DELLA ROBBIA, Giovanni Antonio
Nacque a Firenze il 19 maggio 1469, terzogenito dello scultore Andrea di Marco e di Giovanna Paoli.
La casa natale di via Guelfa, ch'egli abitò sino alla morte, accoglieva fin dal 1446 la celebre bottega di terrecotte invetriate dei Della Robbia, in cui anche il D. fu attivo, prima come collaboratore del padre, e poi con piena autonomia raggiunta sembra già entro la fine del Quattrocento ma ratificata con l'iscrizione all'arte dei medici e speziali solo il 28 nov. 1525 (doc. in Marquand, 1922, p. XXVI) cioè poco dopo la morte del padre (4 agosto).
Erede di una consolidata tradizione tecnico espressiva, ma plasticatore meno dotato del padre e dei fratelli minori Luca Bartolomeo e Girolamo Domenico - che già il Vasari (1568) ricordava come artisti più significativi - il D. affrontò il difficile compito di adeguare la produzione robbiana ai canoni di un gusto ormai profondamente mutato; compito ch'egli svolse con industrioso spirito artigianale, animato da un vivace eclettismo e da un'intensa vena decorativa, traducendo spunti contemporanei e spesso intere composizioni pittoriche in opere talvolta confuse ed ingenue, ma sapide ed immediate e per questo ancor più accessibili e gradite alla devozione popolare. La sua. copiosa produzione si distingue così per un uso estensivo dell'invetriatura, in prevalenza vivacemente policroma, strutture complesse e sovraccariche di un ricco ornato che enfatizza il consueto repertorio robbiano (ghirlande, angeli e cherubini) e lo combina a motivi di gusto archeologico (candelabre a grottesca, grifi, fregi a greca), scene con pittoresche notazioni d'ambiente affollate di figure dalla gestualità un po' rigida ed elementare ma intensamente espressiva e talvolta sensibili al forbito classicismo cinquecentesco. Questi caratteri, ben espliciti nelle opere documentate a partire dall'inizio del secondo decennio del Cinquecento, ci consentono alcune ipotesi per ricostruirne la più problematica attività giovanile, che fu certamente segnata da una forte dipendenza dai modi del padre e che risulta in parte di ancora controversa identificazione (Pope-Hennessy, 1979).
Nel 1487 (3 marzo) il D. è ricordato in un pagamento ad Andrea per uno dei due stemmi dell'arte della lana ancora oggi all'Opera del duomo (doc. in Marquand, 1922, I, p. 85), frutto forse di una loro collaborazione, e poco dopo, insieme con i fratelli Marco Giovanni e Luca Bartolomeo, dovette aiutare il padre nell'altare marmoreo di S. Maria delle Grazie ad Arezzo (1487-93 c.), realizzandone almeno il festone invetriato, nella decorazione di S. Maria delle Carceri a Prato (1490 c. 1492) per il cui montaggio vennero infatti pagati Andrea Della Robbia "e fratelli" (doc. 20 ag. 1491: ibid., p. 112) e nelle altre imprese più impegnative dei primi anni Novanta (per queste opere cfr. la voce Della Robbia, Andrea, in questo Dizionario).
Inoltre, fra i lavori riferibili alla bottega di Andrea, il D. potrebbe aver modellato insieme ai fratelli l'Assunta in S. Francesco a Barga e il Cristo nel sepolcro nella chiesa inferiore della Verna (1490-95 c.), e con maggiore autonomia stilistica il tabernacolo del duomo di Barga, l'Ascensione di S. Domenico a Foiano e, in parte, l'Intercessione di Cristo in S. Francesco sempre a Foiano (1495-1500 c.), opere che, per quanto rispettose degli schemi del padre, rivelano già nell'ornato e nell'articolazione delle figure i caratteri distintivi della successiva produzione del D. (cfr. la voce Della Robbia, Andrea; Pope-Hennessy, 1979; Gentilini, 1983/b). E in questi anni eseguì senza dubbio numerosi rilievi devozionali replicando con varianti più o meno significative modelli e composizioni di Andrea come la Madonna del cuscino già nel convento della badia fiorentina, e l'Adorazione col s. Giovannino su sfondo di paesaggio già nel convento della Ss. Annunziata delle Murate, oggi entrambe al Bargello (1495-1500 c.: Gentilini, 1983/a).
La prima opera documentata del D. sembra essere il celebre lavabo della sagrestia di S. Maria Novella, terminato forse nell'agosto 1498, cui si riferisce un pagamento del 4 febbr. 1499 (Haines, 1980) relativo però al solo pavimento (collocato nel marzo, ma oggi perduto): l'opera, seppure legata a schemi di Andrea nella tipologia della lunetta (Madonna col Bambino tra due angeli) e delle lesene, è caratterizzata da un'esuberanza decorativa tipica della successiva produzione del D., particolarmente felice nel suggestivo paesaggio fluviale dipinto in maiolica. La vivacità filippinesca che anima le figure del lavabo ritorna con una maggiore tensione grafica nelle due pale del convento osservante di S. Girolamo di Volterra, la cui attribuzione al D. è sostenuta da più elementi stilistici e tipologici: il Giudizio finale, che un'iscrizione dice fatto fare nel 1501 da Michelangelo "Ceheregli" (Ceccarelli?), e il S. Francesco che dà la regola a s. Luigi e a s. Elisabetta d'Ungheria, forse successivo di qualche anno e desunto proprio da un disegno di Filippino Lippi (Pope-Hennessy, 1979).
Il 20 ag. 1507 lo spedalingo di S. Maria Nuova Leonardo Buonafede, che in seguito si confermerà come il principale committente di opere "robbiane", ordinò al D. trentasei orci invetriati per la spezieria di quell'ospedale, di forma analoga ai tre già consegnati allo speziale Valore di Zanobi, decorati a "scalandroni" e altri motivi pittorici scelti dallo stesso Buonafede. Il D., che avrebbe dovuto terminarli entro l'ottobre successivo, ne consegnò solo undici e nel maggio 1510.
L'unico esemplare oggi noto si conserva nel Musée national de la céramique di Sèvres: è decorato a cubetti illusionistici e grottesche e reca la data 1507 risultando per questo identificabile con uno dei tre eseguiti come campione (Cora, 1973; Giacomotti, 1974). Attribuibili al D. sono inoltre numerosi vasi decorativi che enfatizzano tipologie plastiche 'all'antica' già inaugurate da Andrea (vedi ibid. e ad vocem), e una cospicua produzione di canestri augurali con frutti e fiori.
Tra le opere modellate dal D. nel primo decennio possiamo ricordare, per il notevole impegno plastico, la nicchia col S. Domenico oggi al Bargello, già nel convento di S. Lucia di Camporeggi, e le tre lunette di S. Iacopo a Ripoli (Madonna col Bambino tra due santi sul portale; Noli me tangere, forse di un collaboratore, e Incredulità di s. Tommaso, attualmente nel convento delle Montalve a La Quiete), caratterizzate da puntuali derivazioni verrocchiesche. Del 1505 e lo stemma dell'Ordine vallombrosano sul portale dell'abbazia di Montescalari, al cui interno, secondo documenti perduti, sembra fossero altre terrecotte del Della Robbia.
Al D. è infatti riferibile una consistente produzione di stemmi invetriati che per le ghirlande rigogliose abitate da lucertole, lumache e rane, le cornici ad ovuli, le fitte sbaccellature e gli altri ricchi ornati, si differenziano dalle più sobrie tipologie di Andrea. Alcuni sono racchiusi da una raffinata incorniciatura dipinta sul muro con motivi a grottesca analoghi a quelli adottati dal D. (Pistoia, palazzo pretorio) e quindi realizzata forse da un pittore attivo nella stessa bottega robbiana.
È plausibile inoltre che il D. collaborasse ai gruppi plastici in terracotta dipinta che popolavano le trentaquattro cappelle del Sacro Monte francescano di San Vivaldo (Montaione), realizzate tra il 1500 e il 1516, e forse già entro il 1513 (Paolucci, 1975 e 1976; Battisti, 1987), ma delle immagini ospitate nelle attuali diciassette cappelle, modellate da almeno cinque diversi plasticatori per lo più assai modesti e collegabili anche alla bottega di Benedetto Buglioni, sembra attribuibile con sicurezza al D. soltanto lo Svenimento della Vergine (cfr. voce Della Robbia, Marco Giovanni; per un rilievo proveniente da Montaione, oggi nel Museum. of Art di Cleveland, cfr. W. M. M., 1923).
Poco più tardi il Buonafede affidò al D. la realizzazione di alcuni importanti arredi invetriati per la pieve di S. Giovanni Battista a Galatrona (Montevarchi) - che recano infatti il suo stemma - i cui pagamenti, peraltro non molto dettagliati, datano dal 1510 (13 aprile) al 1521 (30 aprile): un fonte battesimale con sei episodi della vita del Battista, tratti con lievi varianti da celebri immagini di Ghirlandaio, Verrocchio e Antonio Pollaiolo; un ciborio a tempietto esagonale, con rilievi che raffigurano il Redentore tra cinque santi, affiancato da due angeli cerifori (di una tipologia più volte replicata); una statua del Battista, incorniciata; quattro statuette raffiguranti gli Evangelisti; uno stemma del Buonafede con ghirlanda per la volta della cappella maggiore, perduto (forse identificabile con quello oggi nella collezione Contini Bonacossi di palazzo Pitti). Gli ultimi pagamenti (14 gennaio-30 apr. 1521) furono effettuati tramite il figlio Marco, che è probabile fosse già attivo nella bottega di via Guelfa dal momento che collabora ai numerosi lavori condotti dal padre.
Dei cinque figli nati dal matrimonio del D. con Tommasa di Carlo di Geri Bartoli (1502 o 1503), Marco (19 dic. 1503), Lucantonio (13 apr. 1506) e Simone (27 apr. 1511) "morirono di peste l'anno 1527, essendo in buon' aspettazione" (Vasari, 1568), e quindi probabilmente già collaboratori del padre. Nel 1527 (27 agosto) il Libro del contagio della Misericordia registra infatti in casa del D. "due fanciulli malati" che potremmo identificare con i figli più giovani Lucantonio e Simone, mentre "uno figliolo" del D., forse Marco, era già morto nel 1525 (sepolto in S. Pier Maggiore il 2 settembre: doc. in Marquand, 1920, p. XV). Sembra che il secondogenito, Filippo (11 apr. 1505-post 5 dic. 1534), si sia invece dedicato alla pittura; l'unica figlia, Lexandra (21 ott. 1508-1570), sposò nel 1528 Lorenzo di Lionardo di Tommaso Altoviti (per i figli del D. vedi anche Marquand, 1922).
Su commissione dei Rucellai il D. eseguì nel 1511 il fonte battesimale di S. Leonardo a Cerreto Guidi (datato), analogo a quello di Galatrona ma con sfondi policromi; che poi replicò anche per la pieve di San Donato in Poggio (dat. 1513) e più tardi, su commissione dei Medici, per quella di San Piero a Sieve.
Tra il 1510 e il 1513 realizzò per l'altare maggiore dell'eremo di S. Girolamo del Sasso Rosso presso Arcevia (Ancona) un complesso altare tripartito d'ispirazione sansovinesca con statue entro nicchie (Madonna col Bambino tra i Ss. Girolamo e Giovanni Battista), figure e storie ad altorilievo, lesene a grottesca, e due angeli cerifori, consegnato nel luglio di quell'anno insieme ad un "occhio" identificabile forse in un medaglione con l'Assunta e due statuine raffiguranti S. Girolamo e la Maddalena (perdute) un tempo sulla facciata della chiesa. Si trova oggi ad Arcevia in S. Medardo, mal ricomposto insieme ad alcuni frammenti robbiani, attribuibili al fratello Marco Giovanni, ritenuti parte della "transenna" collocata davanti all'altare nel 1514.
Sempre nel 1513 (pagamento del 12 Ottobre) il D. eseguì per l'altare del Sacramento in S. Ambrogio due Angeli cerifori analoghi a quelli di Galatrona e di Arcevia, ed una "predella" oggi perduta, ma quasi certamente una versione monocroma di quella realizzata più tardi per S. Francesco a Montughi (ora al Bargello) utilizzando gli stessi modelli impiegati nel ciborio di Galatrona. Disperse sono anche le opere eseguite a partire da quello stesso anno per la chiesa del monastero del Buonsollazzo: una Vergine Maria e due Angeli per l'altar maggiore, statue commissionate nel luglio 1513 e già terminate nel settembre, l'altare della Natività commissionato forse anch'esso nel luglio, consegnato nell'ottobre e colorito "parte a smalto" nel dicembre (che quindi poteva essere anche un gruppo plastico parzialmente invetriato), un S. Bernardo parte invetriato e parte dipinto, consegnato nel luglio 1517, ed una "tavola del Sacramento" che, già affidata al D., fu pagata "per conto di Giovanni" il 16 ott. 1517 ad Agnolo di Polo, plasticatore altrimenti noto come allievo del Verrocchio. La data 1513 compare inoltre su una delle candelabre di un tabernacolo ricomposto nel chiostro di S. Lorenzo con frammenti invetriati provenienti da una considerevole opera autografa di ardua identificazione. E di questo tempo o di poco posteriore sembra anche il complesso altare policromo parzialmente invetriato di S. Stefano a Vaglia (oggi smembrato tra S. Pietro a Vaglia e S. Maria a Paterno e in parte perduto) con stemmi Davanzati e Pazzi (quindi post 1512), che presenta entro una struttura tripartita analoga a quella dell'altare di Arcevia, il Presepio con l'adorazione dei pastori tra le statue dei Ss. Stefano e Lorenzo.
Nel 1514 per la cappella dell'orto dell'ospedale di S. Maria alla Scala il D. eseguì un'imponente paia policroma, interamente invetriata, con stemmi Accolti e Pollini, che raffigura la Pietà tra s. Giovanni e la Maddalena contraddistinta da un tumultuoso sfondo pittorico; collocata forse già nell'agosto di quell'anno, si trova oggi al Bargello.
Questa composizione fu più tardi replicata con alcune varianti per un convento domenicano in una pala oggi a Boston (Gardner Museum) riferibile ad un collaboratore - forse il figlio Marco - che modellò altri invetriati della bottega del D. databili intorno al 1520: la Madonna col Bambino entro nicchia di S. Maria a Greve (Scandicci), alcune figure dell'Assunta nel Camposanto di Pisa (1518-20), parte della pala di Lamporecchio (1524), ed il tabernacolo di Pratovecchio (1524, vedi oltre).
In questi anni nella bottega del D. si dovettero realizzare anche non pochi gruppi in terracotta dipinta raffiguranti la Pietà tra due o quattro dolenti, secondo un raccolto schema piramidale diffuso in area fiorentina soprattutto dalla devozione domenicana (Bode, 1902; Balogh, 1937; Gentilini, 1980), come quelle nel Museo civico di Cortona, in S. Maria a Terranova Bracciolini, e nella chiesa di S.Vivaldo (Montaione), quest'ultima attribuibile forse allo stesso collaboratore della pala di Boston. Al D. è inoltre da ascrivere il Presepe a figure mobili della chiesa di S. Marco a Firenze.
Dalla metà del secondo decennio il D. con crescente determinazione sostituì alla tradizionale dicromia robbiana una tavolozza vivida che gli consentiva di enfatizzare le già esuberanti composizioni. Opera caratteristica di questa tendenza ed una tra le più rappresentative del D. è il grande altare tripartito, coronato da putti musicanti e statue di profeti, del convento francescano di S. Lucchese presso Poggibonsi (Madonna col Bambino tra i ss. Francesco e Antonio da Padova), che fu eseguito, a spese di Daddo Calcagni e della moglie Tommasa Riccobaldi i cui stemmi compaiono nella predella, nel 154 o piuttosto nel 1517 (la data iscritta in una candelabra si presta per l'imprecisione del segno ad una duplice lettura).
Stilisticamente affine è la bella nicchia nell'oratorio della Madonna delle Grazie a San Giovanni Valdarno, raffigurante l'Assunta e i ss. Tommaso, Giovanni Battista e Lorenzo, con stemmi Buondelmonti e Salviati, la cui araldica suggerisce una datazione anteriore al 22 dic. 1515. Data che è invece il post quem per l'importante pala eseguita dal D. per gli stessi committenti per commemorare l'ingresso di Leone X a Firenze (Baltimora, Walters Art Gallery), con una Tentazione di Adamo ispirata alla nota composizione del Dürer.
Concepiti forse come doni per quel pontefice sono anche i due piccoli invetriati della sala Borgia in Vaticano, la Visione di s. Bernardo tratta da un dipinto di Filippino Lippi con stemma non identificato, e un ciborietto datato 1515 con lo stemma dell'Opera del Duomo di Firenze, di una tipologia più volte replicata (l'esemplare migliore è al Bargello con stemma Magalotti-Rinuccini).
Nel 1518 (18 agosto) il D. stipulò il contratto per la grande pala dell'altare maggiore di S. Marco a Calacesana (Pisa), ora nel Camposanto pisano (l'Assunta tra quattro santi e otto profeti) che avrebbe dovuto installare. entro il 15 marzo successivo, ma con la data 1520: il rilievo principale - policromato ad olio - dichiara l'intervento di almeno un più modesto collaboratore (forse il figlio Marco), mentre la ricca cornice invetriata, con figure e storie, sembra autografa (mancano le ghirlande e i putti del coronamento ricordati nella commissione).
Incerta è anche la paternità degli invetriati monocromi realizzati nella bottega del D. per il palazzo vescovile di Castello in Val di Sieve, oggi a Fiesole, su commissione del vescovo Guglielmo dei Folchi: una pala datata 1520 (Madonna col Bambino tra quattro santi) ora nel seminario, una statua di S. Romolo entro nicchia con la data 1521, ed uno stemma del vescovo Folchi con analoga datazione, trasferiti entrambi nella cattedrale (Giglioli, 1933).
Del 1521 sono due significativi invetriati policromi. oggi al Bargello, cui il D. volle apporre insieme alla data il proprio nome: la robusta lunetta con le Marie al sepolcro, composizione desunta in parte da fra' Bartolomeo, che proviene, col suo pendant raffigurante l'Annunciazione, dalla Ss. Annunziata, ed il ben noto, imponente Presepio di S. Girolamo delle Poverine, contornato da angeli musicanti e quattro angeli cerifori (la composizione originaria sembra in parte alterata), eseguito a spese di Filippo Panichi entro la fine di luglio (secondo quanto testimonia l'iscrizione).
Altrettanto impegnativa ed apprezzata è la nicchia con la Madonna in trono col Bambino e quattro santi racchiusa da un'elaborata cornice con rilievi e teste clipeate che orna il tabernacolo delle Fonticine di via Nazionale a Firenze, fatta fare nel 1522 dalla Compagnia del Reame di Betlemme della vicina via S. Caterina.
Tra le molte opere prive di data e di documentazione realizzate in questi anni nella bottega del D. si ricordano: la pala di S. Croce (Madonna col Bambino tra s. Giovanni Evangelista e la Maddalena) già nel convento domenicano di S. Lucia di Camporeggi, forse ancora del precedente decennio; le due statue in trono dell'abbazia di Monte Oliveto Maggiore (Madonna col Bambino incoronata e S. Benedetto); la pala di S. Maria Assunta a Casole d'Elsa (Presepio con l'adorazione dei pastori e nella lunetta l'Annunciazione: scene principali policromate a freddo); la grande Resurrezione oggi a Brooklyn (Brooklyn Museum) già nella villa Antinori a Le Rose, con gli stemmi ed il ritratto del committente, Niccolò o Alessandro Antinori.
Da non trascurare è inoltre la consistente produzione di opere di minore impegno plastico, talvolta foggiate in serie: tabernacoli viari (S. Ambrogio presso la chiesa omonima; Madonna col Bambino sul portale di S. Barnaba) ed altri rilievi devozionali (Madonna col Bambino e s. Giovannino al Bargello da S. Salvatore d'Ognissanti; Ultima cena, desunta da Leonardo, al Victoria and Albert Museum di Londra forse dal refettorio di S. Francesco a Barga), cibori, angeli cerifori (secondo due tipologie di base presenti nel Presepe del Bargello), ed altre statuette di soggetto religioso (Madonna col Bambino e s. Giovannino, in S. Alessandro a Vergiano; S. Domenico, in S. Niccolò a Prato) ed allegorico (Dovizia, nell'Institute of Arts di Minneapolis, ed altri esemplari: Wilkins, 1983; Giuditta, nel Museo Bardini di Firenze, ed altri esemplari: Tschermak von Seysenegg, 1986), piccole figure ambientate (S. Giovannino nel deserto, nel Musée de Cluny a Parigi, ed altri esemplari; S. Girolamo penitente, nel Museo Bardini di Firenze, ed altri esemplari: Santi, 1986), gruppetti plastici (L'incontro tra Gesù e s. Giovanni fanciulli, già a Firenze, collezione Bruschi: Gentilini, 1980), e busti, sacri (Cristo, al Victoria and Albert Museum di Londra, ed altri esemplari; Pope-Hennessy, 1964) ed allegorici (Bacco, al Bargello, già nelle collezioni medicee, ed altri esemplari).
L'episodio di maggiore significato scultoreo nell'attività del D. è costituito dalle sessantasel teste di santi, apostoli, evangelisti, dottori della Chiesa e personaggi del Vecchio Testamento che decorano il chiostro dei monaci nella certosa del Galluzzo, commissionate forse per volere del Buonafede e pagate come già in loco nel febbraio 1523 (insieme ad un perduto Isaia posto "sopra la cisterna"): l'inconsueta qualità ed il robusto classicismo di alcune di esse hanno fatto pensare all'intervento di più abili collaboratori, come il fratello Luca Bartolomeo (Gentilini, 1985) o Giovan Francesco Rustici (Chiarelli, 1982). Il grande rilievo col Noli me tangere modellato dal Rustici per il monastero di S. Lucia di Camporeggi, oggi al Bargello, secondo il Vasari "fu poi invetriato da Giovanni della Robbia" (1568, VI, p. 606), e i contatti del D. con l'ambiente leonardesco sembrano peraltro confermati da una annotazione dello stesso Leonardo (post 1500).
Del 1523 (datato) è anche il tabernacolo del castello di Vinci (Madonna col Bambino e s. Giovannino) voluto dal podestà Giovachino Macinghi (restituito a Vinci nel 1969). E l'anno successivo (post 30 marzo), a seguito della grave pestilenza che dilagava in Toscana, la bottega del D. realizzò per S. Stefano a Lamporecchio una complessa pala raffigurante la Visitazione - ispirata al Ghirlandaio - tra i Ss. Sebastiano e Rocco con nei pilastri scene della Passione: le figure dei santi ed il fregio di cherubini sembrano qui opera di un collaboratore - forse il figlio Marco - lo stesso forse che in questo tempo (post 28 febbraio 1524) eseguiva anche il piccolo tabernacolo di Pratovecchio con la Madonna col Bambino tra i ss. Giovanni Battista e Sebastiano (doc. in Domestici, 1985-86, pp. 363-366). Incerta è anche l'autografia delle tre statue in terracotta dipinta (Madonna col Bambino tra i ss. Francesco e Rocco) con relative predelle, della cappella Spadari nella Ss. Annunziata di Arezzo (post 22 maggio 1526).
Oltre ai numerosi stemmi recano date estreme due più modesti rilievi invetriati riferibili alla bottega del D.: una Madonna col Bambino, emblema dell'arte dei medici e speziali (maggio 1524), nel Bode Museum di Berlino Est (Sachs, 1964), e il ciborio di S. Quirico a Uliveta (Vicchio), commissionato da G. B. Risaliti nel 1528.
Legato al Buonafede è anche l'ultimo importante incarico svolto dal D.: i cinque medaglioni (Annunciazione datata 1525; Assunta; Visitazione tratta dall'Albertinelli; stemma del Ceppo estemma di Pistoia) ed i quattro mezzi medaglioni (stemmi del Ceppo e di Pistoia) del portico dell'ospedale del Ceppo di Pistoia. La commissione, confermata il 10 marzo 1525, prevedeva la consegna di due di essi entro il mese e dei restanti entro il maggio 1526, ma è. possibile che i lavori si siano protratti oltre quella data giacché i relativi pagamenti arrivano al 1529. Non è da escludere che il D. partecipasse anche all'ideazione, del soprastante fregio istoriato affidato però nel 1526 a Santi Buglioni, titolare di una bottega d'invetriati affine a quella robbiana. La successiva produzione del D. risulta peraltro assai limitata.
È dunque plausibile che, come i figli, avesse anchegli accusato il contagio, e che sia questa forse la causa della sua morte occorsa in circostanze imprecisate tra il 14 luglio 1529 ed il 24 marzo 1530.
Fonti e Bibl.: il catalogo ragionato di A. Marquand (1920) rimane l'unico volume monografico sull'artista; ad esso si rimanda per i documenti qui ricordati senza ulteriori indicazioni e per la bibliografia anteriore al 1920 (cfr. anche U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XXVII, pp. 414 s. la bibl. della voce Della Robbia, Andrea in questo stesso volume); ci limitiamo qui a segnalare i successivi contributi specifici e quelli richiamati nel testo. Leonardo da Vinci, Note miscellanee [post 1500], a cura di J. P. Richter, London 1939, II, p. 357; G. Vasari, Le vite... [1568], a cura di G. Milanesi, II, Firenze 1878, p. 182; VI, ibid. 1881, p. 606; W. Bode, Florentiner Bildhauer der Renaissance, Berlin 1902, pp. 335-50; A. Marquand, G. D., Princeton 1920 (ed. anastatica, New York 1972); Id., Andrea Della Robbia and his atelier, Princeton 1922; W. M. M., A relief by G. D., in Bull. of the Cleveland Museum of Art, XX (1923), pp. 3-6; A. Marquand, The brothers of G. D., Princeton 1928; J. Balogh, Tanulmanyck a Szépmüveiszeti Museum szobraszati gyuteményében (Studi sulla collez. di sculture del Museo di bellee arti), in Szépmuveszeti Museum Evkónyvei (Annali del Museo di belle arti), VI (1931), pp. 1-51; O. Giglioli, Catalogo... Fiesole, Roma 1933, pp. 101 s., 114 ss.; F. Schottmüller, Bildwerke des Kaiser Friedrich Museum..., Berlin-Leipzig 1933, pp. 141-46; J. Matzoulévitch, Quelques sculptures inéd. d'Antonio Rossellino, G. D. ... au Musée de l'Ermitage, in Annuaire de l'Ermitage, I (1936), 1, pp. 55-72; J. Balogh, Studien in der Alten Skulpturensammlung des Museums... in Budapest, in Jahrbucher des Museums der Mildenden Kúnste in Budapest, IX (1937), pp. 45-136; A. Corbara, Una plastica extrarobbiana a Le Balze..., in Faenza, XLVII (1961), pp. 10-13; J. Pope-Hennessy, Catalogue of Italian scuipture in the Victoria and Albert Museum, London 1964, pp. 231-258; H. Sachs, Staatliche Museum Berlin. Majolika-Plastik..., Berlin 1964, ad Ind.; U. Baldini, La bottega dei Della Robbia, Firenze 1965, ad Ind.; P. Bargellini, I Della Robbia, Milano 1965; H. Pertz, Una 'pietà' sconosciuta di G. D., in Paragone, XXI (1970), 245, pp. 26 ss.; G. Cora, Storia della maiolica di Firenze e del contado..., Firenze 1973, pp. 173-189; J. Giacomotti, Catalogue des majoliques des musées nationaux, Paris 1974, pp. 94-98; G. Petru, Dílo G. D. na Buchlove, (L'opera di G. D. al castello di Buchlor), in Umèni, XXI (1974) pp. 2 s.; J. Pope-Hennessy, A relief of the Rape of Europe, in Victoria and Albert Museum Yearbook, IV (1974), p. 11-19; A. Paolucci, II Sacro Monte di San Vivaldo, in Antichità viva, XIV (1975), 4, pp. 27-40; Id., Guida di San Vivaldo, San Vivaldo 1976, passim; G. Gaeta Bertelà, Luca, Andrea, G. Della Robbia, Firenze 1977; J. Pope-Hennessy, Thoughts on Andrea Della Robbia, in Apollo, CIX (1979), pp. 176-197; G. Gentilini, Nella rinascita delle antichità, in La civiltà del cotto ... (catal.), Firenze 1980, pp. 67-99; F. Gurrieri, Il fregio dell'ospedale del Ceppo nella produzione della bottega robbiana, in VII Centenario dello spedale del Ceppo di Pistoia, Atti [1977], Pistoia 1980, pp. 25-31; M. Haines, The Sacr. of S. Maria Novella in Florence..., in Mem. dom., XI (1980), pp. 575 s s.; F. Gurrieri, Il fregio robbiano dell'ospedale di Pistoia, Pistoia 1981; C. Chiarelli, in La certosa del Galluzzo a Firenze, Milano 1982, pp. 289-292; M. Haines, Iconografia e iconologia dei busti robbiani nel chiostro della certosa di Firenze, in Analecta cartusiana, LV (1982), p. 87; G. Gentilini, Museo nazionale del Bargello, Andrea Della Robbia, I, Madonne, Firenze 1983, pp. 7, 10, 22; Id., Le "terre robbiane" di Barga, in Barga medicea..., Firenze 1983, pp. 203-242; D. G. Wilkins, Donatello's lost Dovizia for the Mercato Vecchio..., in The Art Bulletin, LXV (1983), pp. 401 ss.; T. Bartolini-A. Scarini, I Della Robbia in Casentino..., Cortona 1984; Museo nazionale del Bargello; G. Gentilini, Andrea e G. Della Robbia..., Firenze 1984; Id., Itinerari. Le robbiane, Firenze 1985; F. Domestici, Testimonianze robbiane in Casentino, tesi di laurea, Università di Firenze, facoltà di lettere, a. a. 1985-1986; Le robbiane della Verna, La Verna 1986; B. Santi, in Il Museo Bardini a Firenze, Milano 1986, pp. 282-285; W. Tschermak von Seysenegg, Die Judith von G. D., in Keramos, 1986, 114, pp. 27-36; Gli abitanti immobili di San Vivaldo..., a cura di E. Battisti, Firenze 1987, passim.