deindustrializzazione
Processo di cambiamento economico e sociale che avviene progressivamente in un dato territorio e comporta una riduzione del peso delle produzioni industriali, a favore della crescita del settore terziario.
Il fenomeno della d. è generalmente associato a diversi fattori, tra i quali: progresso tecnologico, spostamento progressivo dell’occupazione verso il settore dei servizi (dovuto a un più lento tasso di sostituzione tecnica tra capitale e lavoro), deficit delle esportazioni, migrazione di strutture produttive verso aree a basso costo della manodopera, cambiamento sul piano internazionale della struttura dei vantaggi comparati (➔ vantaggio). La d. viene solitamente misurata attraverso la diminuzione della quota percentuale degli occupati industriali sul totale della forza lavoro. W.W. Rostow considera la d. come una fase naturale dello sviluppo delle società avanzate e pone in evidenza come in alcune di esse il consumo dei beni durevoli sia stato caratterizzato da un’utilità marginale relativa decrescente.
Nei Paesi sviluppati, il processo di d. è avvenuto in tempi diversi ed è progredito a velocità differenti. Dapprima è emerso negli Stati Uniti, con una diminuzione della quota dei lavoratori dedicati alla manifattura di circa 12 punti percentuali tra il 1965 e la metà degli anni 1990; in Giappone e in Europa, invece, si è manifestato verso la metà degli anni 1970 ed è progredito più lentamente. Nei processi di d. sono considerati fattori strategici di crescita, il capitale intellettuale e la velocità con cui vengono trasmesse le informazioni; è per questo che le infrastrutture di telecomunicazione (telefonia, internet, broadband) sono una componente rilevante nelle dinamiche di sviluppo delle economie avanzate.
Accanto al concetto di società postindustriale (sviluppatosi insieme a quello di d.) si è diffusa una serie di altri concetti affini e complementari, che si riferiscono alla trasformazione economica e sociale avvenuta per il passaggio dalla produzione e dall’utilizzo di capitale fisico all’impiego di capitale intellettuale. Ci si riferisce, per es., a società dell’informazione, network society e new service economy.
Il fenomeno della d. ha chiaramente avuto – e continua ad avere – un impatto notevole a livello sociale. Con il mutare delle fonti di reddito e delle abitudini di vita della popolazione, vengono smantellate e riqualificate vaste aree, un tempo occupate da fabbriche e capannoni, e cambiano anche gli assetti urbani. Nascono così le città postindustriali, che tendono a caratterizzarsi per lo sviluppo di business districts e per la crescita di estese aree residenziali di sobborgo. Le città postindustriali in molti casi sono segnate da una marcata disuguaglianza nella distribuzione dei redditi, in quanto si trovano a coesistere nella stessa area geografica, da un lato, professionisti qualificati e manager e, dall’altro, disoccupati e lavoratori scarsamente remunerati che stentano a trovare occupazione nei nuovi settori in crescita della propria realtà urbana.