DEL BALZO
. Nella Provenza, durante il sec. X, si ritrovano i primi dati storicamente certi di questa cospicua casata (Balcio, Baltio, Baucio, Baux), le cui origini, avvolte nella leggenda, sono state poeticamente rievocate nel Calendau di F. Mistral. Legata di parentela ai conti di Provenza e a quelli di Tolosa, essa era già nobile e potente allorché Raimondo del Balzo intorno al 1120 sposava Stefanetta, secondogenita di Gerberto, conte di Provenza. E poiché la primogenita aveva sposato già Raimondo III Berengario, conte di Barcellona, il possesso della pingue eredità provenzale apriva un lungo periodo di guerre turbinose, che terminavano non prima del 1251, con la sottomissione di Barral a Carlo d'Angiò, marito di Beatrice, unica erede di Raimondo IV Berengario, conte di Provenza. Non scorsero molti anni e l'impresa dell'Italia meridionale alla quale fu chiamato l'Angioino, schiuse vasti orizzonti in Italia alla cavalleria provenzale. Parecchi della famiglia del Balzo vi si unirono; e innanzi tutti Barral col figlio Bertrando, che si batté da prode a Benevento, e un altro Bertrando, signore di Berre, coi figli Ugo e Bertrando (III). Prezioso fu il loro contributo nel consolidamento della nuova dinastia: essi si distinsero sul campo di battaglia, nella pubblica amministrazione e nei maneggi diplomatici. Carlo nominò Barral gran giustiziere del regno, destinò come suo vicario a Roma il figlio di lui Bertrando e, nel 1277, gli diede la contea di Avellino e altre terre in Campania. Sorgeva così il ramo dei conti di Avellino. L'altro Bertrando fu nominato giustiziere in Abruzzo ed ebbe anche lui, con suo figlio Ugo, la sua quota di feudi. Suo figlio Bertrando, signore di Squillace e di Montescaglioso, nel 1308 sposò Beatrice d'Angiò, figlia di Carlo II e vedova del marchese d'Este e di Ferrara, che gli portò in dote la città di Andria; e con lui i D. B. svilupparono il ramo dei conti, poi duchi d'Andria.
Per il ramo dei conti di Avellino l'epoca della maggiore potenza fu il Trecento. Essi spiegarono viva attività nelle guerre del Vespro e nell'ulteriore guerra siciliana; li ritroviamo inoltre a fianco degli Angioini in altre gravi circostanze e perfino come amministratori delle contee di Forcalquier e di Provenza, ove i D. B. conservarono per parecchio tempo i possessi di Baux e di altre terre. Ma un tentativo compiuto, per vie illecite, da Ugo, terzo conte di Avellino, di far sposare suo figlio Roberto con la sorella di Giovanna I, Maria, vedova di Carlo di Durazzo, tentativo finito tragicamente, fece offuscare la fama dei conti d'Avellino, che vennero allontanati dalla corte. Mezzo secolo dopo, nel 1426, la famiglia si estingueva con Alice, vedova di Corrado, conte di Friburgo e Neuchâtel. Ma i diritti della casa furono ereditati dagli Orsini (v. orsini - del balzo) e dai Del Balzo d'Andria. Gli Orsini s'erano stretti in parentela ai conti di Avellino col matrimonio di Sveva, nipote di Barral D. B., con Roberto Orsini, conte di Nola.
Più lunga vita ebbe il ramo dei conti, poi duchi d'Andria. Il capostipite Bertrando, senatore e vicario di re Roberto in Roma nel 1323, capitano generale in Toscana nel 1326, gran giustiziere e confidente del sovrano per lunghi anni a Napoli, aveva creato il patrimonio e il prestigio della famiglia (morì nel 1351). Suo figlio Francesco, che portò per primo il titolo di duca d'Andria, sposò in seconde nozze Margherita d'Angiò, figlia di Filippo di Taranto, e diede in moglie la figlia Antonia a Federico III d'Aragona, re di Sicilia. Ma tanta potenza e le gelosie dei suoi nemici gli alienarono l'animo di Giovanna I, ond'egli cadde in disgrazia; e, tentata un'effimera resistenza con le armi, si rassegnò a capitolare. Né miglior risultato dalla lotta contro la regina ricavò suo figlio Iacopo (v.), il famoso imperatore di Costantinopoli, che venuto in possesso di tutta l'enorme eredità degli zii materni, sembrava volesse ascendere ai più radiosi destini. Invece scomparve nell'ombra, mentre suo fratello Guglielmo riusciva finalmente a ricostituire gli antichi possessi italiani e provenzali della sua famiglia e ad accrescerli con l'eredità pervenutagli dall'estinzione del ramo avellinese dei D. B. E poiché tale ricostruzione, economica e politica a un tempo, si compiva alla vigilia dell'avvento degli Aragonesi nel regno, l'averne egli, e soprattutto suo figlio Francesco, abbracciato le parti, valse ai duchi d'Andria un nuovo periodo di lustro e di potenza insperata. Francesco (II) fu assai caro ad Alfonso d'Aragona; e un legame di sangue li avvinse col matrimonio di Isabella di Chiaromonte, sorella di sua moglie Sancia di Copertino, con Ferdinando, duca di Calabria. Al quale fu tra i pochi a restar fedele durante la formidabile ribellione baronale; onde il D. B. fu assediato in Andria dal principe di Taranto Giovanni Antonio Orsini - Del Balzo. Ma si difese con valore; e quando nel 1464 la pace tornò nel regno, egli ottenne una parte delle terre confiscate all'Orsini e la dignità di gran connestabile. In questa carica re Ferdinando confermò suo figlio Pirro, e volle che la primogenita di lui, la soave e infelice Isabella, fidanzata del duca di Calabria, sposasse, dopo l'immatura morte del giovane principe, l'altro suo figliuolo Federico, che doveva essere l'ultimo disgraziato sovrano aragonese di Napoli. Ma poi Pirro D. B. figura tra i baroni cospiranti contro re Ferdinando nel 1486, e, in conseguenza, fu colpito dal castigo che gravò sugli altri ribelli. Con lui, ch'ebbe il dolore di vedersi precedere nel sepolcro dal figlio Federico, marito di Costanza d'Avalos, si estinse la linea primogenita dei D. B. d'Andria. E nel 1530 si estingueva con Francesco anche il ramo secondogenito dei conti di Castro ed Ugento, sorti con Alghiberto, fratello del povero Pirro.
La casa Del Balzo vive tuttora. Essa vorrebbe riallacciarsi a Bianchino, terzogenito di Francesco, primo duca d'Andria, che fu costretto ad emigrare in Lombardia, ove tenne il comando delle truppe di Galeazzo Maria Sforza. Il nipote Battista ritornò a Napoli e servi Ferdinando d'Aragona, da cui ricevette i feudi di S. Croce, Casa Selvatica e Mirabello nel Molise. Ebbe due figli, Vincenzo e Francesco; dal primo discese il ramo dei baroni di S. Croce, estintosi nel sec. XVIII; dal secondo, quello dei signori degli Schiavi, che si suddivisero nella linea dei duchi degli Schiavi (1681), estintasi nel sec. XVIII, e in quella dei duchi di Caprigliano (1696) e di Presenzano (1749), vivente tuttora a Napoli.
Ma contemporaneamente ai D. B. trapiantati in Italia, altri rami della famiglia vigoreggiarono, sin quasi alla fine del sec. XV, in Francia: quelli d'Orange, di Camaret e di Sérignan, di Condorcet, di Suze, di Solérieux e di Courthezon, di cui due rampolli, al tempo di Carlo II e di Roberto d'Angiò, vennero in Italia e, per i servigi da loro prestati, ebbero rispettivamente la contea di Soleto e quella d'Alessano. Ai Del Balzo di Soleto appartiene quel conte Bertrando, che, già fedele servitore di Roberto d'Angiò, divenne il personaggio più fido di Giovanna I. Dall'invasione ungherese alla guerra siciliana, dalle traversie per la successione al trono alle rinascenti turbolenze feudali, la regina trovò in Bertrando un uomo di senno e di polso, che seppe non smarrirsi mai nelle più intricate situazioni. I Del Balzo di Francia non raggiunsero la potenza politica dei loro consanguinei italiani, ai quali si tennero legati non solo per la forte coscienza di schiatta che conservarono, ma anche per i frequenti reciproci matrimonî e per i comuni interessi economici, poiché soltanto al tempo della depressione del baronaggio per opera di Carlo VII e di Luigi XI, i D. B. italiani perdettero i loro beni in Provenza, e i D. B. francesi, già in parte estinti, vedevano dileguare lo splendore dell'antico lignaggio. Dalla Provenza e dall'Italia meridionale altri D. B. emigrarono in Sardegna e, durante il Tre e il Quattrocento, nel Montenegro, nell'Albania, nell'Ungheria e nella Romania, partecipando alle vicende di quei paesi.
Bibl.: Oltre ai genealogisti napoletani (Ammirato, Campanile, Della Marra, Candida-Gonzaga) e gli storici del Regno di Napoli (Summonte, Di Costanzo, Troyli, Tutino, ecc.), v. L. Barthélemy, Inventaire chronologique et analytique des chartes de la Maison de Baux, ecc., Marsiglia 1882; F. Mistral, Øuvres, Parigi 1887; B. Croce, La regina Isabella Del Balzo, Napoli 1897; A. Fabre, Histoire de Provence, Marsiglia 1834; G. Gelcich, La Zedda e la dinastia dei Balscidi, Spalato 1899; De la Pise, Histoire des princes et de la principauté d'Orange, L'Aia 1640; F. Lenormant, Turcs et Monténégrins, in Revue des Deux Mondes, 1910; G. Noblemaire, Histoire de la Maison de Baux, Parigi 1913.