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DEL TURCO, Giovanni Maria

di Maria Pia Paoli - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 38 (1990)
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DEL TURCO, Giovanni Maria

Maria Pia Paoli

Nacque a Firenze il 28 dic. 1739, figlio di Ranieri Valentino e di Maria Maddalena Pieri.

Il padre era "settore" anatomico nell'ospedale di S. Maria Nuova di Firenze e presso l'università di Pisa (cfr. Archivio di Stato di Firenze, Reggenza 637, ins. 41 e Reggenza 1006). Il D. si rivelò ben presto personaggio inquieto e avventuroso. Le vicende della sua vita, più che i suoi scritti, hanno lasciato una traccia singolare nel mondo degli intellettuali e riformatori toscani del secondo Settecento.

Gli anni della sua formazione culturale si svolsero nel vivace ambiente dell'università pisana, dove, tra gli altri, insegnava G. De Soria. Nominato vicebibliotecario dell'università nel 1762, a distanza di anni ormai dalle polemiche che avevano ihvestito l'audace presa di posizione del De Soria nella sua opera del 1745, Della esistenza e degli attributi di Dio, ilD. si mostrava ancora fortemente attratto dal mondo newtoniano. Grazie alla diffusione delle Boyle lectures fatta da Giovanni Lami, un ventennio prima, sulle pagine delle Novelle letterarie fiorentine, ilnewtonismo, mai scisso dalla tradizione sperimentale galileiana, aveva aperto anche in Toscana la strada alla scienza moderna, identificandosi con una sorta di "illurninismo cattolico". Quando nel 1765 il D. pubblicò una Illustrazione ... ai principi matematici di filosofia naturale d'Isacco Newton pressol'editore Coltellini di Livorno, l'interesse prevalente degli studi scientifici era ormai di preferenza rivolto ai fenomeni biologici, all'"organismo" vivente, alla sua evoluzione. Scritta, tuttavia, "per suo studio unicamente e per suo piacere" l'opera del D. conteneva ugualmente delle premesse interessanti ad una teoria "intorno alla natura della comunicazioni de' moti", che egli si riprometteva di sviluppare insieme ad una ridefinizione dei termini tempo, spazio, infinità, "affine di bandire tutte leidee assurde prodotte dall'abuso di tali parole".

Questo come l'altro progetto concepito insieme al De Soria di pubblicare un periodico, gli Atti letterari, pressoil solito editore di Livorno, Coltellini, sfumò rapidamente. Di nuovo con scarso successo il D. si cimentò nella traduzione e nel commento dell'Iliade, di cui riusci a pubblicare presso gli editori Stecchi e Pagani solo i primi due canti (Dell'Iliade di Omero trasportata in ottava rima, I, Firenze 1767; II, ibid. 1768).

Anche in questo caso il D. dà prova di acutezza di giudizio e singolarità di pensiero. Il poema omerico, e in genere i poemi del mondo antico compresi quelli di Ossian, vengono visti come frutto della mera fantasia e non come epopea dei fasti di un popolo e il discorso poetico di Omero si rivela funzionale alla formazione politica delle repubbliche greche: considerazioni significative, che portando lontano dall'annosa "querelle des anciens et des modernes"; trovavano nella Firenze dei Pelli e dei Lastri un ambiente particolarmente sensibile alle istanze del mondo moderno e attento soprattuttó a quanto avveniva Oltralpe.

In questo senso sono complementari al commento dell'Iliade i giudizi del D. sulla situazione del teatro tragico italiano (Ragguaglio succinto della storia e stato del teatro tragico italiano) pubblicati a Firenze nel 1770, dove deplora "la troppo servile imitazione de' greci maestri" ed elogia i Contributi più recenti di Apostolo Zeno, Metastasio, Martelli, Maffei e Gravina.

Nel frattempo aumentava il desiderio del D. di uscire dagli stretti confini della sua attività di bibliotecario. Questa sua inquietudine conosciuta da molti suoi concittadini, tra cui Giuseppe Pelli (insieme al Pelli il D. fu nominato tutore delle figlie di Lapo Niccolini: cfr. in proposito le lettere scritte dal D. al Pelli nella primavera-estate del 1770, in Archivio di Stato di Firenze, Carte Pelli 3490, 3828, 5118), ma anche da Cesare Beccaria, ebbe alla fine un esito che si rivelerà travolgente, segnato dall'incontro col conte Aleksej Orlov comandante della flotta russa giunta nel 1769 nel porto di Livorno.

Forse per cementare la nuova amicizia con l'Orlov, il D. tradusse subito con grande entusiasmo il Nakaz di Caterina II, basandosi sull'edizione ufficiale uscita in francese a San Pietroburgo nel 1769 (Istruzione di Sua Maestà Cesarea Caterina II imperatrice delle Russie alla Deputazione sopra il piano di un nuovo codice di leggi..., Pisa 1769). Con questa terza versione italiana delle Istruzioni dell'imperatrice russa si celebrava la grande stagione dei progetti riformistici dell'assolutismo illuminato. Il D., divenuto intimo dell'Orlov, compì nel 1772 un viaggio nella capitale russa e di lì si spinse fino in Levante. Nel frattempo, Cesare Malanima, professore di lingue orientali a Pisa, lo sostituì nel ruolo di bibliotecario fino al 1775, quando finalmente ritornò in patria, ma sempre con l'animo rivolto altrove.

Partito improvvisamente da Livorno nell'ottobre 1784, il D. cadde in una situazione intricata, credendo di poter entrare come socio in affari relativi al commercio dei grani con un turco tripolino, certo Acmèt Coggia, che in realtà lo truffò di molto denaro. Rifugiatosi in Spagna, dove sperava di far valere i propri interessi, il D. si trovò insieme ad altri italiani invisi al governo del conte Floridablanca. Non sfuggì all'arresto, né alla tortura. La prigionia si concluse solo nel 1791 e, una volta liberato, il D. non risparmiò le sue severe critiche ai sistemi giudiziari spagnoli, nonostante lodasse l'azione del ministro P. Rodriguez de Campomanes.

Dopo un breve periodo trascorso a Pisa, nel febbraio 1794 lo ritroviamo a Madrid per chiarire ancora la sua posizione davanti al tribunale. Approfittando delle soste del processo, fu attratto di nuovo dalle promesse di un vantaggioso commercio di grani, al punto che si trasferì in Marocco e là probabilmente morì nel 1800, quando il governo francese in Toscana fece il suo nome e si'occupò di lui per l'ultima volta, notando l'irregolarità del suo comportamento e le lunghe assenze da Pisa e dalle sue funzioni.

Fonti e Bibl.: Firenze, Archivio dell'Opera di S. Maria del Fiore, Battesimo. Maschi, 1738-39; Ibid., Biblioteca nazionale, Mss. Palatini 1197: Lettere a G. Fontana, LXXXI, Pisa, 5 marzo 1762, 16 apr. 1762 e 13 ag. 1762; Pisa, Biblioteca universitaria, Mss. 165, ins. 39, Lettere di G. Del Turco a G. Slop, s.d.; tra i documenti conservati presso l'Archivio di Stato di Firenze segnaliamo: Segreteria di Gabinetto 155, dove il D. narra al granduca le sue peripezie in Levante tra il 1783 e il 1784, e Ibid., Memoria del dottor G. Del Turco sopra il suo arresto, detenzione in carcere e condanna in Madrid, Firenze, 10 ag. 1791; F. Venturi, Settecento riformatore, III, La prima crisi dell'antico regime, Torino 1979, pp. 74-89; Id., Profilo di G.D., in Studi di storia medievale e moderna per E. Sestan, II, Firenze 1980, pp. 793-811, cui si rimanda per ulter. bibl.

Vedi anche
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turco1 turco1 agg. e s. m. (f. -a) [dall’arabo turk (plur. di turkī) «le genti turche», che è dal pers. turkī o turk; in turco osmanico türk «turco»] (pl. m. -chi). – Della Turchia, stato storico e moderno, attualmente esteso, attraverso...
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