DELLA ROBBIA, Girolamo Domenico
Nacque a Firenze il 9 marzo 1488, undicesimo figlio di Andrea di Marco, scultore, e Giovanna Paoli.
Per quanto il corpus delle opere del D. sia ancora quasi interamente da ricostruire, le sue notizie biografiche rivelano una personalità originale e significativa; fu il solo tra i figli di Andrea in grado di sostenere il prestigio internazionale della plastica robbiana, da lui reinterpretata con le ricercate inflessioni del gusto manieristico, e diffusa presso la corte francese, dove rappresentò anche un esempio determinante per i celebri naturalia ceramici di Bernard Palissy (Delange, 1847).
Le prime esperienze artistiche del D. si svolsero quale collaboratore del padre e dei fratelli più anziani (vedi in particolare le voci Giovanni Antonio, Luca Bartolomeo e Francesco lacopo in questo Dizionario)nella fiorente bottega di terrecotte invetriate impiantata dai Della Robbia presso la loro abitazione di via Guelfa. Nel 1513 (11 agosto) e nel 1514 (24 marzo) viene infatti menzionato come tramite per alcuni pagamenti ad Andrea relativi a due rilievi già nel vialetto d'accesso alla certosa del Galluzzo (un S. Lorenzo perduto, ed un Cristo portacroce oggi nella sala del colloquio, in gran parte reintegrato), modellati forse dallo stesso D. (doc. in Marquand, 1922, 11, pp. 243-246; Chiarelli, 1982).
È comunque plausibile che sulla fine del primo decennio il D. fosse già in grado di svolgere lavori di maggiore importanza ed autonomia, tra i quali forse la pala policroma di S. Bartolomeo ad Anghiari, oggi nel Museo di palazzo Taglieschi (Natività e santi), e l'anconetta col S. Francesco stigmatizzato,su di un complesso sfondo paesaggistico, del Museo di Arezzo. Un analogo paesaggio, vivacizzato da minute notazioni architettoniche e di fauna e flora appenninica, caratterizza inoltre il rilievo col Cristo e la Samaritana al pozzo che ornava la fonte del palazzo pretorio di Pieve Santo Stefano (ora nella sala consiliare) datato 1511 e già riferito al D., forse in base a documenti a noi ignoti (Guida Touring Club Italiano, Toscana,Milano 1974, p. 431),e l'imponente S. Francesco stigmatizzato in S. Francesco a Barga, di un modellato scultoreo ricco di riferimenti sarteschi e raffaelleschi che possono confermare un'attribuzione al D., seppure ad una data leggermente successiva (Gentilini, 1983;per tutte queste opere vedi anche la voce Della Robbia, Andrea).
Probabilmente il D. trovò ben presto nel fratello Luca Bartolomeo il giovane - principale collaboratore di Andrea (cfr. ad vocem) - unmaestro più congeniale del padre, ormai anziano, alle sue aspirazioni artistiche, moderne e raffinate. Infatti, secondo il Vasari (1568) essi insieme "attesono alla scultura" e presto si legarono al giovane Andrea del Sarto - coetaneo e "amicissimo" di Girolamo Domenico - che li effigiò in due Storie di s. Filippo Benizzi affrescate nel chiostrino dei voti della Ss. Annunziata tra l'ottobre 1509 e l'autunno dell'anno seguente (il D. nelle Esequie del santo).E l'impegno scultoreo fu parficolarmente vivo proprio nel D. che "attese a lavorare di marmo e di terra e di bronzo", facendosi ben presto, "per la concorrenza di lacopo Sansovino, Baccio Bandinelli ed altri maestri de' suoi tempi, ... valente uomo" (Vasari, 1568, II, p. 182).
Purtroppo delle "opere in marmo lodate" cui allude senza ulteriori indicazioni il Vasari (1550) nessuna è oggi a noi nota, ma suoi sono forse alcuni sorprendenti invetriati prodotti nella bottega di Andrea con esplicite inflessioni manieristiche e citazioni puntuali da, Raffaello, Andrea del Sarto e Iacopo Sansovino: la piccola Resurrezione del Bargello, che reca la data 1510; la traduzione plastica della Bella giardiniera di Raffaello, presso la Biblioteca nazionale di Firenze; le figure principali della pala di S. lacopo a Gallicano (Madonna col Bambino e santi,1516 c.); le vivacissime predelle delle due pale di S.Francesco a Bibbiena, commissionate dal cardinal Dovizi tra il 1513 e il 1520; come anche il S. Giuseppe tra angeli di S. Pietro a Castelnuovo Garfagnana, già attribuito allo stesso Iacopo Sansovino (per queste opere vedi anche la voce Della Robbia, Andrea), il S. Galgano in S. Cristoforo a Siena e il S. Rocco frammentario nel Museo della collegiata di Empoli. Al D. sembrano inoltre riferibili alcune statuette e piccoli rilievi, sempre invetriati, raffiguranti S. Girolamo per lo più genericamente attribuiti a Giovanni Antonio Della Robbia (Milano, collezione Rossini: Guida OPI Antiquariato ital., 1978, p. 103; Torino, collezione Colombari: Mostra Antiquariato, Torino 1982, p. 138) alcuni rilievi policromi che presentano lo stesso santo in un paesaggio analogo a quello della pala di Pieve Santo Stefano (Londra, Victoria and Albert Museum; Firenze, collezione Bruschi e Museo di Casa Buonarroti, affine quest'ultimo ai modi del fratello Luca Bartolomeo) dei quali si conosce anche un esemplare in marmo (Berti, 1967); ed altre figurine plastiche dal modellato scultoreo come il Pucto mictans negli Staatliche Museen di Berlino Est, le cui versioni in bronzo (Firenze, Bargello; Vienna, Kunsthistorisches Museum: Leithe-Jasper, 1986, n. 6) potrebbero essere anch'esse opera del Della Robbia.
Non appena raggiunta la maturità artistica il D. "da alcuni mercanti fiorentini fu condotto in Francia, dove fece molte opere per lo re Francesco ... e per tutto quel regno, acquistandosi fama e bonissime facultà" (Vasari, 1568, II, pp. 182 S.).
Tale trasferimento, che precede quello di Andrea del Sarto e di altri più celebri artisti italiani, dovette avvenire sulla fine del 1517 e comunque prima del maggio 1518, data in cui il D. riceveva da Francesco I una somma considerevole come compenso di "alcune buone opere" già eseguite e incentivo a "trattenersi al suo servizio": invito ch'egli accettò ricevendo il 20 novembre una pensione biennale con scadenza al 5 apr. 1520 (doc. in Leseur, 1937, pp. 198 s.). Ma purtroppo niente si conosce di questa prima attività francese.
Il 13 marzo 1520 il D., "imagier et peintre du Roi" ("pittore" in quanto artefice di immagini Policrome) si trovava a Bordeaux dove nominava suo procuratore un mercante e banchiere fiorentino stabilitosi in quella città, Pier del Tovaglia (doc. in Gébelin, 1938, p. 126), probabilmente lo stesso che ne aveva sostenuto il viaggio in Francia. Costui avrebbe preso in consegna le somme ed i beni mobili e immobili destinati dal re al D. che forse, avvertito l'imminente conflitto con Carlo V, intendeva alla scadenza del contratto far ritorno in patria.
Il testamento di suo padre (4 sett. 1522: in Marquand, 1922, pp. LIV-LVII) lascia però supporre una più prolungata assenza da Firenze, dove il D. dovette far ritorno per qualche tempo almeno nel 1525, magari a seguito della prigionia di Francesco I (24 febbr. 1525-14 genn. 1526) o della morte del padre (4 ag. 1525), poiché quell'anno risulta immatricolato all'arte dei medici e speziali e tra i cittadini eleggibili nel Gran Consiglio.
Tale soggiorno fiorentino gli consentì di conoscere le più recenti esperienze robbiane - cui potrebbe aver collaborato - come le sessantasei "teste" del chiostro della certosa dei Galluzzo (1522 c., 1523) e la decorazione policroma a fregio istoriato e medaglioni, del portico dell'ospedale del Ceppo a Pistoia (1525-1534 c.: vedi in questo Dizionario le voci Della Robbia, Giovanni Antonio e Buglioni, Santi), che successivamente riproporrà in Francia reinterpretate come decorazioni di castelli e palazzi. Il 3 dicembre 1527 Francesco I di Francia, che da pochi mesi aveva intrapreso la costruzione di un suntuoso palazzo nel Bois de Boulogne, denominato in ricordo della prigionia Château de Madrid, commissionò a "maestro Girolamo della Robbia, scultore fiorentino, 64 arconi in terracotta invetriata" destinati ai loggiati a due ordini di questo edificio, da realizzare secondo un progetto da lui già presentato al re il quale si impegnava ad allestire un'officina adatta allo scopo (doc. in Chatenet, 1987, p. 133). Il D. si era dunque da non molto ristabilito in Francia, dove nel 1529 lo raggiungerà anche il fratello Luca Bartolomeo (cfr. ad vocem).
Il D. fu certamente richiamato dallo stesso Francesco I che infatti quell'anno dava avvio alla costruzione ed al rifacimento di alcuni "chateaux de plaisir", affidando quindi allo scultore un ruolo primario nell'edificazione dell'imponente Cháteau de Madrid ispirato al Rinascimento italiano con profusione di decorazioni invetriate (Laule, 1983; Chatenet, 1987). I documenti relativi lo menzionano qui attivo fino al 1564, sia come "tailleur d'ymaiges et esmailleur de terre cuitte" (1530) sia come "scuIpteur" (1537) ed anche "maitre macon" (1561) - carica in precedenza di Pierre Gadier poi divisa con Gratian Francois - "entrepreneur" (1561) e "ingenieur" (1564), confermando quanto affermato dal Vasari (1568, II, pp. 182 s.) il quale gli attribuiva in quel luogo diversi lavori per il re "e particolarmente un palazzo, con molte figure ed altri ornamenti" in "pietra tenera".
Il D., che si dichiarerà "architecteur du roy en son bastiment de Boullongne", ma solo dal 1552 e in atti privati, è stato a lungo ritenuto responsabile anche della progettazione dell'edificio: il suo apporto in questo senso è però plausibile si limitasse a indicazioni sull'aspetto decorativo (per tale argomento, assai dibattuto, cfr. Chatenet, 1987, con ampia bibliografia). Nel 1529 il D. aveva già impiantato una fornace a Suresnes dove infatti nel settembre Francesco I si recò ad esaminare certe "medailles" destinate a quell'edificio. L'esenzione fiscale concessa dal re il 17 febbr. 1547 al D. "maitre macon de son bastiment de Boullongne" e a "Luc de Robye, son frere, maitre esmailleur et sculpteur dudict Seigneur" (doc. in Marquand, 1928, p. 107) rivela inoltre il consistente impegno ceramico e scultoreo di Luca Bartolomeo il Giovane.
Il castello fu distrutto nel 1792 e l'aspetto delle eccezionali decorazioni invetriate (medaglioni con teste ad altorilievo, fregi, stemmi, camini, e, all'intemo, pavimenti e caminetti monumentali con cariatidi, rilievi istoriati e putti reggifestone) si può oggi desumere solo da alcune incisioni (Androuet du Cerceau, 1576) e dai modesti frammenti superstiti: alcuni conservati nel Musée ceramique di Sèvres (Giacomotti, 1974), altri un tempo in edifici del Bois de Boulogne (restaurant Favre e casa di M. Piscator: Marquand, 1928) e in raccolte private (Born, Salvador, Moreau), noti questi ultimi grazie alle minuziose tavole ottocentesche di Parmentier (Chatenet, 1987).
Intorno al 1530 i Della Robbia erano già impegnati in altri edifici appartenenti a personaggi della corte francese: lo Cháteau de Cognac, nella cui cappella si trovava una complessa pala attualmente nel Museo di Sèvres, commissionata da Luisa di Savoia, madre di Francesco I, verso il 1530 (Giacomotti, 1974); lo Cháteau de Sansac (Loches), dal quale proviene un busto clipeato di Francesco I in terracotta invetriata, oggi al Metropolitan Museum di New York, la cui cornice originaria recava la data 1529 (McGraw, 1955); lo Château d'Assier (Figeac), ricostruito tra il 1526 e il 1535 per Galiot de Genouillac - gran maestro dell'artiglieria reale e grande scudiero di Francia - e in origine decorato da analoghi medaglioni "alla romana" sia invetriati, uno dei quali identificabile forse col ritratto femminile della Yale University Art Gallery (ibid.), che in pietra artificiale formata a calco, testimoniati questi da un esemplare oggi al Louvre, identico a quello di Yale (Beaulieu, 1978); e forse il castello di Francesco I a Saint-Germain-en-Laye, al quale sembrano appartenere due medaglioni a bassorilievo e due in maiolica dipinta a grisaglia oggi al Louvre (Giacomotti, 1974; Chatenet, 1987).
La mancanza di validi elementi di confronto non ci consente una sicura attribuzione al D. di questi busti che, nonostante la sensibile adesione al gusto francese, potrebbero essere opera del fratello Luca Bartolomeo, e così anche di alcune altre interessanti testimonianze della produzione robbiana in Francia: come il piccolo rilievo policromo col S. Giorgio e il drago del Louvre (Beaulieu, 1978), l'Imperatore in profilo del Musée Jacquemart-André a Parigi, il Galba e la coppa di frutta del Museo di Ecouen, l'orciolo con mascheroni e ghirlande del Musée des Hospices a Lione (ed altri esemplari già a Parigi in collezione privata: Cora, 1973; cfr. inoltre Giacomotti, 1974). A questo momento dell'attività - dei Della Robbia sembrano comunque riferibili invetriati come: i due medaglioni con busti "alla romana" della collezione Galli a Carate Brianza, la Leda entro lunetta della Liebieghaus di Francoforte, il medaglione con Divinità marine del Rijksmuseum di Amsterdam, le due mensole decorate da tritoni conservate in una collezione privata fiorentina.
Per il portale d'accesso al castello di Fontainebleau il D. eseguì un perduto medaglione con grande ghirlanda di foglie, fiori e dieci qualità di frutta, popolata da rane, lucertole, lumache ed altri animaletti,1 che gli fu pagato, come già in loco, nel 1537. E sempre su incarico di Francesco I nel 1539 collaborò agli apparati per l'ingresso a Parigi, il 1° genn. 1540, di Carlo V (Roy, 1929, I, pp. 6570).
In Francia il D. ottenne onori, tra i quali il titolo di "noble homme" (attestato già nel 1534) e di "valet de chambre du roi" (già nel 1537), e agiatezza: il 22 febbr. 1536 poteva infatti riscattare la casa di Puteaux-les-Suresnes presso Parigi dove risiedeva almeno dal 1532, acquistando la quarta parte di una grande casa, provvista di un'ampia ala utilizzabile, sembra, anche come bottega; nel 1547 fece costruire per propria abitazione una casa a Parigi, in rue de la Monnai (Chatenet, 1987). Strinse matrimonio con Luisa di Pietro Mattei; tra i loro figli si ricordano: Costance, che nel 1557 sposò l'allievo dei Cellini Ascanio di Mari, signore di Beaulieu e orefice del re; Léon (1539); Marie (1540), sposa a Noël Bontemps, signore di Orrans (ibid.); André, capitano nella battaglia di Lepanto; e Pierre-François, signore di Puteaux e scudiere del re, attraverso il quale si trasmise l'onorata discendenza francese dei Della Robbia (Baldinucci 1681-1728).
Durante il regno di Enrico II, il nome del D. scompare nei pagamenti relativi allo Cháteau de Madrid, dove però era ancora "impresario" tra il 1548 e il 1550 (Chatenet, 1987) forse per volere del nuovo soprintendente alle regie fabbriche, Philibert Delorme, la cui dichiarata avversione alle decorazioni in maiolica poté esser la causa anche di una precoce dispersione di molte opere francesi dei Della Robbia.
Sembra che in questo periodo il D. per due volte abbia fatto ritorno in patria. Un breve soggiorno a Firenze "e in altri luoghi" per risolvere i problemi ereditari sorti con la morte di Luca Bartolomeo (1548), annunciato in una procura del 6 novembre 1548, si era già concluso nel maggio seguente (doc. in Chatenet, 1987, p. 20). Ma tre procure del 1552 (1 aprile-13 agosto: ibid.) danno ragione al racconto del Vasari secondo il quale, dopo la morte di Luca Bartolomeo, il D., "risolutosi di tornare a godersi nella patria le ricchezze che si aveva guadagnate ... ed anco lasciare in quella qualche memoria, si acconciava a vivere in Fiorenza l'anno 1553" (1568, II, p. 183). Vedendo però "il duca Cosimo, dal quale sperava dovere essere con onore adoperato, occupato nella guerra di Siena" (1554-apr. 1555), il D. "se ne tornò a morire in Francia" (ibid.): infatti nel 1556 (9 maggio), s tando ai documenti relativi alla casa parigina (Chatenet, 1987, p. 155) il D. si trovava di nuovo a Parigi. Del resto non molto dopo, con la morte di Enrico II (1559), la destituzione del Delorme ed il rientro del Primaticcio nei favori della corte di Caterina de' Medici, la sua posizione si ristabilì e nel 1561 era ancora una volta al lavoro per lo Château de Madrid.
Tra il 1563 e il 1565 scolpì in marmo bianco due angeli seduti su teschi per la base del "monumento del cuore" di Francesco II che si realizzava ad Orléans su disegno del Primaticcio e modelli di Jean Leroux "Picard". L'opera, trasferita fin dal 1572 a Parigi (oggi in St. Denis), non venne portata a termine secondo il progetto originario ed alle statue del D., forse mai concluse, se ne sostituirono altre scolpite da Ponce Jacques (Beaulieu, 1978). Perdute sono anche le "di terra molte cose" che, secondo il Vasari (1568, p. 183), avrebbe realizzato ad Orléans.
Poco dopo il D. ebbe l'onore di ricevere la commissione del "gisant" di Caterina de' Medici (1565) per il mausoleo - affidato ad una numerosa équipe francoitaliana guidata dal Primaticcio - che la regina erigeva in St. Denis alla memoria del defunto marito, Enrico II, e della propria persona; ma la morte non gli concesse di portarlo a compimento. Il marmo, sostituito da una figura di Germain Pilon, si conserva oggi al Louvre (Beaulieu, 1978), unica sicura testimonianza, illustre e, seppure incompiuta, sorprendente per il vigoroso realismo, di questa ancora misteriosa personalità.
Il 3 o il 4 ag. 1566 il D. morì a Parigi, nel castello di Nesle, e fu sepolto nella chiesa degli agostiniani (S. Andrea degli Archi).
Fonti e Bibl.: Il capitolo dedicato al D. in Marquand, 1928, che costituisce l'indagine più completa, deve essere corretto e integrato soprattutto con l'articolo di P. Leseur, 1937, e col volume di M. Chatenet, 1987; a questi si rimanda per i documenti qui ricordati senza ulteriori indicazioni e per una più ampia bibliografia, limitandoci ai contributi richiamati nel testo. G. Vasari, Le vite... [1550], a cura di L. Bellosi-A. Rossi, Torino 1986, p. 235; Id., Le vite... [1568], a cura di G. Milanesi, II, Firenze 1878, pp. 182 s.; V, ibid. 1880, p. 13; J. Androuet du Cerceau, Les plus excellents bastiments de France,Paris 1576, I, s. v. Madrid; F. Baldinucci, Notizie dei professori del disegno ... [1681-1728], a cura di F. Ranalli, I, Firenze 1845, pp. 557 s.; H. Delange, Notice biographique sur G. D. ...,Paris 1847; P. Vitry-G. Brière, Documents de sculpture française. Renaissance,Paris 1911, tav. XLII; A. Marquand, Giovanni Della Robbia,Princeton 1920; Id., Andrea Della Robbia,Princeton 1922; F. Gébelin, Les chateaux de la Renaissance,Paris 1927, ad Ind.; A. Marquand, The brothers of Giovanni Della Robbia, Princeton 1928, pp. 99-130 e passim; M. Roy, Artistes et monuments de la Renaissance en France,I, Paris 1929, pp. 65-70; P. Leseur, Arrivée de G. D. en France,in Bull. de la Société de l'histoire de l'art français,LXIII (1937), pp. 194-203; F. Gébelin, G. D. à Bordeaux en 1520, ibid.,LXIV (1938), pp. 127-132; P. McGraw, Terra cotta bust, Maitland F. Griggs Collection,in Bulletin of the Associates in Fine Arts at Vale University, XXI (1955), 3, pp. 4 ss.; U. Procacci, La casa Buonarroti a Firenze,Milano 1967, p. 198; L'Ecole de Fontainebleau (catal.), Paris 1972, pp. 403 s., 612 s.;G. Cora, Storia della maiolica di Firenze e del contado...,Firenze 1973, p. 189; J. Giacomotti, Catalogue des majoliques des musées nationaux, Paris 1974, pp. 98-104; M. Beaulieu, Description raisonnée des scuiptures du Musée du Louvre. II. Renaissance française,Paris 1978, pp. 18 s., 64 s., 163-67; J. Guillaume, Fontainebleau 1530...,in Bulletin Monumental,CXXXVII (1979), pp. 235 s s.; C. Chiarelli, in La certosa del Galluzzo a Firenze,Milano 1982, p. 281; G. Gentilini, Le "terre robbiane" di Barga,in Barga medicea...,Firenze 1983, pp. 203-242; B. Laule, Schloss Madrid.... Hildesheim 1983, ad Ind.; W.Prinz-R. Kecks, Das französische Schloss der Renaissance..., Berlin 1985, ad Ind.;F. Quinterio, "Imaginiers et maîtres-maçons" toscani e francesi...,in Renaissance studies in honour of C. H. Smyth, II, Firenze 1985, pp. 631-643; M. Leithe-Jasper, Renaissance master bronzes ... Vienna,Washington 1986, pp. 68 s.; M. Chatenet, Le Cháteau de Madrid au Bois de Boulogne,Paris 1987, pp. 20, 133, 155 e passim.