DEL CERVELLIERA, Giovanni Battista
Figlio di Pietro - a sua volta figlio di un altro Pietro proveniente dalla Corsica (Milanesi, in Vasari, II, p. 469, n. 2) - che aveva una bottega di legnaiuolo presso S. Martino alla Pietra di Lungarno (Supino, 1893, p. 167), nacque a Pisa, dove fu battezzato nella cappella di S. Lorenzo alla Rivolta il 19 giugno 1489 (Tanfani Centofanti, 1897, p. 71). Non si hanno notizie documentarie sulla formazione del D. presumibilmente avvenuta nella bottega paterna. La maggior parte dell'attività artistica del D., artigianale di ottimo livello, fu assorbita da lavori per l'Opera del Duomo di Pisa, andati perduti, nella quasi totalità, durante l'incendio che colpì la cattedrale nel 1595.
Nel 1522 il D. intagliò un sedile, da collocare davanti al coro della cappella dell'Annunziata, e nell'anno successivo eseguì una perizia del S. Biagio di Pandolfo Fancelli di Bernardo (Tanfani Centofanti, 1897, p. 412), oggi posto presso la porta di S. Ranieri. Nel medesimo anno aveva fornito il disegno per un altare destinato alla chiesa di S. Maria della Spina (Tanfani Centofanti, 1871, p. 104); l'opera non è rintracciabile, ma questa notizia giustifica l'appellativo di architetto con cui talvolta viene nominato il D.; si ignorano altri interventi consimili.
Nel periodo successivo il D. - che nel 1524 aveva intagliato un sedile per il fonte battesimale - fu impegnato a vario titolo nelle opere di ripristino delle porte di Bonanno Pisano sulla facciata della cattedrale pisana (anch'esse andate distrutte nel 1595): dapprima aiutò Tomeo della Fratta di Gerardo nel getto di alcune parti in bronzo destinate al restauro (Tanfani Centofanti, 1897, p. 479), quindi provvide alla nuova foderatura lignea dei battenti (ibid., p. 71). Negli anni Trenta gli vennero ordinati diversi lavori di intaglio per la sagrestia e per l'organo, nonché per la posa in opera delle campane chiamate "l'Ave Maria" e "lo squillone nuovo" (Supino, 1893, p. 167); talora si trattava, evidentemente, di interventi di carattere ordinario, come risulta da un pagamento del 1532 (Tanfani Centofanti, 1897, p. 71) dove le sedie eseguite dal D. vengono contate a metraggio - "braccia 35 di sedie" - e non a numero.
Non essendo assegnabili con certezza al D. i pochi lavori di intaglio cinquecentesco, la cattedra episcopale del 1536 è da considerarsi l'unica sua opera che ci sia rimasta ancora nel duomo pisano (Da Morrona, 1812, I, p. 303). La cattedra, affiancata da due scranni, presenta un dorsale ad arco a pieno centro, con due colonnette che inquadrano uno specchio intarsiato. L'opera (forse rimaneggiata lievemente dopo l'incendio cinquecentesco) è priva dei consueti motivi decorativi dell'arte lignea del XVI sec. e richiama, invece, in linea con la personalità artistica del D., stilemi già sperimentati alla fine del Quattrocento.
Nel 1535 il D. aveva richiesto all'Opera del Duomo un aiuto finanziario per la sorella, diventata monaca: è questo l'unico cenno documentario sulla famiglia dell'artista, che non risulta essersi mai sposato o avere avuto figli (Supino, 1893, p. 172). A questa data, inoltre, aveva già una bottega con numerosi allievi; i nomi riportati nei documenti sono quelli di Puccio di Puccio, Giovanni di Pietro, Benedetto e Bartolomeo da San Lorenzo alle Grotte.
Nel 1542 il D. cominciò a lavorare ad un più complesso ordine di stalli, con l'impegno di ornarli, a lavoro ultimato, con la storia del figliol prodigo.
Vasari (II, p. 469) - definendolo "uomo veramente ingegnoso e sofistico" - gli ha erroneamente attribuito il completamento degli intarsi del coro. L'impresa del D. andò avanti a rilento, pare per colpa dell'artista, che comunque nel 1546 riuscì a farsi pagare 180 scudi come anticipo (Tanfani Centofanti, 1897, p. 73). Tre anni più tardi, non avendo terminato il lavoro, l'Opera del Duomo lo citò in giudizio, e il D. venne condannato a risarcire 100 scudi: non ottemperando alla pena, fu imprigionato (Supino, 1893, pp. 169-171). L'intervento di Luca Martini, delegato di Cosimo de' Medici, al cui servizio lavorava il D., riuscì a liberare l'artista nonché a procurargli, nell'anno successivo, un benevolo arbitrato, condotto da Nicolò di Raffaello Pericoli detto il Tribolo e da Giovan Battista di Marco del Tasso; nella loro perizia, firmata il 20 giugno 1550, i lavori già eseguiti dal D. vengono valutati pari alla somma già ricevuta (Tanfani Centofanti, 1897, pp. 73-76).
I rapporti con l'Opera pisana ripresero comunque negli anni seguenti, visto che tra il 1553 e il 1555 il D. fu pagato per un "coperchio" (perduto) per il pulpito di Giovanni Pisano, e nel 1554 venne chiamato a stimare il completamento dell'impresa da lui non finita, opera di Bartolomeo di Ruosina e Michele di Lorenzo dello Spagnolo (Tanfani Centofanti, 1897, pp. 68, 77).
Si ignora l'anno della morte del D., posta talora nel 1570 (Milanesi in Vasari, II, p. 469 n. 2; Bellini Pietri, in Thieme-Becker). È stato ipotizzato che abbia trascorso l'ultima parte della sua esistenza a Pietrasanta, per completare la cantoria dell'organo della chiesa di S. Martino lasciata incompiuta dal padre (Supino, 1893, p. 172).
Fonti e Bibl.: G. Vasari, Le vite…, a cura di G. Milanesi, II, Firenze 1878, p. 469; A. Da Morrona, Pisa illustr., Livorno 1812, I, pp. 239, 303; L. Tanfani Centofanti, Della chiesa di S. Maria del Pontenovo detta della Spina, Pisa 1871, pp. 104-106; I. B. Supino, I maestri d'intaglio e di tarsia in legno nella primaziale di Pisa, in Archivio storico dell'arte, VI (1893), pp. 167-172; L. Tanfani Centofanti, Notizie di artisti tratte dai documenti pisani, Pisa 1897, pp. 68, 71-77, 330 s., 412, 479, 481, 526; A. Bellini Pietri, in U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon..., VI, Leipzig 1912, pp. 302 s. (sub voce, Cervelliera, Giov. Batt. del).