Decreto di irreperibilità e notifica del decreto di citazione a giudizio
La Corte di Cassazione, intervenuta a Sezioni Unite con la pronuncia 24.5.2012, n. 24527, ha risolto il contrasto in precedenza formatosi sulla idoneità o meno, ai fini della notifica del decreto di citazione a giudizio, del decreto di irreperibilità emesso ai fini della notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari. La soluzione adottata è stata nel segno della efficacia anche ai fini della notifica del decreto di citazione, salvo il caso in cui dopo la notifica dell’avviso di cui all’art. 415 bis c.p.p. siano state effettuate ulteriori indagini.
Mediante la modifica dell’art. 160 c.p.p. intervenuta ad opera dell’art. 4 d.lgs. 14.1.1991, n. 12, si è previsto che il decreto di irreperibilità emesso dal giudice o dal p.m. nel corso delle indagini preliminari cessi di avere efficacia con la pronuncia del provvedimento che definisce l’udienza preliminare ovvero, quando questa manchi, con la chiusura delle indagini preliminari. Pertanto, introdotto, nel sistema processuale, per effetto dell’art. 17, co. 1, l. 16.12.1999, n. 479, attraverso il nuovo art. 415 bis, l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, si è trattato di determinare quale sia la fase processuale di pertinenza di tale atto onde stabilire l’efficacia o meno del relativo decreto di irreperibilità anche, in particolare, ai fini della notifica del decreto di citazione.
La giurisprudenza che ha assunto essere inefficace il decreto di irreperibilità emesso in occasione della notificazione dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415 bis c. p. p. ai fini della notificazione anche del decreto ex art. 552 c.p.p.1, muovendo dalla considerazione che il decreto di citazione costituisce, da un lato, esercizio dell’azione penale con l’effetto di concludere la fase delle indagini preliminari, e dall’altro, con la sua notificazione all’imputato ed alle altre parti, atto di impulso che segna l’inizio della fase processuale del dibattimento, ha affermato che la chiusura delle indagini preliminari di cui all’art. 160, co. 1, c.p.p. non coincide con la notificazione del decreto di citazione a giudizio ma con la sua emissione da parte del p.m.; sicché, poiché l’art. 160 limita l’efficacia del decreto di irreperibilità emesso nel corso delle indagini preliminari sino alla conclusione di detta fase, l’inizio di una nuova fase (quella del giudizio), inaugurata dalla notifica del decreto di citazione richiede necessariamente, essendo ormai caducato il precedente, un nuovo decreto di irreperibilità. Anche in dottrina si è ritenuto che il decreto di irreperibilità emesso ai fini della notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari non sia efficace ai fini della notificazione del decreto di citazione diretta a giudizio, non essendo possibile ascrivere l’avviso ex art. 415 bis c.p.p. ad una fase diversa da quella delle indagini preliminari2. La diversa opzione nel senso della possibilità che il decreto di irreperibilità emesso ai fini della notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari spieghi i suoi effetti anche ai fini della notifica del decreto di citazione diretta a giudizio è stata basata sull’allocazione dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, pur emesso nei confronti di persona «sottoposta ad indagini», oltre la fase di chiusura delle indagini stesse; infatti, si è detto, l’espressione «sottoposta ad indagini» sarebbe un’indicazione priva di valenza temporale in termini di attualità ben potendo indicare, mediante il riferimento ad un fatto storico antecedente, che si tratta di persona che è stata sottoposta ad indagini3. Sulla stessa linea si è valorizzato il riferimento della lettera della norma alla notifica di un avviso con il quale il p.m. comunica all’indagato «la conclusione delle indagini preliminari», come segno del fatto che le indagini preliminari non sarebbero più «in corso», non potendo dunque farsi riferimento all’art. 160, co. 1, cit., che prevede la cessazione di efficacia del decreto emesso, appunto, «nel corso delle indagini preliminari»; la conseguente affermata efficacia del decreto di irreperibilità anche ai fini del decreto di citazione, fondata dunque sull’appartenenza dell’avviso alla fase del giudizio, sarebbe, del resto, in linea con la ratio della norma, considerando l’emissione del decreto di irreperibilità per la notifica dell’avviso ex art. 415 bis c.p.p., come collocata, di regola, in prossimità temporale al decreto di citazione a giudizio, quando la situazione di fatto che riguarda l’indagato non può aver subito modifiche di rilievo; in mancanza di “nuove indagini” eventualmente disposte dal pubblico ministero sarebbe, dunque, irragionevole richiedere per la notifica del provvedimento che dispone il giudizio un nuovo decreto di irreperibilità, che sarebbe meramente reiterativo di quello precedentemente emesso» (Cass. pen., 18.3.2009, n. 18576; Cass. pen., 24.5.2007 n. 35078). Le Sezioni Unite hanno aderito a tale ultimo percorso sul presupposto, implicitamente ricavabile dalla motivazione, di una avvenuta, quanto meno in astratto, conclusione delle indagini preliminari anteriormente appunto alla notificazione dell’avviso ex art. 415 bis cit., senza che peraltro nell’art. 160 cit. siano rinvenibili elementi di segno contrario a che il decreto di irreperibilità, emesso ai fini della notifica dell’avviso predetto, abbia efficacia anche ai fini della notifica del decreto di citazione a giudizio; ciò, però, purché non sia effettivamente svolta una ulteriore attività di investigazione in virtù di quanto lo stesso art. 415 bis cit. prevede, posto che in tal caso, da un lato, le indagini non potrebbero considerarsi concretamente concluse e, dall’altro, tale novità giustificherebbe una reiterazione delle ricerche e la emissione di un nuovo decreto di irreperibilità.
La soluzione della Corte – pur finalizzata a conciliare le esigenze del contraddittorio tra le parti con quelle discendenti da un necessario assetto processuale volto a prescindere dal compimento di atti che, nella sostanza, finiscano per essere inutilmente ridondanti e, dunque, defatiganti – non appare però immune, laddove appare introdurre un requisito (quello del compimento di indagini successive all’avviso di conclusioni) non previsto dall’art. 160 c.p.p., da possibili obiezioni incentrate sul rispetto del principio di legalità. D’altra parte, una siffatta soluzione si presentava in qualche modo imposta dal mancato coordinamento, puntualmente posto in luce dalla decisione, dell’art. 160 con il dettato dell’art. 415 bis, quale previsione normativa solo successivamente introdotta nel codice di rito dal legislatore.
1 Cass. pen., 28.1.2003, n. 5698; Cass. pen., 13.7.2005, n. 29226; Cass. pen., 3.5.2006, n. 17999; Cass. pen., 24.3.2009 n. 30072; Cass. pen., 14.10.2009, n. 2741.
2 Aprile, E., Osservazioni a Cass. Pen., Sez. II, 17 maggio 2007, n.29914, in Cass. Pen., 2008, 12, 4724; Romano, M., Avviso della conclusione delle indagini : atto definitorio di una fase del procedimento penale?, in Arch. Pen., 2008, 1, p.183; Silvestri, P., Osservazioni a Cass. Pen., Sez. II, 3 maggio 2006, n. 17999, in Cass. Pen., 2008, 2, 652.
3 Cass. pen., 11.7.2011, n. 34828; Cass. pen., 18.11.2010, n. 42957; Cass. pen., 9.2.2010, n. 8029; Cass. pen., 18.3.2009, n. 18576; Cass. pen., 24.5.2007, n. 35078; Cass. pen., 17.5.2007, n. 29914.