciplina della CILA ad interventi edilizi ulteriori rispetto a quelli individuati – in via residuale – dal co. 1, solleva alcune perplessità: essa dovrebbe essere interpretata alla luce di quanto già chiarito dalla Corte costituzionale in relazione ad analoga possibilità prevista dal previgente art. 69, e cioè, ritenendo che essa non permetta di sovvertire le definizioni degli interventi edilizi recate dall’art. 3 t.u. edil. e la loro espressa assegnazione alla SCIA o al permesso di costruire ex artt. 10 e 22, ma consenta unicamente di enucleare e chiarire specifiche tipologie di interventi, che già rientrerebbero in via residuale nell’art. 6-bis.
Note
1 Cons. St., comm. spec., 17.4.2016, n. 890.
2 Mari, G., La rilevanza della disciplina del silenzio assenso tra amministrazioni pubbliche nei procedimenti relativi ai titoli abilitativi edilizi: il ruolo dello sportello unico dell’edilizia, in Riv. giur. ed., 2016, 61.
3 Inzaghi, G., Il silenzio assenso indirizza le pratiche allo sportello unico, in Il Sole 24 Ore, 31.8.2015, 24.
4 Cons. St., comm. spec., 13.7.2016, n. 1640.
5 Sui procedimenti collegati Clarich, M., Manuale di diritto amministrativo, Bologna, 2015, 256.
6 Mari, G., La rilevanza della disciplina, cit.; Cons. St., comm. spec., n. 1640/2016.
7 Cons. St., comm. spec., n. 1640/2016; Dipace, R., La resistenza degli interessi sensibili nella nuova disciplina della conferenza di servizi, e Aperio Bella, F., Il silenzio assenso tra pubbliche amministrazioni, in www.dirittoamministrativo.org.
8 Dipace, R., La resistenza, cit.
9 C. cost., 6.7.2012, n. 171.