DELLA PORTA, Giovanni Giacomo
Figlio di Bartolomeo (documentato alla certosa di Pavia dal 1484 al 1503: Kruft-Roth, 1973, p. 897), ne è sconosciuta la data di nascita, avvenuta probabilmente intorno al 1485; chiamato almeno in un caso "da Pavia", nacque probabilmente in tale città. La famiglia Della Porta, di Porlezza (Como), comprendeva il nonno del D., Giacomo, lo zio Guglielmo, lo zio Antonio detto il Tamagnino e il fratello Giovanni Francesco, tutti occupati, prima o poi, alla certosa. Poiché il fratello del padre, Antonio, era il più attivo e il più illustre della famiglia e nel 1514 nominò il D. suo procuratore, è probabile che questi abbia fatto pratica nella sua bottega.
Nella chiesa della certosa sono stati attribuiti al D., su basi stilistiche (Kruft-Roth, 1973, pp. 897 s.), i rilievi con Cristo fra i dottori e Le nozze di Cana del tabernacolo alla destra dell'altare maggiore (terminato nel 1513 e pagato ad Antonio Della Porta e a Pace Gagini); ma il primo documento (1513) che riguarda direttamente la sua attivita è relativo a un'opera da eseguire a Genova: la tomba di Fra' Giovanni Solano per l'oratorio dell'Ordine degli ospitalieri di S. Giovanni di Gerusalemme, per la quale il D. doveva ricevere 540 scudi d'oro. Non si sa se il monumento fu mai costruito, ma il fatto che egli ricevesse una commissione così importante fa pensare che fosse già noto per le sue capacità di scolpire grandi monumenti e che quindi avesse veramente lavorato, giovanissimo, a quelli di Gian Galeazzo Visconti, cominciato nel 1495 e di Ludovico il Moro e Beatrice d'Este (1497-99), come afferma il Vasari (1568). In ogni caso nel 1516 era ormai professionalmente conosciuto a Genova: fu scelto come arbitro in una disputa tra artisti genovesi; gli era stata assegnata anche una commissione (probabilmente su raccomandazione dello zio Antonio, allora attivo a Genova): un portale di marmo nero per Raffaele Giustiniani nella piazza Lunga (il primo documento è del maggio 1514 e il secondo del febbraio 1516); il compenso previsto era di 140 lire e il lavoro doveva essere compiuto in quattro mesi. Questa opera, se mai fu eseguita, pare sia andata distrutta. La sola opera rimasta del primo periodo genovese è una targa (1516), commissionatagli dal Comune, sulla parete della chiesa di S. Marco, che commemora il drenaggio del porto nel 1513: in essa il D. è chiamato "de Papia". Non si conosce la sua reale dimora per gli otto anni successivi; non è menzionato più nei documenti fino al 23 maggio 1524, quando, a Milano, è eletto "ingegnere et scultore" al duomo e viene ricordata la sua lunga esperienza e il suo buon discernimento nell'architettura e nella scultura. Non lasciò l'attività al duomo di Milano sino alla fine del 1530, ma non sono documentate, né gli sono attribuite, opere specifiche, sebbene gli venisse corrisposto un salario mensile almeno nel 1527 (Annali, III, p.237). Del resto la Fabbrica del duomo non deve avere offerto molte occasioni di lavoro in quegli anni, tanto che nel febbraio 1527 licenziò tutti i suoi architetti e scultori per sei settimane (cfr. Kruft-Roth, 1973, p. 902 n. 3).
Nel frattempo, nel 1525, accettò altre due commissioni: la prima a Cremona e la seconda a Casale Monferrato.
In un atto del 17febbr. 1525 accettava di ingrandire e finire l'Arca dei ss. Marcellino e Pietro,che era stata iniziata da B. Briosco nel 1506, nella chiesa di S. Tommaso a Cremona; era previsto un monumento enorme, alto oltre 10 m, ma per ragioni sconosciute il D. lasciò Cremona e abbandonò il progetto prima che passassero cinque mesi, dopo aver tuttavia ricevuto un pagamento (per la storia e la documentazione dell'arca, cfr. Bonetti, 1917). Il motivo di questo abbandono fu probabilmente un'altra proposta di lavoro: l'esecuzione, secondo il contratto del 1525 (in Schede Vesme,1982), in collaborazione con Cristoforo Lombardi e con l'aiuto di Agostino Busti, di un'arca per il santo patrono di Casale, S. Evasio,nella chiesa omonima, per un pagamento totale di 600 scudi. Il monumento, "de alteza de braza nove in circha de Milano, et de largeza braza cinque et mezo en el più largo", doveva essere compiuto in due anni e posto su due gradini, avere figure di marmo e due "quadri": tutto da eseguire a Milano e da trasportare a Casale, accompagnato dagli scultori e a loro spese. Il primo pagamento di 200 scudi avvenne nel maggio 1525, un secondo pagamento di 10 scudi, in acconto per i 400 ancora dovuti agli scultori, fu fatto a Casale il 16 giugno 1528 e un terzo pagamento di 82 scudi al D., anche per il Lombardi e il Busti, il 14 dic. 1528 (Schede Vesme,1982). L'altare di S. Evasio fu ricostruito nel 1563 e smembrato nel decennio 1760-70, ne rimangono delle parti nell'altare Gambara e nella sacrestia di S. Evasio; ma non sono stati fatti studi approfonditi al riguardo né sono state date attribuzioni (Sant'Ambrogio, 1898). Tuttavia, dai documenti sembra che l'opera sia stata portata avanti per almeno più di un terzo e che fra i tre collaboratori il D. abbia avuto la responsabilità maggiore.
Dopo un'assenza di sedici anni il D ritornò a Genova tra la fine del 1530 e l'inizio del 1531. Qui, dopo le riforme istituzionali di Andrea Doria nel 1528, fervevano nuovi Progetti di architettura e di scultura sia pubblici sia privati. Il D., che nel frattempo si era qualificato come abile organizzatore di bottega, trovò a Genova molte commesse in ambedue i campi. Dapprima si associò con uno scultore più giovane, Niccolò Da Corte, costituendo una bottega di cui faceva parte anche il figlio Guglielmo. Il 12 dic. 1532 il D. e Niccolò, con altri due scalpellini, s'impegnarono tramite Adamo Centurione a realizzare colonne e pilastri per il "patio" inferiore e il corridoio superiore all'Alcázar di Siviglia (Klapisch Zuber, 1969, pp. 289 s.) e il 16 dicembre dello stesso anno si accordarono per scolpire un portale, sormontato da due nudi maschili, per il palazzo di Agostino Salvago in Genova: sebbene molto rovinato, esiste ancora (Kruft-Roth, 1973). A anche certo, pur se non documentato, che in questo periodo il D. e Niccolò lavorarono al baldacchino commissionato da Filippo Doria per la cappella di S. Giovanni Battista nel duomo.
Secondo il Vasari (1568, p. 545) "l'anno 1531 fu chiamato là a fare la sepoltura di S.Giovanni Batista"; un'iscrizione, inoltre, testimonia che il baldacchino fu terminato nel 1532. Sette delle sedici figur e di profeti in bassorilievo sugli zoccoli delle colonne del baldacchino sono state stilisticamente attribuite al Della Porta (Kruft-Roth, 1973, pp. 931 ss.).
Il Monumento sepolcrale di Giuliano Cibo, vescovo di Agrigento, in S. Lorenzo a Genova, fu il secondo progetto importante intrapreso dal D. col Da Corte e con ogni probabilità col proprio figlio Guglielmo.
Questo monumento presenta in un'inquadratura architettonica molto elaborata, sette grandi figure, sei rilievi e altre due statue, una inginocchiata e una giacente (questa, ritrovata solo nel 1955), raffiguranti probabilmente tutte e due il Cibo. Il più antico documento relativo a quest'opera è un contratto del 10 febbr. 1533 tra il D. e il Da Corte da una parte e due carraresi dall'altra per una lunga lista di pezzi di marmo che possono essere identificati con le varie parti del monumento Cibo. Gli altri documenti sono: l'accordo di collaborazione del dicembre 1534, per cui il D., suo figlio Guglielmo e il Da Corte avrebbero ricevuto ciascuno un terzo dei profitti della bottega compreso "opus quod restat perficiendum ... Episcopi Agrigenti"; un pagamento (9 ag. 1535) di 40 dei 790 scudi ai tre collaboratori per il lavoro al monumento funebre; il testamento del vescovo Cibo (1535-36) che assicurava i fondi necessari al compimento dell'opera; infine un reclamo del Senato di Genova, datato 9 marzo 1537, perché la cappella si protendeva troppo in avanti, che fa quindi pensare che essa fosse terminata (per tutta la documentazione relativa si veda Varni, 1866, e Alizeri, 1877). Solo attraverso confronti stilistici si possono attribuire le varie sculture del complesso ai diversi collaboratori (Kruft-Roth, 1973, pp. 920 ss.): le figure dei santi Pietro, Paolo, Giovanni e Gerolamo, il Cristo seduto, la Temperanza sulladestra e il pannello inferiore sono stati assegnati al D. (per il lungo elenco delle attribuzioni, cfr. Kruft-Roth, 1973, p. 920, n. 1).
Mentre gli artisti erano impegnati nei due grandi monumenti di S. Lorenzo, l'officina dei Della Porta ricevette altre commissioni: dal 1533 al 1541 furono pagati per le cornici delle finestre e altre membrature architettoniche del palazzo ducale (nel 1547 il D. ricevette il pagamento finale solo per se stesso); nel 1533 Giovanni de Bosso, gran scudiero dell'imperatore, commissionò un portale in marmo; nello stesso anno ci sono contratti per una fontana (con sette figure e due vasche) per don Felipe del Rio, duca di Ascoli (il costo era di 450 scudi), e una fontana per Gregorio de Cezarea, maggiordomo del re di Navarra. Nel 1534 i disciplinati di S.Brigida chiesero alla bottega di eseguire per 40 scudi una cornice marmorea per un crocifisso; nel 1536 il Senato genovese commissionò una fontana per la piazza Nuova (ultimo pagamento nel 1538).
Sempre nel 1536 don Alvaro di Bazán ordinava un grande numero di membrature architettoniche per il suo palazzo a Granada. Il 10 apr. 1537 venne effettuato l'ultimo pagamento conosciuto alla bottega: dal Banco di S. Giorgio per una statua del "benemerito" Ansaldo Grimaldi (pagamenti per quest'opera furono fatti al D. da solo ancora dal, 1539 al 1547); sebbene nel 1538 (30 aprile) l'officina venisse formalmente rifondata, il Da Corte aveva già lasciato definitivamente Genova per la Spagna, e anche Guglielmo era assente, probabilmente partito per Roma.
Il D. rimase a Genova gli ultimi diciotto anni della sua vita, impegnato in molti lavori destinati soprattutto a istituzioni pubbliche a eccezione di due: nel 1537 un portale sormontato da due ninfe per il nuovo palazzo di Stefano Fieschi e nel 1552 un portale per la casa del prete Domenico Centurione a Bisagno.
Sempre nel 1552 il vescovo Cristoforo Rossio commissionò al D. un monumento sepolcrale per i suoi genitori, con le loro effigi fiancheggiate da angeli. Fra le commissioni pubbliche si ricordano quelle per il Banco di S. Giorgio: un caminetto (1544) e quattro statue di benemeriti, Gerolamo Gentile (1538-39), Giovanni Gioacchino da Bassano (1545), Giano Grillo (1553), oltre a quella, già citata, di Ansaldo Grimaldi (opere tuttora esistenti a Genova, nel palazzo di S. Giorgio).
Il nome del D. appare in documenti relativi alla nuova decorazione del coro di S. Lorenzo dal 1540, ma l'unica sua scultura documentata è la statua di S. Luca (1551-53). Nel 1540 stava anche lavorando al gruppo statuario con Cristo e s. Tommaso per la porta di S. Tommaso (ora nella chiesa omonima) e al Velo della Veronica per la porta di S. Caterina (distrutta). Il 5 maggio 1544 gli fu commissionato il monumento funebre a Don Lupo Soria,da erigere in S. Maria della Pace a Milano (ne esistono frammenti, sul muro del giardino della ex villa Ubaldo a Cernusco sul Naviglio). Altra importante commissione per fuori Genova fu la tomba per il Marchese di Villanova (1548-49) in S. Chiara a Moguer in Spagna, dove tuttora si trova (Alizeri, 1877, p. 226; cfr. anche Marcos, 1979).
Questo monumento è composto, oltre che dalle figure del defunto e della moglie, da statue in piedi a grandezza naturale di profeti, Virtù e putti, con ghirlande, che nella razionalità del loro atteggiamento e nella finezza dei panneggi si avvicinano, come nessun'altra opera del D., al livello artistico dei suoi contemporanei, compreso il figlio Guglielmo.
Le ultime due opere a lui affidate - la statua di Dario Vivaldi per il Banco di S.Giorgio (1553) e il monumento funebre per Cattaneo Pinello (1554) - furono terminate da altri dopo la morte del D. avvenuta prima del 22 maggio 1555, giorno in cui, appunto a causa della sua morte, la commissione Pinello fu trasferita al nipote Giuseppe, figlio di suo fratello Giovanni Francesco.
Della famiglia del D. sappiamo molto poco: non è mai nominata una moglie, dei figli sono conosciuti solo Guglielmo (cfr. la voce in questo Dizionario), e una figlia, Marta, sposata allo scultore Niccolò Longhi; il nipote Giuseppe in un documento del 29 sett. 1555 è citato come suo erede. La residenza genovese del D. era al ponte Cattaneo.
Solo recentemente è stata studiata in modo sistematico l'attività artistica del D. (nelle vecchie fonti si fa molta cqnfusione con gli altri Della Porta: con il figlio Guglielmo, lo zio Antonio e perfino con il famoso architetto romano Giacomo).
Il primo lavoro documentato ancora esistente, il portale di palazzo Salvago, è del 1532, posteriore perciò di 19 anni alla sua prima commissione del 1513. Nel tentativo di colmare questa lacuna, Kruft e Roth (1973, pp. 900 ss.), partendo dall'attribuzione al D. dei rilievi con Cristo fra i dottori e con le Nozze di Cana del tabernacolo (finito nel 1513) della certosa di Pavia, hanno aggiunto nuove attribuzioni e tracciato un profilo dello sviluppo artistico del Della Porta.
Il talento scultoreo del D. fu modesto, ma la sua lunga e prolifica carriera fu notevole per la straordinaria abilità organizzativa e per la capacità produttiva. È evidente dai documenti che fu organizzatore e guida delle sue botteghe, assumendo quindi un ruolo significativo, dal momento che la bottega dei Della Porta dominò la produzione scultorea genovese nella prima metà del XVI secolo.
Fonti e Bibl.: Tutti i documenti genovesi sul D. sono catalogati in Kruft-Roth, 1973. Cfr. inoltre Annali della Fabbrica del duomo ..., III, Milano 1880, pp. 229, 237; G. Vasari, Le vite ... [1568], a cura di G. Milanesi, VII, Firenze 1881, pp. 544 s.; G. Baglione, Le vite...,Roma 1642, p. 151; R. Soprani, Le vite...,Genova 1674, p. 278; R. Soprani-C. Ratti, Le vite..., I, Genova 1768, p. 408; S. Varni, Delle opere di G. G. D. e Guglielmo Della Porta, in Atti d. Soc. lig. di stor. patria, IV(1866), pp. 35 ss., 55 ss.; F. Alizeri, Notizie dei professori del disegno..., V,Genova 1877, passim;G. Merzario, I maestri comacini, II,Milano 1893, pp. 215, 560; D. Sant'Ambrogio, Rinvenimento di cinque lapidi..., in Arch. stor. lomb., XXIII (1896), pp. 162 ss.; Id., Il palio... Certosa di Pavia, in IlPolitecnico,1898, pp. 15 ss.; L. Cervetto, IGaggini da Bissone, Milano 1903, pp. 4 ss.; F. Malaguzzi Valeri, ISolari...,in Italien. Forsch.... Florenz, I (1906), p. 135; A. Monteverdi, L'Arca di Ss. Pietro e Marcellino...,in Arch. stor. lomb., XXXVI (1909), I, pp. 495 ss.; C. Bonetti, L'Arca de' Ss. Marcellino e Pietro in Cremona, ibid.,XLIV (1917), pp. 578-583, 611-618; A. Venturi, Storia dell'arte ital.,X,3, Milano 1937, p. 738; G. Nicodemi, A. Busti detto il Bambaja,Milano 1945, p. 38; E. Arslan, La scultura nella seconda metà del '400,in Storia di Milano, VII,Milano 1956, p. 738; C. Manara, Montorsoli,in Quad. dell'Istituto di storia dell'arte d. Univ. di Genova, II,Genova 1959, pp. 11 s., 15 n. 7; A. Rossi, La statua di G. Cybo...,in Boll. ligustico..., XIII (1961), pp. 161 ss.; J. Pope Hennessy, Catal. of Italian scuipture in the Victoria and Albert Museum, II,London 1964, p. 543; R. Roli, Le sculture di Guglielmo Della Porta nella cattedr. di Genova,in Arte antica e moderna,1966, pp. 209-22 passim; C.Klapisc Zuber, Les maîtres du marbre. Carrare 1300-1600, Paris 1969, pp. 228 n. 39, 289 ss.; W. Piastra, Storia della chiesa di S. Domenico a Genova, Genova 1970, p. 315, n. 3; H. W. Kruft, Portali genovesi del Rinascimento,Firenze 1971, p. 19; H. W. Kruft-A. Roth, The Della Porta workshop in Genoa,in Annali della Scuola normale superiore di Pisa, III (1973), pp. 893 ss., 934; A. Norris, The tomb of Gian Galeazzo Visconti,tesi di dott., New York University 1977, pp. 167, 266; C. Pedretti, Leonardo's studies for the Sforza sepulchre,in Gazette des beaux-arts, XCI(1978), pp. 14 ss.; M. E. Marcos, El sepulcro del Marqués de Villanueva..., in Archivo espaiwl de arte, LII (1979), pp. 44-50; Schede Vesme, IV,Torino 1982, pp. 1247 ss.; E. Eglinski, Fortitude and Prudence: Ital. high Renaissance reliefs,in Register of the Museum of Art of the University of Kansas,IV (1969), I, pp. 32 s.; M. Estella-F. Lamera, Da Corte, Niccolò,in Diz. biogr. degli Italiani,XXXI,Roma 1985, pp. 584 s.; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon,XXVI I,pp. 281 s. (sub voce Porta, Giovanni Giacomo della).