definizione lessicale
Nella tradizione lessicografica, la definizione lessicale è la parafrasi usata per illustrare il significato di una voce lessicale (o lemma o, più raramente, entrata). Questa parafrasi è posta generalmente dopo le informazioni di tipo fonetico (indicanti la pronuncia) e grammaticale (categoria e, eventualmente, sottocategoria grammaticale: per es., s. m., v. intr., ecc.) e può essere semplice (se la parola ha un’unica accezione) o articolata in una serie (se la parola ha più accezioni).
Da un punto di vista generale, il significato può essere definito come l’informazione principale collegata a ogni parola, che contribuisce a distinguerla dalle altre parole del lessico e a motivarne l’uso in un determinato contesto: il significato di una parola è in sostanza il suo valore informativo.
Il significato di una parola può essere di vario tipo. Una prima distinzione è quella tra significato lessicale e significato grammaticale, in base alla quale le parole che compongono il lessico di una lingua si distinguono in due grandi gruppi: le parole contenuto e le parole funzione. Mentre le prime (perlopiù verbi, nomi, aggettivi e, secondo alcuni, anche avverbi) forniscono il contenuto, le seconde (articoli, pronomi, congiunzioni e preposizioni; ➔ parti del discorso) tendono a svolgere funzioni supplementari, come quella di indicare le relazioni esistenti tra le parole che introducono il contenuto.
Una seconda distinzione è quella tra significato denotativo e significato connotativo. Il significato denotativo è la proprietà di una parola di indicare genericamente l’intera classe degli elementi che condividono le proprietà dell’oggetto designato. Ad es., la parola pesce denota genericamente la classe degli elementi che appartengono al tipo «pesce», tra i quali vi sono pesci di diverso tipo e dimensione. Il significato connotativo riguarda quegli aspetti del significato di una parola che hanno carattere di attributo: sono cioè le proprietà che possono aggiungersi al significato denotativo e specificare, per es., l’atteggiamento del parlante nei confronti del referente della parola (mamma, connotato affettivamente, rispetto a madre, non connotato).
Un ulteriore tipo di significato che va tenuto distinto dal significato denotativo è quello chiamato collocazionale (dall’inglese meaning by collocation; Firth 1957: 194): si tratta del significato che una parola assume soltanto in combinazione (tecnicamente, in collocazione; ➔ collocazioni) con un’altra parola: è il significato che battente in italiano assume in combinazione con pioggia («forte, incessante»).
Un altro tipo di significato, denominato azionale (o Aktionsart o modo d’azione o azionalità o, ancora, aspetto lessicale: per l’italiano si veda Bertinetto 1986; ➔ aspetto), è proprio delle parole che descrivono una situazione nel mondo, sia essa statica o dinamica: si tratta perlopiù di verbi e nomi deverbali. Il significato azionale può essere definito come il modo in cui una parola presenta la situazione che descrive, in relazione alle fasi che la costituiscono: per es., dormire presenta un evento colto nel suo procedere (significato azionale: processo); addormentarsi presenta un evento colto nella fase di inizio (rispetto a dormire) (significato azionale: incoativo), ecc.
È fonte di controversia la quantità di informazioni associata alla parola (informazione lessicale) che si ritiene debba entrare nella sua definizione. In genere, si suppone che debba esserne esclusa la conoscenza ‘enciclopedica’ (Marconi 1999: 43-47). Infatti, mentre l’informazione lessicale rappresenta quell’insieme di conoscenze condivise associate a un determinato elemento lessicale, la conoscenza enciclopedica è più genericamente quell’ampio insieme di conoscenze che derivano dall’esperienza del mondo. Per es., mentre l’informazione lessicale relativa alla parola pane include la sua forma (nome massa), la sua costituzione (ingredienti che lo compongono) e, in quanto manufatto, il suo scopo (prodotto a scopi nutritivi), la nostra conoscenza enciclopedica legata alla parola pane riguarda le operazioni che possiamo fare con il pane (affettarlo, sbriciolarlo, impastarlo, ma non, per es., accenderlo, ecc.), le caratteristiche più o meno temporanee che può avere (fresco, raffermo, salato, insipido, ecc.), la sua possibile costituzione (integrale, bianco, di grano duro, ecc.), il fatto che spesso viene farcito, e così via (Jezek 2005: 57).
Altro punto delicato è costituito dalla polisemia, la proprietà per cui le parole hanno più di un significato (o accezione). Data una parola polisemica, la distinzione tra le varie accezioni è infatti spesso complessa: alcuni significati si sovrappongono parzialmente, altri sono specificazioni di un significato più generale. Benché la polisemia possa apparire casuale, specialmente se valutata in relazione a singole parole e a lingue diverse, la linguistica recente ha tuttavia evidenziato come, spostando l’attenzione dalle singole parole all’intero lessico, è possibile individuare chiari schemi di polisemia, cioè alternanze sistematiche di significato, proprie di intere classi di elementi lessicali (Apresjan 1974); ad es., per quanto riguarda i nomi, si possono individuare alternanze come le seguenti:
(1) contenuto / contenitore: rompere / bere un bicchiere
(2) processo / risultato: terminare / abbattere una costruzione
(3) proprietà / persona con tale proprietà: riconoscere / salutare l’autorità
Alcune di queste alternanze sono il risultato di procedimenti ben noti, che costituiscono l’oggetto degli studi di retorica fin dall’antichità. Per es., l’alternanza contenitore / contenuto è un tipico caso di metonimia. Attraverso la ➔ metonimia, il significato di una parola si estende per contiguità concettuale a partire dall’oggetto indicato a ciò che entra in contatto con oggetti di quel tipo: quindi, per es., dal bicchiere come contenitore al bicchiere come contenuto. La metonimia è un procedimento che porta alla formazione dei significati che, nella tradizione lessicografica, vengono comunemente chiamati estesi.
Un altro procedimento fondamentale per l’espansione del significato delle parole è la ➔ metafora. Questa è alla base della formazione dei significati che nella tradizione lessicografica vengono comunemente chiamati figurati. Quando si applica una metafora, il significato di una parola si estende per una similitudine che viene istituita, tacitamente, tra due entità o situazioni. A causa di questa similitudine, la parola viene usata in un contesto diverso dall’usuale, nel quale acquista un nuovo significato: per es., piovono proteste.
Per quanto riguarda lo stile della definizione lessicale, questa può essere formulata secondo due strategie principali: quella definitoria e quella esplicativa. Nella prima, il significato è descritto in modo analitico, utilizzando, nel caso più comune, un iperonimo seguito dalla descrizione degli attributi che distinguono la parola dai suoi co-iponimi. Questo tipo di definizione è anche detta per genus proximum et differentia specifica (Zgusta 1971; Marello 1996; Atkins & Rundell 2008). Per es., nel GRADIT bicchiere è definito come «piccolo recipiente, spec. in vetro, usato per portare bevande alla bocca». In questo caso, la parola recipiente è l’iperonimo (➔ iperonimi), mentre il resto della definizione fornisce la differenza specifica (ciò che distingue bicchiere da boccale, tazza, ecc.).
Nella strategia esplicativa, il significato non è descritto nei suoi tratti necessari e sufficienti ma è contestualizzato. La parola è inclusa in un’espressione che mostra le sue tipiche preferenze distribuzionali, cioè le parole con cui preferibilmente si combina e il contesto sintattico in cui preferibilmente è utilizzata. Questa strategia, meno diffusa nella pratica lessicografica, è adottata come strategia di riferimento nel dizionario Cobuild (Sinclair 1987), in cui, per es., i verbi che hanno un soggetto di persona sono introdotti dalla formula «If you …» («Se tu ...») oppure «When you …» («Quando tu ...») (cfr. wash: «If you wash something, you clean it because it is dirty, using water and soap or detergent» («Se tu lavi qualcosa, lo pulisci perché è sporco, usando acqua e sapone o un detergente...»). Sui pro e i contro dello stile esplicativo, cfr. Hanks 1987: 205.
GRADIT = De Mauro, Tullio (dir.), Grande dizionario italiano dell’uso, Torino, UTET, 1999-2007, 8 voll.
Apresjan, Jurij (1974), Regular polysemy, «Linguistics» 142, pp. 5-32.
Atkins, Sue B.T. & Rundell, Michael (2008), The Oxford guide to practical lexicography, Oxford, Oxford University Press.
Bertinetto, Pier Marco (1986), Tempo, aspetto e azione nel verbo italiano. Il sistema dell’indicativo, Firenze, Accademia della Crusca.
De Mauro, Tullio (a cura di) (2005), La fabbrica delle parole. Il lessico e problemi di lessicologia. Torino, UTET.
Firth, John Rupert (1957), Modes of meaning, in Id., Papers in linguistics, 1934-1951, London, Oxford University Press, pp. 190-215 (1a ed. in «Essays and studies» 4, 1951, pp. 118-149).
Hanks, Patrick W. (1987), Definitions and explanations, in Looking up. An account of the COBUILD project in lexical computing and the development of the Collins COBUILD English language dictionary, edited by J.M. Sinclair, London, Collins ELT, pp. 123-136.
Jezek, Elisabetta (2005), Lessico. Classi di parole, strutture, combinazioni, Bologna, il Mulino.
Marconi, Diego (1999), La competenza lessicale, Roma - Bari, Laterza.
Marello, Carla (1996), Le parole dell’italiano. Lessico e dizionari. Bologna, Zanichelli.
Sinclair, John M. (editor in chief) (1987), The Collins Cobuild English language dictionary, London, Collins ELT.
Zgusta, Ladislav (1971), Manual of lexicography, Praha, Academia; Le Hague, Mouton.