DELEIDI, Luigi, detto il Nebbia
Nacque a Bergamo nella parrocchia di S. Alessandro in Colonna il 15 nov. 1784, figlio quartogenito di Giuseppe e di Rosalinda Gualdi (Archivio parrocchiale di S. Alessandro in Colonna, Battesimi 1777-1789).
Sebbene si tratti d'uno dei più interessanti paesisti bergamaschi, la letteratura ottocentesca ce ne riferisce poche notizie, in gran parte vaghe, non arricchite di puntualizzazioni cronologiche. Un altro problema, da tenere in considerazione per non incappare in attribuzioni erronee, è costituito dal fatto che il fratello primogenito, Marco, era anch'egli pittore, benché oggi non se ne conosca opera alcuna.
Marco, nato a Bergamo in parrocchia S. Alessandro in Colonna il 26 apr. 1780, sposò il 3 ag. 1818 (Arch. parr. di S. Alessandro in Colonna, Matrimoni 1815-1819) Anna Maria Barachetti, di professione cucitrice dalla quale ebbe diversi figli, tra cui Prassitele, volontario garibaldino. Il 4 ag. 1828 acquistò dalla nobile Paola Carrara la casa con orto posta in contrada di Rocca n. 389 (Arch. di Stato di Bergamo, Notarile n. 13131). Colpito da paralisi, si spense il 17 marzo 1843 (Arch. parr. della cattedrale, Morti 1837-1844).
Nulla si sa circa l'età giovanile del D.; riteniamo che abbia iniziato a dipingere piuttosto tardi perché i primi documenti sull'alunnato del pittore sono datati rispettivamente 8 e 15 febbr. 1815 (Bergamo, Arch. d. Acc. Carrara): certificato di buona condotta fornito dal vicario della cattedrale, nella cui parrocchia a quel tempo risiedeva il pittore, e ordine al "prof. Diotti" di accogliere tra i suoi discepoli il D. (ma di un discepolato presso G. Diotti le fonti ottocentesche tacciono).
A questo primo periodo pensiamo di riferire un dipinto a olio di piccole dimensioni appartenente a una raccolta privata bergamasca: Chiesetta campestre presso Bagnatica, firmato L. Deleidi, di modesta qualità.
Dopo il 1815, a cavallo tra il secondo e il terzo decennio dell'Ottocento, sono collocabili due tele, Gli spalti di S. Agostino con esercitazioni di truppe austriache e Piazza vecchia in città alta, che, secondo il Fornoni, assieme ad altri due oli del D. attualmente dispersi, decoravano nel sec. XIX il caffè di piazza Pontida a Bergamo, e che oggi sono di proprietà della Pinacoteca dell'Accademia Carrara, ma vengono conservate nella Biblioteca Caversazzi.
Pur notandosi una crescita, sia nell'esecuzione delle macchiette, sia nella capacità di presa spaziale, soprattutto nella scenografica Piazza vecchia, osserviamo che il D. denuncia ancora qualche carenza nel campo della prospettiva aerea. Se quanto il Locatelli (1869) dice è esatto (il D. "studiò prospettiva aerea a Milano da Sanquirico, e vi riuscì abilissimo"), dobbiamo pensare che il soggiorno milanese avvenisse dopo le menzionate prove.
L'alunnato presso A. Sanquirico, scenografo unico della Scala dal 1817 al 1831, non sembra incidere tuttavia profondamente sulle opere del D., che restarono estranee alla visione possente e monumentale, originata dallo studio delle civiltà del passato, del maestro. In quel periodo fu probabilmente eseguito dal pittore un disegno dell'Albo Locatelli (Bergamo, coll. priv.) con Certosa di Garegnano.
L'Albo Locatelli contiene circa ottanta disegni fatti dal vero dal D., ritagliati e incollati, purtroppo non datati, ma tutti recanti il nome della località ripresa, talvolta scritta dalla mano del pittore stesso. Assieme alle riproduzioni fotografiche dei novantotto disegni del D. rubati alla Biblioteca civica di Bergamo, questo Albo è prezioso per conoscere gli spostamenti dell'artista, sebbene non si possano stabilire cronologicamente.
Ancora il Locatelli informa che il D. dipinse a Roma in un palazzo Torlonia non meglio identificato; i rapporti con i Torlonia potrebbero peraltro trovare conferma in due disegni dell'Albo citato: Strada Torlonia e Villa Torlonia a Castelgoffredo [sic].
Il soggiorno a Roma non fu tanto breve, come provano i numerosi disegni eseguiti ad Albano, Ariccia, Bracciano, Castelgandolfo, Grottaferrata, Marino. Il D. sembra interessato ai paesaggi aperti, ma talvolta si sofferma presso i monumenti dell'antica romanità (tomba di Cecilia Metella). Ancora nell'Albo Locatelli troviamo testimonianza di un periodo trascorso a Venezia, probabilmente successivo a quello romano.
Rientrato nella città natale, secondo noi poco dopo il 1825, il D. iniziò una feconda attività tanto nell'affresco quanto nell'olio.
In collezione privata bergamasca si trova il Ritratto del poeta Pietro Ruggeri datato 1827 e firmato "Deleidi". Ma questa opera, che sembrerebbe a un esame superficiale d'indubbia autografia, suscita molte perplessità, sia perché il ritratto è un genere di pittura non coltivato dall'artista, sia perché la firma è diversa da quelle sicuramente di pugno del D.: in questo caso va appunto ricordato che il fratello Marco era pittore.
Verso il 1830 nella casa già Scalzi il D. decorò un salone, oggi sala d'attesa delle udienze episcopali, con vedute lombarde, in cui i toni della vegetazione e delle acque sono ottimamente resi. La presenza nel contesto di putti e finte statue fa sospettare che l'artista fosse affiancato da un anonimo collaboratore.
Nel Museo donizettiano di Bergamo si conserva la tela Donizetti con gli amici (1830 c.), nella quale il D. eseguì ottimi brani di natura morta, mentre trovava ancora una certa difficoltà nel dipingere le figure.
Datato 1833 è il ciclo di affreschi compiuti nella sala da pranzo del castello Camozzi Vertova a Costa Monticelli (Bergamo), considerato la più riuscita decorazione del Deleidi.
Nell'Albo Locatelli si trova un disegno di contenuto veristico, Castello Vertova a Costa di Mezzate, forse fatto dall'artista prima di questo impegnativo lavoro. Il contesto, che dalle pareti prosegue ininterrottamente sul soffitto, è una fantasiosa rielaborazione del castello stesso e delle colline circostanti, in cui il pittore introduce anche archi e torre neogotici. Il D., mentre indugia in brani virtuosistici (fiori di senape), simili a quelli osservati nell'olio Donizetti con gli amici, dimostra piena padronanza nel disporre i piani nello spazio. In questi affreschi compare su un cippo stradale la firma "L. D. D. Nebbia", da cui deduciamo che nel 1833 il pittore aveva già prodotto i paesaggi invernali nebbiosi che gli procurarono questo soprannome (Fornoni). Mentre in molti di questi dipinti le figure hanno semplice funzione riempitiva, in alcuni, come quelli che rappresentano truppe napoleoniche in lotta col gelo, la presenza umana è fondamentale, centro dell'attenzione dell'osservatore, il che ci consente di inserire questa produzione del D. nel movimento romantico.
Probabilmente l'artista eseguì molti quadri di questo genere fino alla morte. Citiamo in approssimativo ordine cronologico: Paesaggio invernale con soldati e cavallo morente (Bergamo, coll. priv.); Nevicata (già propr. V. Brambilla); Paesaggio invernale con ponte e albero (Cicola, coll. priv.); Paesaggio invernale con ponte e fortezza (Bergamo, coll. Rodeschini); Veduta cittadina d'inverno con carro (Bergamo, coll. priv.); Soldati sotto la tempesta (Bergamo, coll. priv.); Paesaggio invernale con capanna e viandanti (Milano, coll. griv.); Soldati napoleonici intorno a cavallo impennato e fortezza (Bergamo, coll. priv.); Porta con doganieri (Bergamo, coll. priv.). Le ultime tre vedute, qualitativamente le migliori, dovrebbero esser state dipinte nel quinto decennio dell'Ottocento. Inoltre ricordiamo alcuni paesaggi ghiacciati, di effetto quasi surreale, da annoverare tra le opere più originali del D.: Paesaggio con uomini che si riscaldano in grotta (Bergamo, coll. priv.); Paesaggio con spaccalegna (Fulpiano al Brembo, coll. priv.); Paesaggio con asino e torre (Bergamo, coll. priv.).
Cronologicamente vicine agli affreschi di Costa Monticelli dovrebbero essere quattro tele un tempo di proprietà di mons. Battaglia, già vescovo di Forlì: in una di esse si notano reminiscenze settecentesche. Così altri dipinti a olio coevi, tra i quali citiamo Ferito medicato in capanna in riva a un lago già di proprietà del sindaco di Bergamo Negrisoli, e posteriori, come per es. Bagnanti presso tempio in rovina (Bergamo, coll. priv.), sono dichiaratamente di reminiscenza arcadica. In altre tele infine (Paesaggio con ponte, Bergamo, Pinacoteca dell'Accademia Carrara) il D. sfoggia colori vivaci, usati anche da diversi paesisti bergamaschi dell'epoca.
Al quarto decennio del sec. XIX è riferibile la singolare decorazione a fresco d'una sala di palazzo Grassi a Bergamo, nel quale abitò fino al 1845 il musicista S. Mayr, tradizionalmente ritenuto amico del pittore.
Entro finte cornici si possono scorgere in distinte composizioni le Colline bergamasche, Paesaggio con Apollo e le Muse, le Esercitazioni delle truppe napoleoniche in Russia e, perfino, Giovani napoletani che ballano la tarantella. Sembra che il D. abbia voluto riassumere in un unico ciclo la tematica dei suoi dipinti.
Il Fornoni scrive che nel 1841 l'artista eseguì per il signor Giovanni Diesti un "temporale" e una "nevicata", che lo scrittore considera tra le opere migliori del D., la cui identificazione risulta però oggi quasi impossibile. Tuttavia riteniamo questa notizia interessante perché rafforza la nostra convinzione che la Contadina con animali al guado sotto un temporale (Bergamo, coll. priv.) sia stata dipinta intorno a quell'anno. Allo stesso periodo vanno riferiti Temporale con contadini, animali e torre (Bergamo, coll. priv.) e Torre su collina (Fulpiano al Brembo, coll. priv.), di taglio diagonale. Di qualche anno posteriori riteniamo i due paesaggi Sestini, uno dei quali firmato "L.D.D. ...", dove il D., abbassando il punto di vista, conferisce al contesto un senso d'inafferrabile grandiosità. Molto vicino stilisticamente, sebbene fitti fogliami impediscano la veduta di gran parte del cielo, è il Paesaggio con contadine e pecore (Villa d'Almè, coll. privata).
Il 24 sett. 1853 il D. morì, celibe, a Bergamo, in parrocchia S. Alessandro in Colonna. Tre giorni più tardi comparve il necrologio nel Giornale di Bergamo e tre anni dopo un busto in sua memoria, scolpito da G. M. Benzoni, fu collocato nell'Accademia Carrara.
I disegni del D. non raggiunsero un altissimo livello qualitativo. Migliori gli affreschi e soprattutto i dipinti a olio, specialmente quelli eseguiti in età matura: questi sono da considerarsi tra le opere più originali in quel tempo compiute a Bergamo, allora uno dei centri di cultura artistica più importanti d'Italia. Purtroppo una certa tendenza all'eclettismo rende frammentario il discorso del D., che avrebbe potuto avere più vasta risonanza. Detto dal Locatelli d'umore bizzarro, non sappiamo se il D. abbia avuto allievi o imitatori.
Fonti e Bibl.: Bergamo, Arch. d. Acc. Carrara, Fascicoli Allievi Da-Do; Ibid., Arch. parr. della cattedrale, Morti 1837-1844 (per Marco); Ibid., Arch. parr. di S. Alessandro in Colonna, Battesimi 1777-1789; Matrimoni 1815-1819, Morti 1853-1854; Ibid., Arch. d. Curia vesc., L. Fornoni, Pittori bergamaschi (ms.), III; Arch. di Stato di Bergamo, Notarile n. 13131 (per Marco); necrol., in Giorn. di Bergamo, 27 sett. 1853; P. Locatelli, Illustri bergamaschi, II, Bergamo 1869, pp. 471 ss.; R. Perlini, Pittori paesisti dell'800, in Bergomum, XXXIII (1939), p. 142; G. Antonucci, Una lettera del pittore Luigi Nebbia, ibid., XXXVIII (1944), pp. 46 s.; R. Bassi Rathgeb, Paesisti bergamaschi dell'Ottocento, Bergamo 1944, pp. 32-34, 59; S. Locatelli, Bergamo vecchia e nuova, Bergamo 1945, pp. 104, 177; A. P., L. D. e Costantino Rosa. Il paesaggio romantico, in Il Bergamasco, giugno 1975, pp. 46 s.; R. Mangili, V. Bonomini, Bergamo 1975, pp. 39-41, 43; F. Rossi, Accademia Carrara..., Bergamo 1979, p. 427; R. Mangili, V. Bonomini: i disegni, i macabri, l'ambiente (catal.), Bergamo 1981, pp. 21, 38, 39, 218; Collez. private bergamasche, III, Bergamo 1982, nn. 641, 1010-1012, 1014-1016, CCLXXVIII; F. Rea, La pittura bergamasca da M. Gozzi a S. Poma (catal.), Bergamo 1983, pp. 18-21; Collezioni private bergamasche, a cura della Banca provinciale lombarda, in Monumenta Bergomensia, LXI, Bergamo 1983, figg. nero nn. 641, 1010 ss., 1014 ss., 1385, 1394, 1483-1494; figg. colore nn. CCLXXVIII, CCCLXX; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, IX, p. 111.