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Situazione in cui un soggetto, privato o sovrano, non può o non vuole adempiere puntualmente alle proprie obbligazioni contrattuali o extra contrattuali. In finanza sono di grande rilievo le situazioni di d. (it. «insolvenza») rispetto al pagamento dei debiti (in particolare quelli rappresentati da emissioni obbligazionarie) o all’adempimento degli obblighi relativi a strumenti finanziari derivati, negoziati con controparti private (➔ over the counter), quindi privi della garanzia di una borsa. Mentre il diritto commerciale si occupa delle situazioni di d. quando esse si sono già verificate, regolamentandone gli effetti con le procedure concorsuali, la finanza considera i d. come eventi futuri aleatori, da studiare con sofisticati strumenti di calcolo delle probabilità in vista delle conseguenze sulla valutazione degli strumenti finanziari collegati al d. stesso. In generale, uno strumento finanziario che comporta obblighi per un contraente privo di rischio di d. avrà un rendimento inferiore a quello riconosciuto allo stesso strumento emesso da un contraente a rischio di d. non nullo.
La differenza fra i rendimenti di strumenti che si differenziano esclusivamente per il rischio di d. dell’emittente, e per il resto identici, si dice d. spread o più precisamente credit spread quando si riferisca alle obbligazioni emesse da Stati sovrani. Grande popolarità hanno avuto verso la fine del primo decennio del 21° sec. gli spread fra i Bund decennali tedeschi (considerati come emblematici di un d.-free bond) e i BTP italiani o i Bonos spagnoli. Lo spread è misurato dalla differenza fra i tassi di interesse su base annua delle cedole di questi titoli a lungo termine ed è riassunto in punti base (100 punti base = 1% di differenza fra i tassi di interesse). In definitiva, il d. spread è un particolare tipo di premio al rischio, non dissimile concettualmente dai premi che compensano altri tipi di rischi. Esso compensa l’assunzione del rischio di d. derivante dal legame contrattuale con una controparte soggetta a tale rischio.
Per gestire il rischio di d. della controparte (e in modo particolare il rischio di credito) si possono usare derivati creditizi. Il più importante fra questi è il credit d. swap, uno swap che dà diritto alla parte in posizione lunga di vendere a quella in posizione corta al valore nominale (dunque senza subire perdita alcuna) un’obbligazione emessa da un terzo in caso si verifichi un evento di d. dell’emittente. In contropartita la parte in posizione lunga effettua versamenti periodici per tutta la durata contrattuale. Tale copertura è adeguata se la parte in posizione corta nel credit d. swap non è a rischio di d., o almeno tale rischio non è fortemente correlato con quello dell’emittente dell’obbligazione.
Altro derivato è il credit d. option, un’opzione europea su un credit d. swap. Dà il diritto (ma non l’obbligo) di assumere una posizione lunga in un credit d. swap con un prezzo di esercizio prefissato (corrispondente alla sequenza dei versamenti periodici contropartita dello swap). È però messa fuori gioco (knocked-out) qualora si verifichi il d. prima della sua scadenza.
Caso di d. in cui sono previste procedure di ristrutturazione del debito di uno Stato tese a evitare il panico sui mercati e il tracollo dell’economia dello Stato in d., realizzando il contenimento delle perdite e la loro equilibrata ripartizione fra più creditori al fine di scongiurare pericolosi effetti di contagio del default.
Stato di insolvenza che consegue a una libera scelta del debitore, il quale lo preferisce al regolare adempimento delle proprie obbligazioni. Può verificarsi quando il creditore non abbia la possibilità di esercitare azioni di rivalsa sul debitore. Per es., nei mutui assistiti da ipoteca su immobile il debitore può trovare conveniente cessare il pagamento delle rate di mutuo rinunciando all’immobile (in gergo, consegnando le chiavi alla banca creditrice).