DEL PRATO, Pietro Giovanni
Nacque a San Secondo Parmense il 12 dic. 1815 da Ferdinando e da Annunziata Barilli. Si avviò agli studi di medicina nella città di Parma, nel periodo in cui le scuole superiori dello Stato sostituirono l'università parmense, chiusa dopo i moti del 1831. Ebbe maestro, fra gli altri, G. Tommasini. Laureatosi nel 1838, esercitò per un certo tempo la professione, anche in qualità di medico condotto nel paese natale. Dopo pochi anni, però, la sua carriera cambiò radicalmente direzione, in rapporto con le vicende che animarono la scuola veterinaria di Parma, ove un insegnamento di medicina veterinaria aggregato all'università, inaugurato con la riforma di Maria Luigia, era stato retto da M. L. Benvenuti. Alla morte di questo, nel 1839, il governo si trovò nella necessità di garantirsi la prosecuzione della scuola e decise di inviare due giovani medici a istruirsi nelle scienze veterinarie a Milano. Il D. sostenne il concorso e ne risultò vincitore insieme con F. Lombardi, con il quale nel gennaio 1843 si trasferì a Milano. L'I. R. Istituto veterinario di Milano era stato da pochi anni modellato sull'esempio di quello di Vienna ed era sottoposto all'autorità accademica dell'università di Pavia; godeva delle cure e dell'interessamento particolare dell'ambiente governativo e attraversava, in quel momento, un periodo aureo di grande vigore didattico e scientifico. A quella scuola il D. completò gli studi zooiatrici laureandosi il 4 sett. 1844.
Tornò quindi in patria e già nel novembre dello stesso anno poté assumere la direzione della cattedra di medicina veterinaria che era stata del Benvenuti, mentre al Lombardi fu affidato l'insegnamento della chirurgia veterinaria. In questo modo si ristabilì in Parma un organico corso di studi veterinari e, nel 1845, venne aperta la scuola nel Borgo Carissimi. Il D. si trovò così a essere, tra il 1844 e il 1848, il protagonista della riforma della scuola veterinaria parmense, della quale assunse poi la direzione nell'aprile 1848, quando altri docenti vennero aggiunti ai primi due.
Nel 1849, in seguito agli avvenimenti politici risorgimentali ai quali egli aveva aderito, venne temporaneamente sospeso dall'ufficio; reintegrato nell'insegnamento nel 1850, nel 1854 Poté tornare alla direzione dell'istituto veterinario. In quell'epoca aveva oramai maturato una valida formazione nel campo degli studi zooiatrici e della pratica applicazione della disciplina.
Oltre che in campo didattico il D. fu fortemente impegnato in quello scientifico e cominciò a pubblicare i risultati delle sue osservazioni e delle sue ricerche, acquisendo in breve tempo notorietà e solida reputazione in campo nazionale. Fu in corrispondenza e in amicizia con i maggiori rappresentanti degli ambienti scientifici nei quali evolveva in quegli anni il rinnovamento della veterinaria. Restò sempre legato alla città e all'università di Parma, dedicandosi incessantemente ai suoi studi e alla didattica, che interruppe solo brevemente nel 1859 durante la seconda guerra d'indipendenza, e fondando una buona scuola alla quale si formarono molti allievi.
Il D. diede tardi le sue prime pubblicazioni. E noto, a questo proposito, un episodio del 1854, quando la fedele trascrizione dei suoi appunti sulle epizoozie fu stampata a Milano da A. Volpi a proprio nome ed a insaputa del Proto. Tra i primi lavori si ricordano quelli sulla giarda equina, in cui tendeva a escludere in questa forma morbosa cutanea la prerogativa specifica di vaccinogeno sino ad allora da molti attribuitale. Nella sfera di questi interessi si inserì il suo viaggio negli stati tedeschi, nella primavera del 1858, quando fu inviato dal governo a studiare l'andamento della produzione del vaccino a mezzo della retrovaccinazione.
Nel 1858 il D. aveva osservato in Parma un morbo che imperversava pernicioso tra i cavalli e ne propose una definizione diagnostica: Tifoemia nei cavalli (Parma 1858), indicando anche le opportune strategie terapeutiche negli alcoolici e nei chinacei laddove salassi, antimoniali e drastici apparivano letali. Le sue tesi furono accolte anche dai seguaci della scuola "vampirica". Nel 1861 pubblicò a Torino (nella rivista IlMedico veterinario) Osservazioni sul moccio cronico e sulle malattie dei seni. Nel 1862, quando giunse in Italia il tifo bovino esotico, egli si occupò di questa malattia con osservazioni e ricerche originali. Una serie di studi dedicò anche alla pneumonia essudativa contagiosa, da molti anni oggetto di ricerche specie sui modi e gli effetti della inoculazione che era stata proposta e sostenuta da alcuni; mentre sulle prime sembrava che l'esperienza fosse favorevole all'innesto, le sue ricerche lo portarono a prendere distanza da questa pratica. Sull'argomento pubblicò Studi sulla pneumonia essudativa e polmonare, sull'inoculazione e suoi risultamenti (Parma 1857), e tornò successivamente con altri lavori tra i quali si può citare quello, scritto in collaborazione con D. Mambrini, Della pleuropolmonite specifica degli animali bovini comunemente detta polmonare e sulla pretesa efficacia dell'innesto come mezzo preventivo. Considerazioni desunte precipuamente da osservazioni pratiche (Mantova 1875).
Nel 1870 pubblicò a Parma i risultati delle sue osservazioni sulla malattia che colpì alcuni cavalli di Parma: Ildiabete osservato e curato sopra sei cavalli nella clinica veterinaria di Parma nel 1870. Relazione medica. Nel 1875 studiò una malattia ulcerosa, molto rara e a eziologia oscura, comparsa nei bovini di un podere a Fognano di Parma: Storia di una malattia ulcerosa comparsa sui bovini in una stalla prossima alla città di Parma nei primi giorni del 1875 con osservazioni diverse concernenti forme morbose analoghe e relazione delle sperienze eseguite per iscoprire la cagione di quel male (Parma 1875).
Si occupò anche di altre importanti patologie: la causa dell'aborto nelle vacche, la corea dei maiali, la morva, la rabbia. Un suo interesse particolare per le malattie degli uccelli è testimoniato in un ampio trattato che fu frutto di un lungo lavoro in collaborazione con S. Rivolta, allievo del suo collega e amico G. B. Ercolani: L'ornitoiatria o la medicina degli uccelli domestici (Pisa 1880).
Si occupò anche dei temi di igiene veterinaria e di zootecnica. Sosteneva la necessità di curare attentamente gli studi tecnici e legali che affrontassero i molti problemi della giurisprudenza veterinaria. Pubblicò un lavoro, Dell'importanza e degli uffici della veterinaria (Parma 1870), e pochi anni dopo diede alla stampa uno studio che ebbe discreta notorietà: Principi di giurisprudenza veterinaria sulla legislazione applicabile ai vizi redibitori e la guarentigia nelle vendite e permute di animali domestici (ibid. 1876), nel quale sostenne il bisogno di migliorare la legislazione italiana relativa alla contrattazione del bestiame domestico.
Il D. si dedicò sempre con energia al problema dell'ordinamento delle scuole di veterinaria; durante tutta la sua carriera fu infatti alle prese con le varie vicende legislative che interessarono la disciplina e il suo insegnamento, prima nello Stato parmense e, dopo l'Unità, in campo nazionale. Egli aveva ottenuto che nella scuola di Parma fosse richiesto un corso di studi superiori quale requisito per l'ammissione, connotando nella selezione più severa una maggiore dignità degli studi.
Il primo atto legislativo che interesso la scuola veterinaria dello Stato italiano fu però il "Regolamento per le R. Scuole superiori di medicina veterinaria" del dicembre 1860: questo provvedimento confermò nella qualifica di scuole superiori solo le sedi di Milano e Torino escludendo tutte le altre, che pertanto venivano considerate secondarie. Le principali differenze tra le prime e le seconde erano, oltre che nel trattamento economico dei docenti, nei requisiti per l'ammissione: solo per l'accesso alle superiori e non per quello alle secondarie, infatti, era richiesto un titolo equivalente alla licenza liceale, valido cioè anche per essere ammessi all'università. Questi regolamenti suscitarono proteste e scritti polemici da parte dei docenti.
Il D. in Parma si oppose ai provvedimenti, ma non riuscì che a ritardarne di qualche anno l'applicazione. In quel periodo aveva pubblicato Sull'avvenire della veterinaria in Italia: discorso (Parma 1861).
Il D. dedicò buona parte dei suoi studi ai temi storici della disciplina e lasciò una serie di pubblicazioni, discorsi, note storiche, edizioni di testi e documenti. Questa inclinazione fu favorita dai suoi forti interessi di bibliofilo. Egli raccolse pazientemente una vasta biblioteca specializzata, ricca di gran quantità di libri di varie epoche e di codici antichi, di zoognosia, di medicina ed economia degli animali domestici, molti dei quali rarissimi: insieme all'Ercolani aveva acquistato la celebre raccolta di libri veterinari di F. Margarucci di Roma, ed era riuscito a procurarsi anche diversi manoscritti appartenuti a G. Orus che, originario di Parma, aveva operato a Padova nella pratica e nell'insegnamento della veterinaria. Da questo materiale trasse gli studi sullo sviluppo della disciplina in Padova nel secolo XVIII e sulla scuola fondata dall'Orus.
Buona notorietà gli venne dalle sue fatiche di editore di antichi testi. Pubblicò i Trattatidi mascalcia, attribuiti ad Ippocrate, tradotti dall'arabo in latino da Maestro Moisè da Palermo, volgarizzati nel secolo XIII, messi in luce per cura di Pietro Del Prato, corredati di due posteriori compilazioni in latino e in toscano e di note filologiche per cura di Luigi Barbieri (Bologna 1865), nella "Collezione di opere inedite o rare dei primi tre secoli della lingua".
Di lì a poco diede l'edizione de La mascalcia di Lorenzo Rusio. Volgarizzamento del secolo XIV messo per la prima volta in luce da Pietro Del Prato aggiuntovi il testo latino per cura di Luigi Barbieri (Bologna 1867-1870), nella medesima "Collezione di opere inedite o rare", in due volumi, il primo dei quali contenente il testo volgare e latino, tratto, da un codice della sua biblioteca privata, e il secondo l'ampio studio Notizie storiche degli scrittori italiani di veterinaria, corredato da un glossario e da indici. Di argomento storico è anche un'altra operetta sintetica, La veterinaria e la medicina comparata in Italia da Renato Vegezio a' giorni nostri. Discorso (Parma 1869), in cui sottolineò tra l'altro l'intima connessione tra gli studi di medicina veterinaria e quelli di medicina umana. Egli ebbe infatti sempre a cuore questo tema, sostenuto dalla sua duplice formazione, dalle due lauree e dalle personali esperienze sia di medico sia di veterinario. Asseverava la sua tesi con l'espressione del giudizio di G. F. Ingrassia, che già nel secolo XVI affermava la necessità di sottoporre l'esercizio della veterinaria all'autorità del protomedicato, riconoscendo l'uguaglianza delle due branche dell'arte di sanare.
Il D. fu attivo anche nella vita sociale e politica della città e ricoprì cariche pubbliche: fu consigliere comunale e provinciale a Parma ed espresse idee vicine al partito moderato; fu membro e poi presidente della commissione amministrativa degli ospizi civici, membro di commissioni scolastiche e sanitarie.
Fu membro di accademie e associazioni scientifiche. Nel 1873 fu presidente della commissione per gli studi zootecnici ed economici sulle razze bovine nel parmense. Fu insignito di molte onorificenze, fra le quali la nomina a cavaliere dei Ss. Maurizio e Lazzaro. Egli fu con l'Ercolani e con altri esponenti del suo tempo tra coloro che con maggiore vigore promossero l'innalzamento della veterinaria al rango degli studi universitari, sostenendo la riforma della scuola e accrescendo il patrimonio della disciplina con l'esercizio della professione e della didattica sempre vincolato all'osservanza del rigore scientifico e della ricerca. Può certamente essere considerato il fondatore e il più attivo esponente della scuola veterinaria di Parma nel secolo XIX.
Aveva sposato Margherita Giraschi. Morì quando era massimo il suo impegno nello studio e nell'insegnamento, il 29 genn. 1880, a Proto.
Il suo posto di direttore dell'istituto veterinario fu - occupato da F. Lombardi, l'amico che aveva iniziato e percorso con lui tutte le tappe della carriera nella scuola parmense.
Bibl.: Necr. in Annuario scolastico d. R. Università degli studi di Parma, 1879-1880, Parma 1880, pp. 69-72 (con l'elenco delle pubblicazioni); Annuario scientifico e industr., XVII (1880), p. 878; B. Panizza, Ricordi sui meriti di R. D. ..., Padova 1880; G. B. Iannelli, Diz. biogr. dei Parmigiani illustri, Appendice, Parma 1880, pp. 66-74; Gli allievi diplomati nel primo centennio della R. Scuola superiore di medicina veterinaria di Milano (1791-1891) con brevi cenni biografici, Milano 1891, pp. 107 s.; F. Rizzi, I professori dell'università di Parma attraverso i secoli. Note indicative bio-bibliografiche, Parma 1953, pp. 84 s.; V. Chiodi, Storia della veterinaria, Bologna 1981, pp. 170, 327, 332, 355, 455.