Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
In Francia, il ritorno della dinastia borbonica agevola l’affermazione della pittura romantica. Pittori di storia, di paesaggio e ritrattisti elaborano infatti nuovi modi di rappresentazione che si discostano con chiarezza dai modelli culturali dell’Impero.
Premessa
La definitiva sconfitta di Napoleone comporta, fra l’altro, l’allontanamento di David dalla scena artistica parigina; costretto all’esilio, il pittore si rifugia a Bruxelles dove rimane fino alla morte.
La prima mostra importante, organizzata dopo la restaurazione della monarchia, è il Salon del 1817: le opere esposte riflettono la volontà di rendere chiara l’unità dinastica dei Borbone; esse celebrano le vittime del Terrore oppure esaltano la devozione di Luigi XVI alla Francia. Anche la pittura religiosa, spesso rappresentata sotto forma di pittura di storia o di genere, assume nuovamente importanza.
La pittura di genere è infatti la prima a esprimere l’esigenza di ordine e quiete sociali, tipica della Restaurazione: il pittore Marius Granet dipinge interni secondo prospettive neoquattrocentesche e i suoi quadri raffigurano spesso scene di convento che sottolineano la volontà di attenuare il pathos della narrazione, eliminando palesi implicazioni sentimentali. La pittura di Granet diventa modello di riferimento per molti pittori di genere: Boguet fils e Constant Desbordes eseguono scene di vita contemporanea, talvolta edificanti, che coniugano la maniera di Granet con i rimandi alla pittura di interni del Seicento olandese.
Anche il genere figurativo del paesaggio assume un’importanza nuova, tanto che dal 1817 l’Ecole des Beaux-Arts istituisce un Prix de Rome specifico per la pittura di paesaggio e nel 1820 viene pubblicata un’edizione ampliata dell’opera teorica sulla pittura di paese di Pierre-Henri de Valenciennes, uno dei più importanti paesisti del neoclassicismo francese.
Ma la recente storia di Francia è troppo coinvolgente sul piano emotivo e della memoria, e non tutti gli artisti accettano con pacatezza un programma di restaurazione che ribadisce idee di ordine e di stabilità. Si fa forte l’esigenza di creare un’espressione figurativa capace di suscitare sentimenti e passioni, e saranno proprio gli allievi di David – o gli allievi dei suoi allievi – a rinnovare il linguaggio della pittura dopo l’avvento al trono di Luigi XVIII. Da un punto di vista formale, adesso i riferimenti dei pittori non sono più i modelli classici, ma i grandi maestri del Cinquecento, da Raffaello a Michelangelo, da Correggio a Tiziano e ai Carracci; i temi dei dipinti sono episodi della storia di Francia medievale e rinascimentale, sono soggetti tratti dalla letteratura di Ariosto, di Shakespeare e di Byron, e talvolta le opere ripropongono temi religiosi o di storia contemporanea, come La zattera della Medusa di Géricault.
Jean-Louis-Théodore Géricault
La formazione di Géricault, più che nell’atelier del suo maestro Guérin, avviene nelle sale del Louvre, dove il pittore si esercita ininterrottamente alla copia dei maestri italiani del Rinascimento, ma anche di Rubens e Rembrandt. Egli espone per la prima volta al Salon del 1812, presentando il dipinto Un ufficiale dei cacciatori a cavallo, rimeditato sul dipinto Napoleone ad Arcole di Gros, come dimostrano la composizione e l’enfasi della pennellata. E proprio Gros inizia Géricault alla pittura di cavalli, tema che egli tratta per tutta la vita: ne è un esempio il Cavallo pomellato spaventato dal fulmine, dove la resa rigorosamente naturalistica dell’animale e dell’atmosfera temporalesca esalta il tono drammatico e misterioso della scena. Anche i temi militari di Géricault riflettono il suo interesse per Gros e suggeriscono l’entusiasmo del pittore per i soldati napoleonici, protagonisti di una vicenda che ha la grandezza epica del mito antico e l’immediatezza della storia contemporanea. Ma la disillusione dovuta alla caduta di Napoleone infonde nelle opere dell’artista il senso della drammatica precarietà dell’uomo, privato degli ideali; così nel 1819 Géricault espone al Salon La zattera della Medusa, un dipinto imponente che narra una vicenda realmente accaduta con i toni epici del terribile e del sovrumano, consoni alla tragedia classica. E anche nei volti di alienati che Géricault dipinge nel 1822-1823, poco prima di morire, emerge un forte senso di desolazione e solitudine.
Le influenze della pittura di Géricault e il Salon del 1824
La pittura di Géricault diventa subito d’esempio per molti artisti: essi adottano lo stile del pittore e infondono il senso drammatico dei suoi dipinti in scene religiose, di soggetto storico e letterario. Nel 1820 Horace Vernet, un caro amico di Géricault, dipinge un soggetto tipico dell’artista, La partenza della corsa dei barberi e nel 1822 Eugène Delacroix, anch’egli allievo di Guérin, espone la sua prima opera di grande impegno, La barca di Dante, decisamente influenzata da Géricault; due anni più tardi al Salon del 1824, Ary Scheffer presenta il dipinto San Tommaso d’Aquino nella tempesta ed Eugène Delacroix il Massacro di Scio, ispirato alla guerra d’indipendenza della Grecia. Questo evento storico, nel quale perde la vita anche Byron, è spesso commemorato dalla pittura della Restaurazione, per la commistione di drammaticità contemporanea e di eroismo atemporale. E proprio Delacroix sublima in un’unica figura di donna desolata, in atto di resa, il dramma universale della guerra e della precarietà umana: La Grecia sulle rovine di Missolungi.
Al Salon del 1824 sono presenti anche quadri ispirati da sentimenti differenti e da modelli diversi della pittura del Rinascimento: Ingres, ad esempio, presenta Il voto di Luigi XIII, ispirato alla Madonna Sistina di Raffaello; il dipinto sottintende un desiderio di stabilità sociale affine al sentimento di quiete che traspare dal quadro di Constant Desbordes dal titolo La vaccinazione, dove il pittore coniuga le virtù domestiche della cura dell’infanzia con il trionfo della medicina moderna.
Il Salon del 1827
Il 1824 è l’anno dell’ascesa al trono di Carlo X; per commemorare l’evento il re ordina un dipinto a François Gérard, un allievo di David, che già nel 1817 ha dipinto un quadro per celebrare il ritorno dei Borbone: L’entrata di Enrico IV a Parigi nel 1594. L’incoronazione di Carlo X di Gérard presenta indubbie assonanze con il Napoleone incoronato imperatore di David ed è esemplare della maniera di intendere il dipinto di storia contemporanea in linea con le esigenze di regime; ultimato solo nel 1827, quando Carlo X è sempre più impopolare e prossimo all’esilio, il quadro non ottiene il successo sperato in confronto alle opere esposte al Salon. Fra i quadri di storia presentati nel 1827, ottengono invece il favore del pubblico e della critica Le donne suliote di Ary Scheffer, un soggetto ispirato ancora una volta alla guerra d’indipendenza greca, e Giulio II commissiona i lavori del Vaticano e di San Pietro a Bramante, Michelangelo e Raffaello di Horace Vernet; nell’opera il tema celebrativo dei grandi artisti del Rinascimento è elaborato da Vernet come decorazione di un soffitto del museo del Louvre e diventa tipico della cultura della Restaurazione.
Fra i dipinti di ispirazione letteraria esposti al Salon del 1827 sono particolarmente significativi due quadri ispirati da opere di Byron, il poeta inglese morto nella difesa di Missolungi nel 1824: il Mazeppa di Louis Boulanger, un dipinto che suggerisce l’interesse dell’autore per la pittura di animali di Géricault, e il monumentale quadro di Delacroix, La morte di Sardanapalo, opera conclusiva di una ricerca pittorica dettata dalla volontà di unire in una vitale rispondenza gli elementi formali e cromatici di un dipinto all’esuberanza del sentimento.
Fra i quadri di paesaggio esposti nel 1827 al Salon parigino vi sono ancora opere legate ai modelli di Granet, come la Veduta della loggia Aldobrandini a Frascati di Boguet fils, ma accanto a essi sono presentati per la prima volta due dipinti di un artista destinato ad assumere una grande importanza per la pittura dell’Ottocento: Il ponte di Narni e Campagna di Roma di Camille Corot.
Conclusione
Mentre i paesaggi di Corot annunciano un nuovo modo di intendere l’arte, finalmente libera da implicazioni morali e didascaliche, il dipinto di Delacroix La Libertà guida il popolo di Parigi (1830) può invece essere considerato conclusivo del percorso della pittura francese nei primi quindici anni della Restaurazione. Ispirato alla rivoluzione di Luglio del 1830, che porta al governo Luigi Filippo d’Orleans, il quadro narra un episodio della storia francese contemporanea ed è l’ultima opera di questo genere che unisce in maniera mirabile il tema coevo al mondo dell’allegoria. “C’è stato bisogno del genio di Delacroix” – scrive Robert Rosenblum – “per far incontrare questi due mondi in una visione esplosiva, travolgente, che trasporta la guerra civile di Parigi a livello di un inno universale alla gloria e alla libertà”.