DELLA ROBBIA, Luca Bartolomeo, detto Luca il Giovane
Nacque a Firenze il 25 ag. 1475, sesto figlio dello scultore Andrea di Marco e di Giovanna Paoli.
Fu battezzato col nome dello zio paterno, il celebre scultore Luca, che nell'abitazione dei Della Robbia in via Guelfa aveva impiantato una stimata e redditizia bottega di terrecotte invetriate ove, anche il D., con il padre ed almeno quattro dei fratelli, sarà a lungo attivo.
Probabilmente fin dall'inizio dell'ultimo decennio del secolo collaborò con i fratelli Marco Giovanni e Giovanni Antonio (ad voces)alle più impegnative imprese paterne, come l'altare marmoreo di S. Maria delle Grazie ad Arezzo (1487-93 c.), le decorazioni invetriate di S. Maria delle Carceri a Prato (1490 c.-92) e quelle del portico di S. Paolo a Firenze (1493-95 c.), dove potrebbe spettargli il medaglione col Cristo che conforta un anziano; non molto dopo doveva eseguire, talvolta in collaborazione con essi e col fratello minore Francesco Iacopo (ad vocem),alcune impegnative pale prevalentemente policrome, affidate da Andrea alla "bottega": il Presepio di S. Maria degli Angeli a La Verna e quello di S. Francesco a Barga, l'Adorazione dei magi (Victoria and Albert Museum di Londra) ed altri invetriati databili lungo l'ultimo decennio (Gentilini, 1983; per queste opere vedi la voce Della Robbia, Andrea in questo Dizionario), che per quanto rispettosi dei modi paterni hanno infatti inflessioni più moderne e raffinate, consone al gusto del D. quale trapela dai pochi lavori documentati e dalle scarse notizie biografiche.
Secondo il Vasari (1568, II, p. 182) il D. "fu molto diligente negl'invetriati" e sembra davvero che in quest'arte sia stato il più abile dei figli di Andrea, divenendone già prima della fine del secolo il principale collaboratore, favorito anche dalla raggiunta autonomia operativa di Giovanni Antonio e dagli impegni religiosi di Marco Giovanni e Francesco Iacopo, dal 1495 frati in S. Marco. Già nell'aprile del 1494 (e in quello del 1502) il D. compare a fianco del padre nei pagamenti relativi al perduti fregi di cherubini di S. Frediano (doc. in Marquand, 1922, I, pp. 120 s.) e nel 1500 (16 agosto) in quelli per l'elaborato pavimento della cappella di S. Bartolo in S. Agostino a San Gimignano (doc. in Castaldi, 1921); e forse era lui il "figlio" che nell'estate del 1505 aiutò Andrea nel montaggio della lunetta e della volta a lacunari della cattedrale di Pistoia (doc. in Marquand, 1922, I, pp. 158-164). Queste notizie suggeriscono che la sua specialità fosse già, come più tardi, quella degli invetriati decorativi - fregi, pavimenti, stemmi - dove esprimeva appunto un'elegante "diligenza". Ma al D. non dovevano mancareinche le doti figurative, e forse numerose sono le statue e le pale da lui realizzate per conto del padre durante i primi decenni del Cinquecento (per alcune ipotesi cfr. la voce Della Robbia, Andrea). Infatti secondo il Vasari (1568, II, p. 182; V, p. 13) il D. ed il fratello più giovane Girolamo Domenico (ad vocem) insieme "attesono alla scultura", stringendo amicizia con Andrea del Sarto che li ritrasse, con il vecchio padre, in due delle storie di s. Filippo Benizzi affrescate tra l'ottobre 1509 e l'autunno seguente nel chiostrino dei voti della Ss. Annunziata. E sembra che intorno a questa data fosse proprio il D. - che pure come tutti i Della Robbia era stato un fervente savonaroliano ed una delle figure più energiche nella difesa armata del Savonarola in S. Marco, convento in cui era "secolare" (negli atti del processo contro i piagnoni si qualifica come "frate Luca": doc. in Marquand, 1928, pp. 67-70) - a rinnovare la vena devota dell'arte robbiana con una sensibile e matura attenzione alla cultura raffaellesca e del primo manierismo fiorentino.
Tra le pale della bottega di Andrea che in via ipotetica possiamo attribuire al D., seppure con l'intervento di qualche collaboratore, forse Francesco Iacopo, dichiarano tali inclinazioni: La Madonna col Bambino e santi di S. Mauro a Signa (1510 c.) e quella di S.Maria a Lizzano (1511), la Madonna della Misericordia (1513) di S. Domenico a Gubbio, ora nella Liebieghaus di Francoforte e la Madonna e santi (1522 c.) di S. Francesco ad Asciano (cfr. anche le voci Andrea, Francesco Iacopo e Girolamo Domenico Della Robbia).
Sempre il Vasari (1568, 11) ricorda che il D. "fece di sua mano, oltre a molte altre opere, i pavimenti delle logge papali [di cui rimangono solo alcuni frammenti ed un disegno settecentesco che documenta la raffinatezza della ricca composizione; doc. in Marquand, 1928, pp. 87 s.; cfr. N. Dacos, Le logge di Raffaello,Roma 1977, p. 303; Nesselrath-Morello, 1984] che fece fare in Roma, con ordine di Raffaello da Urbino, papa Leone X; e quelli ancora di molte camere dove fece l'imprese di quel pontefice", rimarcando nella vita del Sanzio come egli volesse "finire con tanta perfezione" le Logge "che sino da Firenze fece condurre il pavimento da Luca Della Robbia" (Vasari [1568], IV).
I pagamenti per i "quadri" del pavimento delle logge, l'unico documentato (14 luglio 1518-10 sett. 1518), ricordano a Roma, evidentemente per il montaggio, il D. (2 agosto) e (10 settembre) un "frate de la Robbia", da identificarsi col D. stesso o con uno dei due fratelli, frati domenicani, Marco Giovanni e Francesco Iacopo (ad voces).
Anche i pavimenti invetriati delle Stanze, testimoniati essi pure da pochi resti che consentono comunque un'attribuzione al D., furono rimossi e in Vaticano l'unico pavimento ancora in toco che gli si possa riferire con buone probabilità è quello della camera di Leone X (già di Giulio II) con emblemi medicei. Sempre a Roma, un altro pavimento robbiano con emblemi medicei e di Leone X si trova riadattato nella cappella di S. Caterina in S. Silvestro al Quirinale: si è pensato a torto che fosse in origine anch'esso in Vaticano come pure i frammenti oggi in Castel Sant'Angelo e quelli in un locale attiguo al Pantheon. Sembra inoltre che mattonelle simili a quelle del Vaticano ornassero il palazzo di Borgo Nuovo acquistato nell'ottobre 1517 da Raffaello e che il D. abbia eseguito analoghe mattonelle per l'appartamento di Leone X in palazzo Vecchio a Firenze.
Attribuiti con buone ragioni al D. sono anche i sei raffinati medaglioni a rilievo policromi con gli emblemi di Leone X ed altre imprese medicee attualmente nel Museo di Roma, già nel giardino del cardinale Alessandro de' Medici presso la basilica di Massenzio (cfr. Bollett. dei Musei comunali romani, IV [1957], pp. 26-38).
La grande abilità del D. nel realizzare rilievi araldici è attestata in particolare dai due grandi stemmi racchiusi in rigogliose ghirlande ch'egli eseguì nel 1521 per "la sala terrena" e "la volta della loggia" del palazzo dei Bartolini Salimbeni appena edificato da Baccio d'Agnolo presso S. Trinita (doc. in Ginori Lisci, 1972, pp. 175, 178 e in Goldthwaite, 1980) al cui arredo sembra si interessasse lo stesso Andrea (ad vocem).
Uno di essi, che è forse il più suggestivo tra gli infiniti stemmi realizzati nella bottega robbiana, si conserva oggi al Bargello, mentre l'altro dovrebbe trovarsi ancora presso i Bartolini Salimbeni (Dicomano), o i Torrigiani (una replica con qualche variante è al Musée national de la Renaissance allestito al castello d'Ecouen presso Parigi). Attribuibili al D. sono anche altri stemmi invetriati, dall'ornato inconsueto: quello di Francesco Altoviti nel palazzo pretorio di Certaldo (1525), incorniciato da delfini, e nella collezione Contini Bonacossi di palazzo Pitti a Firenze quello con l'impresa medicea e quello Caiani da Diacceto, incorniciato da cornucopie.
Nel 1525, con la morte di Andrea (4 agosto) e l'emigrazione di Marco Giovanni, Francesco lacopo e Girolamo Domenico, la bottega robbiana di via Guelfa rimase al solo D. e a Giovanni Antonio (Girolamo Domenico era ormai attivo prevalentemente in Francia), che infatti il 28 novembre di quell'anno si immatricolarono insieme all'arte dei medici e speziali. Sembra però che la loro attività si svolgesse in modo autonomo, con criteri tecnici e stilistici diversi e per una differente committenza.
Nel 1522 (4 settembre) il D. si era sposato con Agnoletta di Piero di Paolo Falconieri che, nata nel 1501 (23 giugno), morirà prematuramente nella peste del 1527 (ottobre) senza dargli alcun figlio. L'anno seguente si sposò in seconde nozze con Bartolomea di Leonardo Altoviti. Nel 1529, presumibilmente per sfuggire al contagio ch'era già entrato nella casa di via Guelfa decimando la famiglia di suo fratello Giovanni Antonio, il D. lasciò Firenze e raggiunse a Parigi il fratello Girolamo Domenico (tra l'8 gennaio ed il 6 giugno: cfr. docc. in Marquand, 1920, pp. XXI ss.); secondo il Vasari (1568, II) fu proprio costui, "ricco e solo al servigier del re Francesco", a invitare il fratello che avrebbe desiderato lasciare "in credito e buono avviamento".
Dal matrimonio del D. con Bartolomea Altoviti nacquero: Nannina (jeanne), che nel 1541 sposò Tomaso di Leonardo Altoviti, circostanza in cui il D. sembrerebbe documentato di nuovo a Firenze, e nel 1550, in seconde nozze, Médéric de Donon, futuro soprintendente alle fabbriche reali, e, nel 1539 a Puteaux presso Parigi, dove i Della Robbia si erano stabiliti, Léonard (cfr. Chatenet, 1987).
L'esenzione fiscale concessa dal re, Francesco I, il 17 febbr. 1547 a Girolamo Domenico Della Robbia "son maitre macon de son bastiment de Boullogne" ed al D. "maitre esmailleur et sculpteur dudict Seigneur" (doc. "in Marquand, 1928, p. 107) testimonia che il D. collaborò alle prestigiose imprese decorative affidate a Girolamo Domenico dalla corte francese (Château de Madrid, dal 1529 c.; apparati per l'ingresso di Carlo V a Parigi, 1539; Château de Cognac, 1530 c.; Château de Sansac, 1529; Château d'Assier, 1530 c.; Fontainebleau, 1537; forse Château de Saint-Germain-en-Laye, 1540 c.), delle quali rimangono solo pochi cimeli che attualmente non ci consentono plausibili distinzioni attributive tra i due fratelli (cfr. ad vocem Della Robbia, Girolamo Domenico).
Sulla morte del D. non abbiamo notizie puntuali, ma da atti relativi all'eredità del fratello Girolamo Domenico e della figlia Nannina la si desume avvenuta a Parigi nel 1548 (ante 6 novembre: Chatenet, 1987, pp. 20, 156).
Fonti e Bibl.: Il capitolo dedicato al D. in Marquand, 1928, è l'unico apporto monografico sull'artista (da integrare per il periodo francese con alcune notizie contenute nel volume di M. Chatenet, 1987, e con la relativa bibliografia segnalata nella voce Della Robbia, Girolamo Domenico); ad esso si rimanda per i documenti qui ricordati senza ulteriori indicazioni e per la bibliografia anteriore al 1928, limitandoci a segnalare i successivi contributi specifici e quelli richiamati nel testo. G. Vasari, Le vite ... [1550], a cura di L. Bellosi-A. Rossi, Torino 1986, p. 235; Id., Le vite ... [1568], a cura di G. Milanesi, II, Firenze 1878, p. 182; IV, ibid. 1879, p. 363; V, ibid. 1880, p. 13; A. Marquand, Giovanni Della Robbia, Princeton 1920; E. Castaldi, Scritta per la locazione della cappella di S. Bartolo..., Colle VaI d'Elsa 1921, p. 8; A. Marquand, Andrea Della Robbia and his atelier,Princeton 1922, pp. XXI ss.; Id., The brothers of Giovanni Della Robbia, Princeton 1928 (ed. anast., New York 1972), pp. 65-98; L. Ginori Lisci, I palazzi di Firenze...,Firenze 1972, pp. 175, 178; A. Goldthwaite, The building of Renaissance Florence, Baltimore-London 1980, p. 403; G. Gentilini, Le "terre robbiane" di Barga,in Barga medicea...,Firenze 1983, pp. 203-242; A. Nesselrath-G. Morello, in Raffaello in Vaticano (catal.), Milano 1984, p. 208; G. Gentilini, Itinerari. Le robbiane, Firenze 1985; F. Domestici, Testimonianze robbiane in Casentino,tesi di laurea, Università di Firenze, facoltà di lettere, a. a. 1985-1986; M. Chatenet, Le château de Madrid au Bois de Boulogne,Paris 1987, passim; F. Quinterio, Il pavimento della cappella di S. Caterina in S. Silvestro al Quirinale,in Faenza (in corso di stampa).