DEL TASSO
. Famiglia d'intagliatori, scultori e architetti. Originarî di San Gervasio, presso Firenze, i D. T. alla fine del sec. XV si stabilirono in città, nel rione di Sant'Ambrogio.
Chimenti o Clemente il Vecchio (1430-1516), nel 1483-84 eseguiva varî lavori per Sant'Ambrogio e nel 1488 intagliava il coro di noce a profili di tarsia per la cappella Minerbetti in San Pancrazio, a Firenze. Il figlio Leonardo, insieme con il padre, alla morte di Benedetto da Maiano (1437) rilevò la sua bottega, in via de' Servi, e la tenne tre anni. Intagliò in legno a tutto tondo il S. Sebastiano della chiesa di S. Ambrogio (1500). Dei due fratelli di Chimenti, Cervagio lavorò nel 1496, insieme con altri maestri, i quadri del palco della Sala Nuova del Maggior Consiglio nel palazzo della Signoria di Firenze; e Domenico il Vecchio (1440-1508), lavorò per la chiesa di S. Pietro e per i Priori di Perugia, dove nel 1490 finì il coro del duomo, che era rimasto interrotto alla morte di Giuliano da Maiano (1490) e forse nel 1493 compì i suoi lavori all'Udienza del cambio: il tribunale, il postergale e il bancone. Ebbe tre figli, Chimenti (il Giovane), Francesco e Marco che seguitarono l'arte paterna. Il figlio di Marco, Giovan Battista (1500-1555), detto Battista Del Tasso o Maestro Tasso superò in fama gli altri della famiglia. Tra altri suoi lavori va ricordato il palco di legname della Biblioteca Laurenziana in Firenze ch'egli intagliò insieme col "Carota" su disegni di Michelangelo. Lavorò anche per Venezia. Come architetto, intorno al 1548, ideò e diresse insieme col Buontalenti, lavori di ampliamento e abbellimento in Palazzo Vecchio. Nello stesso palazzo eseguì tutto il lavoro di legname della nuova sala e delle aggiunte prospicienti la Loggia del Grano. Costruì la Loggia di Mercato Nuovo (1547-51). I suoi tre figli Domenico, Marco e Filippo proseguirono l'arte del padre collaborando con lui.
Della famiglia, coloro che impressero un'orma originale nell'arte del legname furono Domenico (il Vecchio) e Giambattista. L'arte di Chimenti, di Leonardo e di Cervagio di poco si distaccò, come tecnica e come gusto, da quella dei Da Maiano. Da questa invece differisce l'arte di Domenico per una larghezza di motivi e per una scioltezza che già preannunciava l'esuberanza del pieno Cinquecento. Negl'intagli della Sala d' udienza nel Collegio del cambio (1490-1493) l'arte del legname si arricchisce di una varietà di motivi nuovi, arditi, il cui repertorio per circa cinquant'anni fu quello dell'arte del legno in Toscana e nell'Umbria. Già si affaccia nell'intaglio di Domenico e dei suoi figli quella volontà di affrontare e superare brillantemente i più arditi cimenti tecnici che non è ancora virtuosismo, ma che tale divenne con Giambattista, lodato dal Cellini forse a motivo di quell'affinità che, in fatto di virtuosismo tecnico e di prodigalità decorativa, passava fra intagliatore ed orafo. (V. tavv. CLXI e CLXII).
Bibl.: G. Milanesi, in G. Vasari, Le vite, III, Firenze 1878, p. 347; C. v. Fabriczy, Ein Werk der Del T., in Rep. f. Kunstw., XXIV (1901), pp. 162-63; G. Gronau e S. Maclagan, in Riv. d'arte, VII (1910), p. 47 segg.