DOLFIN, Delfino
La sua ascendenza è controversa. Secondo il Cappellari Vivaro era figlio di Vittore, secondo B. G. Dolfin di Renier. Il Barbaro, di gran lunga il più attendibile tra i genealogisti, lo qualifica come capostipite di uno dei rami della famiglia, senza indicarne la paternità.
La prima notizia certa relativa al D. è l'elezione al Maggior Consiglio nel 1269, per il sestiere di Cannaregio. Ciò induce a credere ch'egli sia nato attorno al 1250. Entrò a far parte del corpo sovrano dello Stato ancora due volte, consecutivamente, negli anni 1276-1277. Nel 1284 ricopriva l'incarico di ufficiale (giudice) al Piovego (corruzione di super publicis), magistratura dalle varie ed estese competenze, con ampie prerogative circa la tutela e la garanzia dei diritti demaniali. Risalgono appunto al 1284 due sentenze emesse dal D. il 9 giugno ed il 15 agosto, in unione con i colleghi Giacomo Molin e Marco da Canal. L'esercizio di questa carica, oltre a presupporre nel D. un'adeguata preparazione tecnico-giuridica, gli consentì, con la pratica, di affinarla, e ciò gli ritornò utile nei successivi incarichi diplomatici.
Il 24 luglio 1288, dopo averlo già eletto console di Alessandria, il Senato lo autorizzò allo scambio di funzione e di residenza con Nicolò Barbarigo, eletto castellano di Corone. Pochi giorni dopo, l'8 agosto, lo stesso Senato comandò al castellano in carica di rimborsare le spese affrontate dal D. per le prime necessità connesse al suo incarico, pari a 400 lire di piccoli, dandogli facoltà di prelevare la somma dalle entrate della castellania. A Corone il D. rimase circa due anni. L'8 luglio 1290 il Senato lo autorizzò infatti a rientrare a Venezia, dal momento in cui il suo successore fosse giunto a destinazione. Nell'estate del 1291 il D. figura tra i consiglieri ducali e l'anno successivo si trovava sicuramente a Venezia, poiché il 12 ottobre affittava a Nicola de la Sevel e a Gabriele Dolfin un fondo di sua proprietà sito a San Martino in Strada.
Nel 1293 venne nominato bailo a Costantinopoli, cioè capo e rappresentante della comunità veneziana nell'Impero d'Oriente, carica più tardi equiparata formalmente a quella di ambasciatore. In questa veste egli venne incaricato di negoziare con l'imperatore Andronico II Paleologo. Il 5 settembre il Maggior Consiglio deliberò il rilascio al D. della commissione, ossia delle istruzioni per la sua missione e lo autorizzò contemporaneamente a coniare monete per l'importo necessario a coprire le spese del suo incarico. Con ogni probabilità l'imperatore rispose all'ambasciata del D. inviando in missione diplomatica a Venezia il vescovo Niceforo di Creta ed il monaco Massimo Planudo, con l'incarico di offrire 80.000 iperperi per ricompensare i Veneziani delle perdite subite da parte dei Genovesi e degli stessi Bizantini. Dopo il rientro del D. a Venezia, il 28 nov. 1294, il Maggior Consiglio delegò al Consiglio dei trenta istituito il 22 maggio precedente, il quale aveva pieni poteri riguardo gli affari con Genova, anche l'esame dei rapporti presentati dal D. nel corso della missione diplomatica a Costantinopoli.
Forse nel 1298 (la data non è sicura perché ricavata per deduzione dalle cronache) il D. resse la podesteria di Isola, in Istria. Sta di fatto però che in quello stesso anno egli non si trovava a Venezia, poiché sua moglie, Cecilia, in qualità di procuratrice, rendeva in sua vece quietanza a Nicola de la Sevel del pagamento di 30 soldi di grossi, quale canone di locazione del citato fondo in Terraferma.
Agli inizi del 1301 il D., insieme con Gratone Dandolo e Marco Michiel, venne chiamato dalla Signoria a comandare l'esercito veneziano nel conflitto con Padova sorto per dispute di confine. A questo importante incarico militare seguì subito un altro, non meno significativo, a livello diplomatico. Nel 1302 il D. fu inviato nuovamente ambasciatore presso l'imperatore Andronico II e coglieva un notevole successo personale riuscendo a siglare una tregua di dieci anni. La missione diplomatica a Costantinopoli ebbe però degli strascichi giudiziari tra la fine del 1304 e gli inizi del 1305. Il D. fu chiamato, insieme con Iacopo Querini e Ranieri Michiel, a presentarsi dinanzi ad una commissione presieduta dal doge, a rispondere del proprio operato circa la liquidazione dei danni subiti da Giovanni Premarin, Raffaele Nadal e Rosso Zane. L'esito dell'inchiesta sollecitata da questi ultimi, insoddisfatti della liquidazione concordata con Costantinopoli, non ebbe però esiti negativi sulla carriera del Dolfin. Dopo aver esercitato già nel 1303 la podesteria di Ferrara, tra il 1306 ed il 1307 gli venne infatti affidata un'ambasceria solenne al re Leone IV d'Armenia, da cui ottenne il rilascio, il 25 maggio 1307, di un importante privilegio.
Il sovrano armeno concedeva ai Veneziani libertà di transito e commercio nei suoi territori con piena franchigia tanto nei porti che nelle città dell'interno, fatta eccezione per la località detta Portella, in cui era dovuto il pedaggio, come di consueto. Veniva accordata libertà di commercio dei metalli preziosi, oro e argento, che solo nel caso di coniazione di monete erano soggetti al pagamento di un dazio. Veniva regolato il diritto d'albinaggio riguardo alle disposizioni di ultima volontà e alle vertenze giudiziarie, anche in materia penale. Leone IV infine donava ai Veneziani una chiesa nella città di Leyas e li riconfermava nel possesso delle case donate loro dal padre Thoros.Ritornato in patria, il D. nel 1308 venne inviato ambasciatore a Ferrara per condurre trattative con Fresco, marchese d'Este il quale, in lotta con Aldobrandino e Francesco d'Este per l'eredità di Azzo VIII, intendeva cedere la città ai Veneziani. Il 20 settembre il D. fu incaricato dal Senato di conferire con Fresco, per dirimere ed appianare le difficoltà sollevate da Gerardino dell'Orefice arbitro nella vertenza per conto di Ferrara. Il 28 settembre infine la Signoria nominò il D., Giovanni Soranzo e Vitale Michiel propri rappresentanti per trattare con il marchese la cessione di Ferrara. Il 10 ott. 1308 Fresco consegnò la città con il suo territorio al D. quale procuratore del doge Pietro Gradenigo. In risposta, i legati pontifici in Italia il 25 ottobre minacciarono l'interdetto contro Venezia, minaccia ripetuta dallo stesso pontefice con una bolla del 27 marzo 1309. Venezia venne quindi a trovarsi in una spinosissima situazione. Il 1º aprile il Maggior Consiglio deliberò pertanto l'invio ad Avignone di un'ambasceria composta da Giovanni Zeno, Pietro Querini e lo stesso D., con l'incarico di trattare con il pontefice e per tentare di placarlo, ma senza successo. Nell'aprile Clemente V lanciò l'interdetto e nel maggio indisse la crociata contro Venezia. Pesantemente sconfitta nell'agosto dagli avversari, la Serenissima dovette cedere Ferrara al Papato.
L'ultima notizia certa sul D. risale al 24 marzo 1310 quando ottenne licenza dal Maggior Consiglio di poter rialzare il livello del terreno di una sua proprietà nella parte settentrionale della città, in prossimità della chiesa e del convento di S. Maria dei Crociferi. Si ignora la data di morte del D., padre, secondo il Barbaro, di sei figli: Dardi, Giacomo, Gregorio, Marco, Piero e Vettor.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Cancelleria inferior, b. 108, Notaio Matteo prete di S. Giovanni Grisostomo, doc. 1298, 9 ott.; Ibid., Collegio, Lettere, reg. aa. 1308-1310, c. 2v; Ibid., Commemoriali, reg. I, cc. 64v, 69, 80v, 115v; Ibid., Consiglio dei dieci, Miscell. codici, reg. 8b, cc. 150r, [150bis]r; Ibid., Giudici del Piovego, b. 3, pp. 36-40, sent. n. VII; pp. 40-44, sent. n. VIII; pp. 45-49, sent. n. IX; pp. 413-414, sent. n. LIV; Ibid., Liber Albus, cc. 233, 235; Ibid., Maggior Consiglio, reg. 5 (Luna, Zaneta, Pilosus), cc. 111, 112v, 140 , 180v, 190; reg. 8 (Magnus et Capricornus), cc. 56, 141; reg. 10 (Presbiter), cc. 5, 7v, 16; Ibid., Misc. atti diplomatici e privati, b. 10, nn. 359-360; Ibid., Misc. codd., I, Storia veneta 19: M. Barbaro-A. M. Tasca, Arbori de' patritii veneti, III, c 289; Ibid., Ibid. 51: G. G. Caroldo, Historia di Venetia, alla data: 1309, 1º apr.; Ibid., III, Codd. Soranzo 32: G. A. Cappellari Vivaro, Il Campidoglio veneto...., II, c. 66; Ibid., Pacta, reg. III, c. 48; Ibid., Senato, Deliberazioni miste, reg. 1, cc. 8, 87; reg. 2, c. 120; V. Langlois, Le trésor des chartes d'Arménie ou cartulaire de la Chancellerie royale des Roupéniens..., Venise 1863, p. 167; Documenta ad Forumiulii patriarchatum Aquileisensem Tergestum Istriam Goritiam spectantia, a cura di A. S. Minotto, Sectio I, I, Venetiis 1870, p. 183; Documenta ad Belunum Cenetam Feltria Tarvisium spectantia, a cura di A. S. Minotto, Sectio I, I, Venetiis 1871, p. 77; Documenta ad Ferrariam Rhodigium Policinium ac marchiones Estenses spectantia, a cura di A. S. Minotto, Sectio I…, Venetiis 1873, pp. 149 ss.; ILibri commemoriali della Repubblica di Venezia. Regesti, a cura di R. Predelli, I, Venezia 1876, pp. 212, 227 s., 255, 319; Diplomatarium veneto-levantinum, a cura di G. M. Thomas, Venezia 1880, p. 56; Monumenti della università di Padova (1222-1318), a cura di A. Gloria, Venezia 1884, p. 341; G. Giomo, Lettere di Collegio rectius Minor Consiglio 1308-1310, in Miscell. di storia veneta, s. 3, I (1910), p. 279; Deliberazioni del Maggior Consiglio di Venezia, a cura di R. Cessi, III, Bologna 1934, pp. 210, 270, 348, 368; Le deliberazioni del Consiglio dei rogati (Senato) serie "Mixtorum", I, a cura di R. Cessi-P. Sambin, Venezia 1960, pp. 15, 98, 121; Venetiarum historia vulgo Petro Iustiniano Iustiniani filio adiudicata, a cura di R. Cessi-F. Bennato, Venezia 1964, pp. 314 s.; F. Thiriet, Délibérations des assemblées vénitiennes concernant la Romanie, I, Paris-La Haye 1966, pp. 56, 61, 69 s.; C. Tentori, Saggio sulla storia civile, politica, ecclesiastica e sulla corografia e topografia degli Stati della Repubblica di Venezia, VI, Venezia 1786, p. 18; M.-L. de Mas Latrie, Histoire de l'île de Chypre sous le régne des princes de la maison de Lusignan, Paris 1855, p. 688; S. Romanin, Storia documentata di Venezia, III, Venezia 1855, pp. 20, 94; E. Musatti, Venezia e le sue conquiste nel Medio Evo, Verona-Padova-Lipsia 1881, p. 257 n. 2; G. Soranzo, La guerra fra Venezia e la S. Sede per il dominio di Ferrara (1308-1313), Città di Castello 1905, pp. 91, 94, 101, 133 s.; B. G. Dolfin, I Dolfin (Delfino) patrizi veneziani nella storia di Venezia dall'anno 452 al 1923, Milano 1924, p. 109.