Dei in famiglia, dei in azione
Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Nella consueta presentazione in ordine alfabetico, i ritratti "canonici" degli dèi greci sono il risultato di una semplificazione che occulta le significative e duttili architetture interne al mondo degli dèi. Senza pretese di esaustività e focalizzando l’attenzione su diversi tipi di configurazioni divine, ora presenti nelle fonti antiche, ora ricostruite a posteriori, è possibile illustrare particolari aspetti del funzionamento del pantheon, evocando al tempo stesso le competenze più frequentemente riconosciute alle principali divinità.
I cosiddetti dèi dell’Olimpo non esauriscono il mondo divino, ma ne costituiscono senz’altro l’insieme più rappresentativo, poiché sono al centro sia della vita cultuale delle città greche sia di buona parte dei racconti tradizionali. Per farsi un’idea di questa famiglia divina e della sua architettura, i poemi arcaici, in particolare il corpus omerico e quello esiodeo, si rivelano ancora una volta le migliori guide.
Estremamente significativi per l’organizzazione del kosmos ("ordine") di Zeus – quale viene descritto in particolare da Esiodo – sono la politica matrimoniale del dio sovrano e i figli che nascono dalle sue unioni con dee e non solo (Teogonia, 886-962). Ingoiata l’astuta Metis, figlia di Oceano, Zeus dà alla luce Atena, figlia prediletta "che ha forza pari al padre e accorto consiglio" (Esiodo, Teogonia, 896), e infatti nasce tutta armata dalla testa di Zeus.
Dall’unione di questo con Themis, la "norma", nascono le Moirai, le "Parti", che presiedono alla giusta ripartizione, nonché le Horai: tali dee, che portano teonimi trasparenti quali Dike, "Giustizia", Eirene, "Pace", e Eunomia, "Buon governo", non incarnano esattamente le "Stagioni", ma piuttosto le circostanze propizie per ogni tipo di "fioritura" e realizzazione. Da Zeus e Eurinome, una delle Oceanine, nascono le Cariti, ovvero le "Grazie", amabili dee della charis, che presiedono non solo allo charme erotico e più in generale al carisma (che promanano dall’individuo quali manifestazioni del favore divino), ma anche allo scambio e alla reciprocità.
Dall’unione di Zeus con Demetra, dea che protegge il suolo fertile e la cerealicoltura, nasce poi Persefone: la "fanciulla" divina è destinata dal padre a diventare la sposa di Ade, il signore degli inferi, e a tessere così un importante legame tra l’Olimpo e il regno sotterraneo.
Con Mnemosyne, "Memoria", il divino sovrano genera le nove Muse, potenze legate al canto, alla danza e alla parola ispirata, quella dei poeti – la "memoria" è una componente fondamentale della poesia orale –, ma anche quella dei re. La dea Letò partorisce poi a Zeus una coppia di figli, Apollo e Artemide, che occupano un ruolo di primo piano nella famiglia degli Olimpi: il dio, i cui attributi più emblematici sono l’arco e la lira, riceverà il privilegio di trasmettere ai mortali i voleri del padre Zeus e, come Artemide la vergine arciera, anche quello di vegliare sul percorso che conduce i mortali dall’infanzia all’età adulta.
Ma tra le dee con cui Zeus si unisce ve n’è una che, stabilmente al suo fianco, gode di uno statuto privilegiato: Era, la sposa "definitiva" di Zeus (Esiodo, Teogonia, 921: loisthotate, "ultimissima"), regina degli dèi, che condivide il letto e il trono con suo fratello; i figli che la tradizione assegna alla coppia sovrana sono Ares, il guerriero divino, Ebe, "Giovinezza", e Ilizia, dea del parto.
Un altro degli Olimpi è Efesto, che presiede all’elemento igneo e alle tecniche, e sarebbe stato generato dalla sola Era in risposta polemica alla nascita di Atena dal solo Zeus, mentre secondo altre tradizioni sarebbe figlio di entrambi. Altre divinità ancora, sempre figli del dio sovrano, integreranno l’Olimpo, per volontà del padre Zeus: Ermes, il messaggero degli dèi, dio non solo degli araldi, ma anche dei ladri; Dioniso, generato da una mortale, Semele, ma "ri-nato" immortale da Zeus, nella cui coscia aveva completato la sua gestazione, un dio questo dalle infinite trasformazioni, legato al vino, all’estasi, al teatro; infine Eracle, figlio della mortale Alcmena, il solo eroe che dopo innumerevoli prove ottiene il privilegio dell’immortalità e dell’eterna giovinezza, e con esso la mano della divina Ebe (Teogonia, 921-955).
Esiodo
I figli di Zeus ed Era
Teogonia, vv. 921-955
Per ultima, fece sua sposa Era fiorente, che dette alla luce Ebe, Ares e Ilizia, mista in amore al re degli dèi e degli uomini. Lui in persona dalla sua testa generò Atena occhio azzurro, terribile eccitatrice di tumulti, invitta trascinatrice di eserciti, sovrana, a cui piacciono gli strepiti, le guerre e le battaglie; Era senza unirsi in amore, l’inclito Efesto generò, e divenne furente e contese con lo sposo, eccellente nelle arti fra tutti i discendenti di Urano. [...] A Zeus poi l’atlantide Maia generò Ermes illustre, araldo degli immortali, ascesa al sacro letto. A lui ancora la cadmea Semele generò un celebre figlio, unita in amore, molto glorioso, lei mortale un immortale: ma ora entrambi sono dèi. Quindi Alcmena dette alla luce Eracle forte, mista all’amore di Zeus adunatore di nubi. [...] Ebe, il forte figlio di Alcmena bella caviglie, Eracle prode, terminate le luttuose fatiche, la figlia del grande Zeus e di Era aureocalzare, fece sua sposa pudica nell’Olimpo nevoso; felice, lui che, compiuta una grande impresa, tra gli immortali risiede incolume e per sempre ignaro di vecchiaia.
Esiodo, Teogonia, trad. it. di E. Vasta, Milano, Mondadori, 2004
Tra le divinità che, occupando un ruolo di primo piano nel mondo divino, trovano posto anche nella famiglia di Zeus, occorre ricordare Afrodite, che presiede all’unione sessuale e scatena l’indomabile Eros.
Questa dea, secondo la Teogonia di Esiodo, è figlia del solo Urano e appartiene alla generazione divina che precede quella degli Olimpi, mentre nell’Iliade è presentata come figlia di Zeus e Dione; secondo una variante omerica, Afrodite avrebbe sposato l’infermo Efesto, senza però rinunciare alla sua passione per Ares, ed è appunto Ares, il dio bello e furente, figlio di Zeus ed Era, che nella tradizione più diffusa, da Esiodo in poi, risulta essere il suo partner ufficiale.
Tra i figli di Crono e Rea, che strutturano con le loro unioni e la loro discendenza la famiglia degli Olimpi, accanto a Zeus, Era, Demetra e Ade, vi sono anche Poseidone, signore degli abissi marini (ma non solo), con la sua sposa Anfitrite, e la vergine Estia (la dea del focolare) che, avendo invece rinunciato a sposarsi, garantisce con la sua immobilità la permanenza di ogni oikos ("casa, casato"), a cominciare da quello degli Olimpi stessi.
Mentre Esiodo descrive la famiglia degli Olimpi in funzione del contesto teogonico, privilegiandone l’architettura genealogica e i vincoli di parentela, nei poemi omerici il mondo degli dèi si riorganizza in funzione di altri contesti narrativi: nell’Iliade, ad esempio, poema incentrato sulla guerra tra Achei e Troiani, il pantheon riflette questo conflitto dividendosi tra divinità favorevoli agli Achei (in particolare Era, Atena e Poseidone) e quelle che invano proteggono i Troiani (in particolare Apollo, Afrodite, Ares), mentre altri dèi, pur ben noti ai Greci dell’epoca arcaica, come Demetra e Dioniso, vi occupano una posizione tutto sommato marginale.
Questo avviene perché il mondo degli dèi non è una realtà statica, ma eminentemente dinamica, che si riconfigura di poema in poema, come d’altronde di città in città, per aderire con le sue duttili articolazioni interne a ogni specifico contesto, sia esso narrativo o storico.
I dati del culto permettono di integrare con informazioni essenziali i profili delle divinità disegnati dalle fonti letterarie e solo sommariamente evocati nel paragrafo precedente. Il modo in cui gli dèi greci intervengono nella sfera del "politico" costituisce un buon esempio per illustrarne alcuni specifici modi d’azione. La maggior parte delle principali divinità può essere chiamata a proteggere, nei suoi vari aspetti, la vita delle città greche, mettendo le proprie competenze al servizio della polis. Beninteso tutte le potenze divine che siano oggetto di un culto pubblico si vedono riconosciute ipso facto un ruolo essenziale per la salvaguardia e il buon funzionamento della vita comunitaria. Ve ne sono poi talune che sembrano collegarsi in maniera più specifica alla polis, alle sue istituzioni, ai suoi luoghi e ai suoi rappresentanti.
L’epiteto cultuale che indica più chiaramente le prerogative politiche, o per meglio dire "poleiche", della divinità onorata è proprio Polieus/Polias, "della città", o Poliouchos, "che tiene la città". Il Polieus per eccellenza è Zeus, come conviene alla divinità che incarna il principio di sovranità e gli aspetti istituzionali del potere. Lo stesso titolo al femminile, Polias, è attribuito nella maggior parte dei casi ad Atena, la figlia di Zeus. Non sorprende che Zeus Polieus e Atena Polias possano essere onorati congiuntamente, come accade nell’isola di Rodi o in quella di Cos. Ciò non significa che le due divinità siano intercambiabili, ma che esse sono chiamate a coniugare la propria azione in favore della polis.
Si consideri che raramente Zeus si erge a divinità tutelare di una specifica città, funzione più spesso affidata ad Atena, Era o Apollo, quasi che i Greci abbiano resistito a porre sistematicamente il dio sovrano al vertice dei pantheon particolari: un’eccezione che conferma la regola, per il carattere panellenico del culto, viene da Olimpia, dove Zeus occupa la sommità del pantheon, affiancato dalla consorte Era.
Ad Atene Zeus Polieus è certo onorato sull’acropoli, ma la divinità tutelare, nonché eponima, della città è appunto Atena, un’Atena Polias, direttamente e concretamente implicata nella protezione dei cittadini.
Non è forse un caso che, secondo una tradizione ben nota, Atena avrebbe ricevuto proprio dal padre Zeus il suo attributo più emblematico, e cioè l’egida, una sorta di tunica a frange, capace di terrorizzare e respingere ogni nemico. Armata di elmo e di scudo, raffigurata sull’acropoli stessa nella sua figura di combattente (l’Atena Promachos), onorata poco distante come Atena Nike, "Vittoria", la figlia di Zeus diventa in un certo senso lo "scudo" stesso della città e, per il legame privilegiato con Zeus, una mediatrice efficace tra gli interessi del suo popolo e l’autorità del sovrano divino.
Un’altra divinità strettamente collegata alla sfera del politico è Estia, onorata nel Pritaneo, centro vitale nell’amministrazione del potere e luogo altamente simbolico, perché vi era custodito il focolare civico. Le prerogative politico-istituzionali di Estia sono illustrate anche dalla sua epiclesi di Boulaia, che ne fa la dea tutelare "del Consiglio", e dalla sua associazione nel culto con Zeus Boulaios (ad esempio nell’isola di Thasos).
Un altro spazio civico rappresentativo della polis era l’agorà, e Agoraios è spesso un titolo di Ermes, mentre la stessa epiclesi al femminile, Agoraia, è attribuita ad Artemide, Atena e Afrodite. Nella città di Callatis gli dèi "dell’agorà" hanno il nome di Zeus, Themis, Ermes e Afrodite: in questa configurazione al dio sovrano e alla potenza "normativa" di Themis si associano due figure divine quali Afrodite ed Ermes, che condividono prerogative in materia di scambio, persuasione e comunicazione.
Afrodite ed Ermes si rivelano infatti particolarmente competenti nel tutelare l’agorà e le sue molteplici attività, come lo sono nel proteggere, in altri contesti, i collegi dei magistrati. La salvaguardia di una comunità passa anche per l’esercito e i suoi generali: il più delle volte è la divinità tutelare che si incarica di assicurare alla sua città difesa e vittoria, ma numerose sono le potenze divine che possono essere chiamate a intervenire, ognuna a suo modo, nella sfera militare e nell’attività bellica: se Zeus protegge l’esercito e consacra la vittoria, Atena e Ares agiscono piuttosto sul campo di battaglia, mentre Artemide interviene di preferenza in situazioni estreme.
Persino Afrodite, comunemente ritenuta estranea alle opere della guerra, rivela di possedere all’occorrenza competenze non solo politiche, ma anche militari: se, in quanto Timouchos, la dea protegge i collegi dei magistrati, come Stratagis tutela più in particolare gli strateghi; e se, in quanto Pandemos, "di tutto il popolo riunito", Afrodite tutela la formazione e il buon funzionamento del corpo civico, come Strateia, "dell’esercito", si dimostra in grado di proteggere anche il corpo armato della polis.
Si racconta che, dopo essersi confrontati per ripartirsi gli onori e le regioni dell’universo, gli dèi presero a contendersi le città degli uomini e il ruolo di divinità tutelare: queste dispute, veri e propri episodi fondativi e per questo collegati ai primordi della città, si concludono spesso ai danni di Poseidone, il quale deve cedere ad Atena la polis attica che dalla dea prenderà appunto il nome (Apollodoro, Biblioteca, III, 14, 1), e a Era l’Argolide, regione del Peloponneso nel cui pantheon la sposa di Zeus è più sovrana che altrove (Pausania, II, 15, 5).
Tali contese, lungi dal contemplare l’esclusione del dio sconfitto a vantaggio esclusivo del vincitore, mettono in scena piuttosto la strutturazione di un pantheon locale: Poseidone, ad esempio, occupa un ruolo di primo piano nel pantheon ateniese ed è onorato sull’acropoli accanto alla figlia di Zeus; nella disputa per la Corinzia, dove Poseidone retrocede di fronte a Elio, quest’ultimo riceve la città e l’Acrocorinto per poi cederli a sua volta ad Afrodite, ma il signore del mare ottiene l’Istmo; a Trezene Atena e Poseidone, dopo essersi contesi la città, ne assumono congiuntamente la tutela per decreto di Zeus, e se la dea vi riceve il consueto titolo di Polias, Poseidone ottiene il privilegio di essere denominato Basileus, "Re" (Pausania, II, 30, 6).
Apollodoro
Le contese tra gli dèi per il possesso delle città
Biblioteca, Libro III, 14, 1
Fu allora – dicono – che gli dèi decisero di insediarsi nelle città, dove ognuno di loro avrebbe avuto il suo culto (timas) personale. Poseidone per primo si recò in Attica, vibrò un colpo di tridente all’acropoli e fece apparire un mare che oggi chiamano mare Eretteide. Dopo di lui venne Atena che prese Cecrope come testimone del suo insediamento e piantò un olivo, quello che ancor oggi si vede nel Pandroseio. Scoppiò una contesa tra i due per il possesso del territorio, e Zeus volle comporla dando loro come giudici non già Cecrope e Cranao – come hanno detto alcuni –, e neppure Erisittone, bensì i dodici dèi. Essi decisero che il territorio fosse assegnato ad Atena, perché Cecrope testimoniò che la dea per prima aveva piantato l’olivo. Atena diede quindi il suo nome alla città e Poseidone, furibondo, inondò la pianura di Tiria e sommerse l’Attica intera.
Apollodoro, I miti greci, a cura di P. Scarpi, Milano, Fondazione Lorenzo Valla, 1996
Pausania
Le contese tra gli dèi per il possesso delle città II
Guida della Grecia, Libro II, 15, 5
Questi (Foroneo, figlio del fiume Inaco) fece da giudice tra Poseidone e Era per il possesso della terra, e con lui giudicarono anche i fiumi Cefiso e Asterione: avendo essi deciso che la terra apparteneva ad Era, Poseidone fece sparire loro l’acqua. Per questo, né Inaco, né alcun altro dei fiumi menzionati hanno acqua, se non quando è piovuto.
Pausania, Guida della Grecia. Libro II. La Corinzia e l’Argolide, a cura di D. Musti e M. Torelli, Milano, Fondazione Lorenzo Valla, 1986
Pausania
Le contese tra gli dèi per il possesso delle città III
Guida della Grecia, Libro II, 30, 6
Dicono che sotto il suo regno (di Altepo, figlio di Poseidone) Atena e Poseidone si disputarono la regione e che, dopo la disputa, la possedettero in comune, perché così Zeus ordinò loro. E per questo venerano sia Atena, che chiamano insieme Polias e Sthenias (la “Forte”), sia Poseidone, soprannominato “Re” (Basileus); inoltre le loro monete antiche hanno come effigie il tridente di Poseidone e il volto di Atena.
Pausania, Guida della Grecia. Libro II. La Corinzia e l’Argolide, a cura di D. Musti e M. Torelli, Milano, Fondazione Lorenzo Valla, 1986
Il pantheon di una città greca è, come abbiamo già detto, una realtà articolata e dinamica; tra l’altro non sempre la divinità "poliade" o acropolitana coincide perfettamente con la divinità tutelare, come accade ad Atene: si pensi ad Argo, su cui Era regna sovrana dal suo santuario territoriale, mentre un’Atena "dallo sguardo acuto" (Oxyderkes) difende la città dall’alto dell’acropoli, o a Sparta, dove il culto acropolitano dell’Atena Poliouchos non priva Apollo del suo ruolo fondamentale nel pantheon lacedemone. Soprattutto, la vita religiosa della polis non si esaurisce nel culto tributato a una o a qualche divinità, siano esse tutelari, "poliadi" o dallo spiccato profilo politico. Il pantheon di una città greca riflette in complessità, talvolta con variazioni locali anche significative, la ripartizione delle timai tra le molteplici potenze divine che, sotto l’alto patronato di Zeus, operano nel mondo e reggono, nei suoi svariati aspetti, la vita dei mortali.