definizione
definizione proposizione che descrive, chiaramente e sinteticamente, un ente matematico (algebrico o geometrico) servendosi di termini aventi un significato noto. In logica, si distinguono definizioni lessicografiche, che descrivono lʼuso di una parola da parte di una comunità linguistica; definizioni esplicative o esplicazioni, che mirano a rendere rigoroso lʼuso di un termine già in circolazione, e definizioni stipulative o stipulazioni, che introducono un termine nuovo, o un nuovo uso, o un nuovo simbolo (detto definiens) in sostituzione di una espressione (detta definiendum) che contenga una combinazione di parole, locuzioni o simboli che o sono stati definiti precedentemente oppure sono assunti come concetti primitivi. Una definizione (o stipulazione) è, quindi, una espressione del tipo «X è lʼespressione P», oppure del tipo «lʼespressione P si dice X», o ancora «X è uguale per definizione a P», dove P è una combinazione di parole o simboli già introdotti precedentemente. Per esempio, nellʼambito della geometria piana si può definire una nuova figura in questo modo: «Si dice deltoide un quadrilatero con due coppie di lati consecutivi di uguale lunghezza», purché tutti i termini in corsivo siano stati precedentemente definiti. Oppure, nellʼambito dellʼaritmetica, si può definire il simbolo √ in questo modo: «dato un numero non negativo n si indica con √(n) quel numero non negativo che moltiplicato per sé stesso dà n».
Una stipulazione è unʼespressione della forma «a =df b» (da leggersi «a è posto per definizione uguale a b»); «a» è detto il definiendum, mentre «b» è il definiens. Una definizione stipulativa deve soddisfare i due requisiti dellʼeliminabilità e della non creatività (dovuti a S. Leśniewski). Si dice che una definizione (che introduce un nuovo simbolo a in una teoria T) è eliminabile se per ogni proposizione S contenente a esiste una proposizione S′, non contenente a, tale che S e S′ sono dimostrabilmente equivalenti in T. Una definizione D è non creativa se non cʼè alcuna proposizione S′, non contenente il nuovo simbolo a, tale che D → S′ sia dimostrabile in T, mentre S′ non è dimostrabile in T (in altre parole, una definizione è non creativa se non consente di dimostrare proposizioni che erano formulabili, ma non dimostrabili prima della sua introduzione). Anche se introdotta in termini puramente sintattici, una definizione non è mai soltanto unʼabbreviazione linguistica, perché avvia un processo di astrazione ed è sottoposta ad alcuni vincoli di economia e compatibilità. Infatti, enuclea un concetto nuovo (se si pensa a un deltoide non ci si ridurrà ogni volta agli elementi che lo caratterizzano nella sua definizione); definisce una categoria a cui deve essere riconducibile, senza ambiguità, qualunque oggetto, per stabilire se esso ricada o meno sotto tale definizione; circoscrive lʼambito della sua applicazione agli oggetti che effettivamente sono utilizzati allʼinterno della teoria in cui tale definizione è assunta. La funzione di una definizione quale generatrice di concetti risulta ancor più evidente quando ciò che è definito non è un particolare termine allʼinterno di una teoria, ma è proprio lʼambito della teoria stessa: così, per esempio, la definizione di gruppo (che rimanda alle definizioni di insieme, di operazione e di altre nozioni algebriche generali) conduce a stabilire un sistema di assiomi che definiscono un ambito teorico: la teoria dei gruppi.
La riduzione di una nuova locuzione o simbolo ad altri precedentemente definiti pone unʼaltra questione: non può procedere a ritroso allʼinfinito e in ogni teoria esistono necessariamente termini di base che non possono essere altrimenti definiti. Qualunque costruzione teorica deduttiva muove perciò da un insieme di termini che costituiscono i concetti primitivi (o enti primitivi) della teoria stessa. Tali concetti primitivi, secondo unʼantica impostazione oppure in una presentazione ingenua o non del tutto formalizzata, rimandano a idee intuitive, cioè a concetti sui quali pare esserci lʼaccordo unanime di una comunità umana sufficientemente colta scientificamente. Per esempio, gli Elementi di Euclide si aprono con queste due definizioni: «i. Punto è ciò che non ha parti. ii. Linea è lunghezza senza larghezza». Esse rimandano ai concetti di parti, lunghezza e larghezza lasciati del tutto allʼintuizione del lettore o comunque legati allʼesperienza sensibile. Ancora alla fine del xix secolo, M. Pasch, impegnato in un lavoro di sistematizzazione della geometria, definiva punti «quei corpi la cui suddivisione ulteriore non è possibile entro i limiti dellʼosservazione». Un radicale cambiamento di questo punto di vista si verificò con la pubblicazione dei Grundlagen der Geometrie (Fondamenti della geometria, 1899) da parte di D. Hilbert. Nel testo, che è considerato la prima consapevole assunzione del metodo assiomatico da parte della matematica, i concetti primitivi della geometria, quali gli oggetti «punto», «retta», «piano» e le loro relazioni reciproche quali «giacere» o «stare fra», non hanno più, necessariamente, un riferimento oggettuale intuitivo: sono piuttosto enti astratti che ricevono definizione implicita attraverso gli assiomi che li legano. Il «punto» si definisce così attraverso le relazioni che lo pongono in rapporto con altri concetti primitivi. Per esempio: «Per due punti A, B cʼè sempre una retta che appartiene a ognuno dei due punti A, B (assioma i-1)» o «Esiste al massimo una retta che appartiene a due punti» (assioma i-2), e così via. Non si afferma mai che cosa sia un punto, ma – per così dire – si imbriglia il suo significato attraverso le relazioni che lo legano ad altri concetti primitivi: in tale modo i concetti primitivi sono definiti implicitamente dal sistema di assiomi (→ Hilbert, assiomi di; → ente geometrico).
Ulteriori caratteristiche connotano un particolare tipo di definizione, detto definizione ricorsiva (→ ricorsività), utilizzata in particolare in quel settore della logica matematica che si occupa di modelli formali di procedure effettivamente calcolabili e che ricerca, quindi, un modello di funzione non solo definibile, ma anche computabile.
Procedimento atto a caratterizzare compiutamente classi di oggetti attraverso lʼesibizione dei processi secondo i quali quelle classi vengono costituite. Per esempio, la classe dei numeri interi positivi è costituita, a partire dal numero 1, secondo il processo dellʼaggiunzione di un’unità: 1, 1 + 1, 1 + 1 + 1, ... A rigore, una definizione induttiva consta di tre passi: il primo passo stabilisce quali sono gli oggetti da cui partire, il secondo quali processi applicare e il terzo (condizione estremale) afferma che la classe definita comprende esclusivamente gli enti che si ottengono da quelli specificati nel primo passo, con gli strumenti del secondo. Le definizioni induttive stanno alla base di tutta la conoscenza metalogica contemporanea: i concetti di proposizione, di dimostrazione formale e di verità di una proposizione sono definiti induttivamente.