DELLA CHIESA, Francesco Agostino
Nacque a Saluzzo da Nicolino, signore di Cervignasco, e da Lucia Corvo. Secondo il Manno, nacque il 6 ott. 1593, quintogenito di dodici figli mentre il primogenito stesso viene fatto nascere dalla medesima fonte il 16 febbr. 1594. Fu avviato dapprima agli studi forensi, poi alla carriera ecclesiastica, mentre il primogenito Giovanni Antonio seguiva il cursus nella magistratura piemontese e gli altri fratelli la carriera militare, al servizio dei Savoia.
La famiglia, originaria di Saluzzo e già da più generazioni al servizio dei marchesi di Saluzzo, si era distinta con vari suoi membri sia nel campo del diritto, con consiglieri e giudici marchionali, sia in quello della storiografia e cronachistica. Basterà qui ricordare Gioffredo, autore di una Cronaca di Saluzzo, Francesco Scipione, autore di una Cronaca del Monferrato, e soprattutto Lodovico, zio paterno del D., senatore a Torino e autore della prima Historia del Piemonte (1608).
Proprio con Lodovico era inoltre avvenuto il passaggio, peraltro indolore, della famiglia al servizio dei duchi di Savoia, dopo la conquista del marchesato di Saluzzo fatta da Carlo Emanuele I, sanzionata dalla pace di Lione del 1601. Fu quindi in un ambiente familiare assai colto e raffinato che il giovane D. venne avviato agli studi di diritto e di storia, prima a Torino dallo zio Lodovico, poi a Roma, ove conseguì il dottorato in utroque iure, alla Sapienza, il 15 giugno 1615.
L'anno prima il D. aveva già pubblicato a Torino il Catalogo degli scrittori piemontesi..., poi riedito, riveduto e ampliato, a Carmagnola nel 1660. Indubbiamente in tali anni il D. si formò alla scuola dello zio Lodovico, la cui Historia era uscita qualche anno prima, nel 1608. Ciò è testimoniato anche da alcuni manoscritti, conservati oggi nella Biblioteca reale di Torino, nei quali si trovano diverse annotazioni comuni dei due studiosi alle citate Cronache.
Nel 1618 il D. prese gli ordini e venne ordinato diacono dal vescovo di Saluzzo Ottavio Viale. Negli anni seguenti ottenne una cappellania nella chiesa cattedrale di Vercelli, il priorato di Villanovetta e quindi acquistò l'ufficio di protonotario apostolico. In questi anni continuò tuttavia a lavorare ai suoi studi. Nel 1620 pubblicò il Theatro delle donne letterate, con il Discorso della preminenza del sesso donnesco, dedicato alla duchessa di Mantova, Margherita di Savoia. Scrisse inoltre, in occasione del matrimonio del principe di Piemonte Vittorio Amedeo con Cristina di Francia, una Compendiosa Historia genealogica delle... Case regali di Francia e di Savoia, rimasta manoscritta (è conservata nell'Archivio di Corte, Storia Real Casa, mazzo 2, presso l'Archivio di Stato di Torino).
Negli anni seguenti invece, incaricato dalla congregazione dei Riti di raccogliere informazioni legali sulla vita e i costumi del pio vescovo di Saluzzo Giovenale Ancina, morto nel 1604, in vista del processo di beatificazione, colse l'occasione per pubblicare, nel 1629, un'operetta divenuta ben presto rarissima, sulla vita del vescovo, ma assai ricca anche di numerose notizie sulla storia e sulle famiglie di Saluzzo.
La posizione del D., inoltre, in quegli stessi anni, veniva formalizzata con due nomine nell'ambito della corte sabauda. Nel 1626 Carlo Emanuele I lo nominò consigliere di Stato e custode degli archivi ducali, mentre nel 1633 Vittorio Amedeo I, non potendo il D. assolvere il suo ufficio essendo stato nel frattempo nominato vicario generale della diocesi di Saluzzo, lo nominò consigliere, cosmografo e storiografo di corte.
Le patenti di nomina di Vittorio Amedeo I, in data 6 febbr. 1633, sono di per sé una preziosa testimonianza della fortuna della famiglia Della Chiesa, specchio preciso di quella burocrazia piemontese e di quella nobiltà al servizio dei Savoia, tipiche del secolo. Occorre ricordare che i Della Chiesa erano al servizio dei Savoia solo da una generazione ma il "servitio nostro e di nostra Corona" costituì sempre, per i duchi, il merito principale della loro nobiltà. E infatti le patenti ricordano i meriti "dell'abate d. Francesco Scipione e del conte Ludovico ambi diligentissimi istoriografi suoi zii paterni", ma soprattutto le servitù e i servizi resi "dalli magnifici vassalli e capitani delle nostre ordinanze Carlo, Silvestro e Flaminio suoi fratelli, morti tutti e tre nel fiore di loro gioventù nelle passate guerre..." (G. Claretta, Storia della reggenza, II, p. 451). La nomina del D. voleva quindi anche essere una ricompensa e un premio per una famiglia che, pur di recente servizio, aveva già acquistato, a caro prezzo, un forte credito con la casa ducale. Lo stesso atteggiamento venne tenuto verso il fratello primogenito del D., Giovanni Antonio, giudice, prefetto, senatore, poi presidente del Senato di Piemonte e primo presidente di quello di Nizza.
L'attività storiografica del D. proseguiva infaticabile, specie considerando che molte sue opere rimasero manoscritte. Nel 1635 pubblicava la Relazione dello stato presente del Piemonte, ispirata alle Relazioni del Botero, ma assai distante da queste. In realtà buona parte dell'opera storiografica del D. va inquadrata anche nel particolare momento storico del breve regno di Vittorio Amedeo I e della successiva reggenza della vedova Cristina di Francia. In tali anni le pretese dei Savoia al titolo regio, l'esigenza di diffondere a livello europeo una storia della casa regnante, la necessità di far conoscere gli stessi domini sabaudi costituiscono i binari ufficiali sui quali indirizzare la storiografia piemontese. E proprio su questa strada si mossero gli storici del periodo, il Monod, il Castiglioni, lo stesso Guichenon. E questa strada seguì anche il D., più o meno in buona fede. Ne sono precisa testimonianza due altre opere da lui pubblicate, I fiori di blasoneria per ornare la Corona di Savoia con i fregi di nobiltà, uscita nel 1655 e la Corona reale di Savoia, o sia Relatione delle province e titoli ad essa appartenenti, apparsa in due volumi nel 1655 e 1657. Il carattere primo di questi lavori è proprio quello di far conoscere e di diffondere a livello italiano ed europeo i meriti e la nobilitas non solo della dinastia sabauda ma dei loro stessi domini e della loro nobiltà "insigne originaria". E così pure rientrano in questo schema altri lavori inediti del D., dalla consueta Relazione dell'isola di Cipro..., operetta d'obbligo per gli storiografi ducali per, le note pretensioni sabaude al titolo regio su tale regno, a una Origine dei titoli civili e principalmente della Serenissima Casa dei Savoia, oancora a I cinquecento e dieci gradi degli ascendenti paterni e materni dell'A.R. Carlo Emanuele II... . Non stupisce quindi il favore di cui il D. godeva alla corte, favore concretizzatosi nel 1639 nell'annua pensione "di scudi 150 d'oro in ricompensa dei servizi resi alla Corona". La pensione fu confermata ancora nel 1650. Nel 1642 inoltre la duchessa reggente Cristina lo proponeva a Roma per la successione al vescovado di Saluzzo, dopo la morte del vescovo Bellino l'anno precedente.
È assai interessante e illuminante al riguardo la lettera del nunzio a Torino G. Cecchinelli, del 16 nov. 1641, al card. Barberini, su tale candidatura. Le informazioni furono raccolte ovviamente dal nunzio a Saluzzo e sono da lui giudicate tutte ostili al Della Chiesa. Questi figura vicario capitolare e generale per volontà della reggente contro il parere del capitolo, che aveva eletto un altro candidato, un certo teologo ligure. Ma soprattutto lo si accusa del fatto che "sta tutto pendente della medesima autorità laicale, mostrandosi parzialissimo, di quella.... Ha risposto che Madama è padrona nel suo Stato come il papa in Roma..." (Claretta, Sui principali storici piemontesi..., p.105). A Roma poi, ove il D. si era recato nell'aprile del 1642, egli si trovò messo sotto accusa per la sua operetta Discorso della preminenza del sesso donnesco, pubblicata nel 1620, come egli stesso scrisse alla reggente. Tuttavia, superate tali difficoltà, venne proclamato vescovo da Urbano VIII il 14 luglio 1642 e consacrato in S. Maria in Vallicella dal card. di S. Clemente il 24 agosto dello stesso anno. Tre anni dopo, quasi ad esaudire una promessa fatta a Roma, pubblicò la sua opera più ortodossa, "degna del grado che teneva nella gerarchia ecclesiastica": l'Historia chronologica S. R. E. cardinalium, archiepiscoporum, episcoporum et abbatum Pedemontanae regionis, uscita a Torino nel 1645 a spese della corte. Nel corso dell'anno 1649 usciva a Mondovì la raccolta dei decreti sinodali della diocesi di Saluzzo.
Dell'attività pastorale del D. si conosce ben poco, oltre ai consueti elogi per la sua assai generica azione a favore dei poveri e dei bisognosi, del capitolo della cattedrale, del restauro di questa o quella chiesa. Ma al riguardo getta uno squarcio di luce lo stesso D. quando, in un passo della Corona reale, ricorda come, occupato nella visita pastorale della Comunità di Paesana, cogliesse l'occasione di visitarne gli archivi. Ed esaminando uno dei protocolli notarili ritrovò, nella coperta di pergamena, una preziosa genealogia dei marchesi del Piemonte, dei primi anni del 1300. E in altri passi ancora della sua opera il D., lamentando ad esempio l'incuria dei nobili che "non si sono degnati né meno far risposta alle nostre lettere", reca preziosa testimonianza di come la sua attività di storico e di ricercatore sia stata quasi sempre per lui preponderante (Corona reale, II, p. 307, e Introduzione). Sempre occupato infatti o in nuovi lavori o nella revisione e ristampa di quelli giovanili, il D. trascorse gli ultimi anni della sua vita a Saluzzo, ove morì l'11 sett. 1662.
Le opere del D., sia quelle a stampa che quelle manoscritte, conobbero subito una grande diffusione. Spesso la scarsa tiratura di quelle a stampa portò a una larga diffusione di copie manoscritte, ancora oggi presenti in molti archivi privati. Segno indiscutibile che l'opera del D. andava a colmare in parte il grave vuoto della storiografia piemontese. Pur con varie riserve infatti anche la critica piemontese settecentesca avrebbe additato nel D. il padre della moderna storiografia sabauda, da leggere forse tuttavia nel significato di primogenitore. Tuttavia il Galeani Napione, il Loya, lo stesso Terraneo ne fecero "il caposaldo centrale di ogni successiva ricerca di storia piemontese" (Castronovo, p. 89). Tanto che nel 1777 si giudicò utile e necessaria la ristampa delle sue opere più importanti, promossa dal Loya e dal Terraneo. Premesso tuttavia che l'opera storica del D., come quella del resto di quasi tutta la storiografia piemontese dell'epoca, è assai lontana dalla modernità e dal valore di quella fiorentina o veneziana, dalle quali è distaccata da un ritardo secolare, occorre considerarla oggi soprattutto nel suo valore di fonte storica. Le sue opere più importanti infatti, la Relatione dello stato presente del Piemonte e la Corona reale, come pure quelle sulle famiglie nobili del Piemonte, costituiscono tuttora vere e proprie fonti per la storia piemontese dell'epoca. Meglio ancora costituiscono una raccolta di materiali a volte informi e grezzi dai quali è possibile trarre spesso notizie e informazioni preziose. Sembra quindi ancora accettabile il giudizio del Claretta sul D., da lui definito "il Muratori del Piemonte", col chiaro intento di mettere in rilievo più la sua faticosa opera di raccoglitore di memorie patrie che non quella di storico. E in effetti le due opere più note del D., legate fra loro dallo stesso filo conduttore, la Relatione... del Piemonte e la Corona reale, sono nettamente influenzate dalle Relazioni del Botero, come lo stesso D. afferma nell'Introduzione. Ma se pure ricche di notizie e improntate ad una concezione anche geografica della storia, in queste due opere sono andati dispersi alcuni motivi dell'analisi del Botero che ne costituivano la modernità. Mentre ne emergono altri, quali la funzione della nobiltà, il lealismo dinastico delle popolazioni, il consolidamento dello Stato sabaudo pur nei diversi domini dei Savoia, che si evidenziarono maggiormente nell'età di Vittorio Amedeo II.
Prova tangibile tuttavia dell'ambiguità del disegno del D., sempre oscillante fra la raccolta delle fonti e delle memorie e l'analisi storica, resta la sua grande opera incompiuta, La descrizione del Piemonte, nella quale tutto ciò che in essa è degno di memoria si vede o per il passato è seguito si legge, esemplare mss. in sette volumi conservato nella Biblioteca nazionale di Torino.
La bibliografia delle opere a stampa e manoscritte del D. fu a suo tempo pubblicata dal Loya, Elogio..., op. cit., pp. 117 ss., e ripresa più tardi dal Claretta, Sui principali storici..., op. cit., pp. 101 ss. Qui si segnaleranno solo i manoscritti oggi conservati a Torino: Biblioteca naz., ms. N. II. 9: Discorsi sopra alcune famiglie nobili del Piemonte; ms. N. III. 11: Il capitolo fratesco (poemetto); O. II. 6-12: Descrizione del Piemonte; ms. O. III. 37: Compendiosa hist. genealogica delle case di Francia e di Savoia; Biblioteca reale, Manoscritti, St. patria 20: Disc. famiglie nobili del Piemonte; St. patria 29: Compendiosa storia di Cuneo; St. patria 156: Italiae episcoporum series ... ; St. patria 173: Descrizione del Piemonte ... ; St. patria 174: Addenda alla storia di Saluzzo... ; St. p. 307 bis: Comp. Hist. geneal. ...; St. p. 340: Relazione dell'isola di Cipro... e delle ragioni de' Reali Principi di Savoia su quel regno. Sempre nella Bibl. reale, St. p. 815, le schede e i giudizi del Terraneo sul Della Chiesa. A stampa: Catalogo di tutti li scrittori piemontesi, savoiardi e nizzardi et altri dei stati dell'Altezza Serenissima di Savoia..., Torino 1614; 2 ed. riv. e ampl., Carmagnola 1660; Discorso della preminenza del sesso donnesco con il theatro delle donne letterate, Mondovì 1620; Vita del pio vescovo di Saluzzo Giovenale Ancina della città di Fossano..., Torino 1629; Relatione dello stato presente del Piemonte..., Torino 1635; ibid. 1777; Historia chronologica S. R. E. cardinalium, archiepiscoporum, episcoporum et abbatum Pedemontanae regionis..., Torino 1645; Fiori di blasoneria per armare la corona di Savoia con i fregidi nobiltà, Torino 1655; ibid. 1777; Corona reale di Savoia o sia relazione delle province e titoli ad essa appartenenti, Cuneo 1655-57; Torino 1777.
Alcune polemiche con il D. condussero F. Malabaila, Clypeus civitatis Astensis..., Asti 1647; Id., Clypeus civitatis Astensis liber apologeticus..., Lugduni 1656; e A. Rossotti, Syllabus Scriptorum Pedemontii, Romae 1658; Scrittori Piemontesi, Savoiardi, Nizzardi registrati nei cataloghi del vescovo F. A. D. e del monaco A. R., a cura di O. Derossi, Torino 1790 (questa edizione comprende anche l'opera del D. Theatro delle donne letterate).
Fonti e Bibl.: Archivio Segreto Vaticano, Acta Cam., 18, f. 118; Ibid., Proc. Dat., a. 1642, ff.372-373; Ibid., Misc. Arm. XIII, 33, f. 212;Archivio di Stato di Torino, Archivio di Corte, Lettere particolari, C, 74, 1642-1643; Ibid., Manoscritti, H.5.27: Comp. Hist. città di Cuneo; Ibid., Ibid., H.VI.2-5: Descrizione del Piemonte; Ibid., Ibid., H.VII.12: Discorsi fam nobili del Piemonte; Ibid., Patenti Controllo Finanze, 1626, II, f. 31; 1632-33, f. 203; 1639, f. 21; Ibid., A. Manno, Il patriziato subalpino (dattiloscritto), IV, p. 72; Ibid., Archivio Della Chiesa di Roddi e Cinzano. Genealogia famiglia, cat. I, m. I:mss. autografo del D. con sue note autobiografiche, s. d.; Ibid., Cariche ecclesiastiche, cat.3a, m. 1, nn. 7-12: patenti e nomine del D.;Ibid., Cariche giuridiche, cat. 4, m. 1, nn. 38, 41, 42: patenti di nomina e pensioni; Ibid., Testam. e primogenit., cat. 8, m. 1, n. 30: testam.del D., 1642, marzo 3. G. G. Loya, Elogio di Gioffredo, Lodovico, Giovanni Antonio e F. A. Della Chiesa, in Piemontesi illustri, IV, Torino1784, pp. 46-59, 114-138; G. Claretta, Storia della reggenza di Cristina di Francia..., Torino1869, II, pp. 450 ss.; Id., Sui principali storici piemontesi e particolarmente sugli storiografi..., Torino 1878, pp. 100-118; C. Savio, Storia di Saluzzo dal 1635 al 1730, Saluzzo 1928, p. 69; P.Gauchat, Hierarchia catholica..., IV, Monasterii 1935, p. 302; C. Calcaterra, Il nostro imminente Risorgimento, Torino 1935, pp. 135 s., 170; V.Castronovo, Samuel Guichenon e la storiografia del Seicento, Torino 1965, p. 89; A. Garosci, Storiografia piemontese tra il Cinquecento e il Settecento, Torino 1972, pp. 152-176.