degnare
Il significato primario è " far degno ", " giudicar degno ". Condizionato dalla benevolenza, significa " concedere ", come in Pg I 84 se d'esser mentovato là giù degni, Rime LXXX 22 Io non ispero che mai per pietate / degnasse di guardare un poco altrui, Fiore CLXXXIV 1 (con la particella pronominale), e Rime dubbie XVIII 11; con questa stessa accezione si comporta come verbo servile, in Vn III 4 la quale m'avea lo giorno dinanzi degnato di salutare (cfr. Cavalcanti Io vidi li occhi 9-10 " Dal ciel si mosse un spirito, in quel punto / che quella donna mi degnò guardare "), Fiore LXXI 8, CCII 2. Significa altresì un gradimento (l'opposto di ‛ sdegnare '), in Pg XXI 20 se voi siete ombre che Dio sù non degni (ma qui alcuni, come Scartazzini-Vandelli e Porena, interpretano: che Dio " non reputi degne " di andar sù), e Fiore CXC 14.
Come ‛ degno ' vale anche " giusto ", " opportuno ", d. può significare " giudicar conveniente ", come in Vn XII 6 e però questa gentilissima, la quale è contraria di tutte le noie, non degnò di salutare la tua persona, temendo non fosse noiosa (cfr. Trattato del ben vivere, Firenze 1848, 7: " Che s'elli fossero certani, che uomo nol dovesse sapere, né Dio nol dovesse vendicare, non degnerebbero elli di fare un peccato "); Pd XII 138.
L'interpretazione di Pg XXX 74 Come degnasti d'accedere al monte? è controversa: antichi e moderni, come già il Landino e secondo le conferme del Parodi (Lingua 379), intendono " ti degnasti ", con valore ironico, ma con diverse giustificazioni dell'ironia (cfr. p. es. Scartazzini); altri, come già il Buti, escludono l'ironia, e intendono " ti sei reputato degno "; altri, con riferimento al significato del provenzale denhar, intendono " hai potuto " (ma contro le indicazioni del Casini si vedano L. Perrone Grande, Note dantesche, Messina 1897, e la recensione in " Giorn. stor. " XXXI [1898] 451); altri intendono, come sembra più probabile, " hai osato ": interpretazione che si conforta dello spirito del salmo In te, Domine, speravi, che gli angeli cantano in difesa del pellegrino, e che concorda con l'accezione prima indicata, " giudicar conveniente ". Sostenendo quest'ultima interpretazione, A. Medin discusse (in Due chiose dantesche, Padova 1898) le varie tesi, negando il valore ironico, e infine, identificando il colle della selva oscura con il monte del Purgatorio, vide nella battuta di Beatrice un rimprovero, perché D. ha osato, appena uscito dalla selva, accostarsi al monte prima della purificazione. G. Mazzoni, criticando l'identificazione colle-monte, accolse il significato di " hai osato ", ma lo riferì alla necessità che prima D. completi al cospetto di Beatrice gli atti che lo renderanno degno dell'Eden (" Bull. " V [1898] 166-167). Secondo il Pagliaro (Ulisse 209), " non si può non rilevare la significativa concordanza dell'ironico degnasti con l'ebbe a disdegno usato per indicare l'atteggiamento di Guido ", sì che il rimprovero sarebbe provocato dal " peccato intellettuale " e dalla resistenza dei legami, anche filosofici, con Guido Cavalcanti.