Deh, Violetta, che in ombra d'Amore
. La ballata (Rime LVIII) non ebbe vasta diffusione nella tradizione manoscritta delle Rime. Il suo testo è costituibile sulla base, anzitutto, del cod. 129 di S. Onofrio conservato nella Bibl. Naz. di Roma (foglio di guardia), del Riccardiano 1118, dell'Escorialense, del Marciano ital. IX 1961 e di qualche altro. A stampa, comparve per la prima volta nell'edizione del 1518; successivamente fu pubblicata nella Giuntina del 1527 e di lì passò nelle edizioni posteriori, sempre con un inizio diverso dall'attuale e che suonava così: Deh nuvoletta che in ombra d'Amore (cfr. Tasso " Deh, nuvoletta, in cui m'apparve Amore ", e Carducci Alla Regina d'Italia " o nuvola / che in ombra d'Amore trapassi, / - l'Alighieri cantava - / sorridi! "). La lezione Violetta fu restaurata dal Casini, il quale la dedusse dai citati codici Naz. Rom. 129 e Ricc. 1118. Dopo di lui, lo Zenatti segnalò la presenza di Violetta in luogo di nuvoletta nella stampa del Crescimbeni (Istoria della volgar poesia, V, CL. I, n. 65), il quale dichiara di aver utilizzato il codice Boccoliniano, attualmente perduto. Lo Zenatti rimise anche in discussione la dedicataria della rima, fino ad allora comunemente ritenuta Beatrice (v. la voce Violetta). Con tutta probabilità, Deh, Violetta si deve accostare a Per una ghirlandetta e alla stanza Madonna, quel signor (il soave fiore del v. 15 indica Fioretta e Violetta), dettate tutte e tre per la stessa donna, reale o immaginaria essa fosse.
Il clima in cui nasce la lirica lo si fa generalmente corrispondere a quello del primo entusiasmo lirico che si accompagnò in D. al profilarsi dell'amicizia con Guido Cavalcanti, che gli permise di rinnovare i propri modi rispetto alle direttive di Guittone e dei guittoniani. Il Contini però nega una derivazione cavalcantiana a questa ballata. Il suo valore, in effetti, è puramente musicale, non raggiunge mai la dolorosa drammaticità della poesia del Cavalcanti, il cui influsso, semmai, sarà avvertibile in D. più tardi. La ballata, quindi, partecipa piuttosto di un generico stilnovismo: che l'imparenta, ad es., con le fragili ballatelle di Lapo Gianni. Il motivo dominante, il filo conduttore di essa è rappresentato dall'esperienza ormai estenuata dell'amore cortese, tradotta in termini lirici con gusto raffinato e aristocratico, su toni scherzosi e leggiadri. La stessa esperienza, cioè, che informa Per una ghirlandetta, Guido, i' vorrei, Volgete li occhi, Deh ragioniamo, Sonar bracchetti, Madonna, quel signor. La trama è esilissima, quasi gratuita: l'apparizione improvvisa della donna, immagine stessa dell'Amore (cfr. Ep IV 2 subito heu! mulier, ceu fulgur descendens apparuit), ha colpito il poeta che le chiede mercè. Si riscontra in questi versi lo stesso motivo psicologico della speranza intorno a cui è costruita la stanza Madonna, quel signor, con una variazione del tema, però. L'ispirazione e la modulazione della lirica poggiano sul contrasto di fondo tra speranza e desiderio (Deh non guardare perché a lei mi fidi, / ma drizza li occhi al gran desio che m'arde, vv. 11-12), sul quale viene a innestarsi lo spunto, tipico del mondo occitanico, della ‛ dannosa tardanza ' (ché mille donne già per esser tarde / sentiron pena de l'altrui dolore, vv. 13-14), comune anche a un'altra rima di D., la canzone La dispietata mente. L'analogia tra i due testi, anzi, non si arresta qui, ma include pure un certo tono popolareggiante, simile in entrambi. Infine, si conosce il nome dell'autore della musica composta per la ballata. Pare si tratti di un tal Scochetto del quale ci tramanda notizia il Crescimbeni (l. c.) che sostiene di aver letto nel codice Boccoliniano e in testa alla lirica: " Parole di Dante, e suono di Scochetto ".
Bibl. - T. Casini, Aneddoti e studi danteschi, Città di Castello 1895; O. Zenatti, Violetta e Scochetto: noterella dantesca, in " Gazzettino letterario ", Catania 4 maggio 1899.