DEIMA (Δεῖμα)
Nome attribuito da Pausania (ii, 3, 7) ad una statua della personificazione della paura e dello spavento, che si trovava in Corinto, sulla cosiddetta tomba dei figli di Medea. Narra la leggenda, riferita da Pausania, che i fanciulli avendo portato i doni avvelenati della madre a Glauco furono ingiustamente lapidati dai Corinzî, i quali in seguito ad una pestilenza che colpiva i loro stessi bambini, consultato l'oracolo, eressero in espiazione questa statua e offrirono sacrifici annuali. Dopo la conquista romana e la dispersione dei Corinzî, la statua restò al suo posto, non più oggetto di venerazione, e così fu vista dal periegeta.
A Sicione Pausania (ii, 7, 7) ricorda un luogo chiamato Phobos, dove ad Apollo ed Artemide, reduci dall'uccisione del Pitone, sarebbe apparsa una immagine del D., cioè lo stesso demone Phobos, tanto che ancora ai suoi tempi era rimasto il nome in ricordo dell'avvenimento.
Bibl.: Waser, in Pauly-Wissowa, IV, col. 2385; E. Bernert, in Pauly-Wissowa, XX, col. 319, s. v. Phobos; H. W. Stoll, in Roscher, I, col. 978.