DELAZIONE (lat. delatio, da defĕro "deferisco, accuso")
In Roma (per la Grecia e in particolare Atene, v. sicofante), già dal primo secolo a. C., la delazione senz'essere un vero e proprio mestiere, appare praticata con profitto mediante le denunce alle quaestiones extraordinariae per varî crimini. La denuncia di malversazione dei magistrati romani delegati all'amministrazione delle provincie (crimen repetundarum) dava al delatore, in caso di successo, il diritto di cittadinanza romana, o, se questo diritto non era gradito, particolari concessioni. Anche per l'uso illecito dei diritti del cittadino romano, per l'ambito e altri delitti, era ammessa, dinnanzi all'apposita quaestio, la delazione. Gli abusi provocati da questa pratica avevano già dato luogo a leggi repressive, ma la pratica era inevitabile dati i criterî giudiziarî dei Romani e la loro concezione del diritto criminale. Sotto l'Impero essa fu in genere incoraggiata con larghi premî che ammontarono, nei delitti di lesa maestà, sino a un quarto dei beni del condannato. Tito cercò invano di reprimerla. Vi erano anche altre forme di delazione, oltre all'accusa criminale fatta da un privato. Tale la denuncia di beni fondiarî spettanti al fisco, anch'essa incoraggiata compensando il delatore. Oltre alla delatio ufficiale, era anche tollerata la delazione fatta privatamente facendo noto un delitto al magistrato: ma questo era possibile quando nel Basso Impero, per certi crimini, era ammessa l'azione pubblica, cioè la persecuzione d'ufficio del reo. In tutti i casi, i calunniatori erano severamente puniti.
Bibl.: Th. Mommsen, Droit pénal romain, II, p. 52 segg.; P. F. Girard, Histoire de l'organisation judiciaire des Romains, I, Parigi 1901; J. L. Strachan-Davidson, Problems of the roman criminal Law, Oxford 1912.
I cristiani dei primi secoli ebbero molto a soffrire per l'opera dei delatores. Gli antichi "canoni penitenziali" contenevano 10 pene severissime contro i delatori. In seguito tale voce fu adoperata dai concilî e dai papi a significare, secondo l'uso comune, i colpevoli di spionaggio, di tradimento e, in generale, di qualunque accusa o rivelazione ingiusta. Il diritto canonico non considera e non punisce la delazione come un delitto speciale, purché non sia qualificata, commessa cioè da quelle persone che per ragione d'ufficio sono obbligate a mantenere il segreto (cfr. Codex iur. can., cc. 243, § 2; 364, § 3; 379, 382, 1623, 1625, 1769, 1823, 2144).