DELLA ROVERE, Lavinia Feltria
Nacque a Pesaro il 16 genn. 1558 da Guidobaldo II duca di Urbino e da Vittoria Farnese. Prima di lei erano nati Virginia, Francesco Maria, Isabella e, quali figlie illegittime, Camilla e Felice.
Trascorse l'infanzia e l'adolescenza tra i castelli dell'Imperiale e di Gradara e le corti di Pesaro e Urbino, nella gaia e raffinata atmosfera rinascimentale regnante ai tempi del duca Guidobaldo 11, quando la corte paterna era punto di riferimento di artisti e letterati; tra questi si può annoverare Bernardo Tasso, che conobbe la D. fin dai suoi primi anni di vita e volle ricordarla nel canto XLIV dell'Amadigi insieme con altre nobildonne di casa Feltria Della Rovere.
L'esito infelice dei matrimoni di Isabella e di Francesco Maria offuscarono gli ultimi anni di Guidobaldo II; la morte di questo (1574) e la successione di Francesco Maria II segnarono una svolta nella vita della Della Rovere. Gli anni trascorsi alla corte del re di Spagna Filippo II, del quale volle emulare il comportamento, e i .contrasti che da allora lo avevano opposto al padre e ai suoi ministri, avevano sviluppato in Francesco Maria un carattere cupo e crudele. La D. visse per dieci anni nella corte via via più grave e monotona del fratello che, pur desiderando maritarla, considerava onerosa la necessità di dotarla; dopo alcuni tentativi falliti fu data in sposa ad Alfonso Felice d'Avalos d'Aquino, marchese del Vasto e di Pescara. Le nozze si celebrarono nella cattedrale di Pesaro il 5 giugno 1583; non presenziarono alla cerimonia né principi né loro ambasciatori, né la accompagnarono o la seguirono feste e spettacoli.
Echi dell'evento si trovano tuttavia nelle opere di alcuni letterati contemporanei: G. I. Montanari compose un'ideale cronaca poetica delle nozze, il poemetto in ottave L'Imperiale,T.Tasso una canzone e un sonetto, entrambi pubblicati in una raccolta ravennate di quell'anno (Rime de diversi autori nelle nozze degli illustriss. et eccellentiss. signori... Alfonso d'Avalos marchese del Vasto, et di Pescara et ... L. F. D.;oggi entrambi si leggono nelle Opere,a cura di B. Majer, I, Milano 1963, pp. 817, 819); le origini dell'amicizia della D. con il poeta risalgono al 1578 quando, giunto questi nel ducato afflitto da malanni fisici e spirituali, ella gli aveva prestato amorevoli cure. Forse, in occasione delle nozze, B. Baldi tradusse dal greco la favola di Ero e Leandro che dedicò alla D.; A. Giganti da Fossombrone compose un elegante carme latino (Carmina,Bononiae 1595, pp. 89 s.).
Dal matrimonio nacquero quattro figli, Isabella, Caterina, Francesco Ferrante - la nascita del quale, come anche quella della primogenita, fu celebrata dal Tasso con un sonetto (Opere, I, pp. 1070 s.) - e Maria; il maschio morì in tenera età nel 1590.
Motivi costanti di preoccupazione per la D. erano la vita dissoluta di Alfonso d'Avalos, libertino e stravagante, l'indebitamento causato dalla sontuosità di cui questi faceva sfoggio specialmente in Spagna e nelle Fiandre e le conseguenze delle fatiche militari e dei vizi sulla sua salute. La D. cercò sempre di aiutare il marito servendosi, per quanto possibile, dell'appoggio fraterno e delle proprie relazioni con personaggi influenti. Il marchese morì a Roma per un colpo apoplettico il 2 dic. 1593. Il Tasso compose un'elegia latina a rimpianto del defunto (Carmina latina,Romae 1895, pp. 41 s.).
Da quel momento, respinta l'ipotesi di seconde nozze, la D. si trovò a far fronte ad alcune difficoltà. Oggetti preziosi e rendite furono impegnati e alienati per soddisfare l'immediato bisogno di denaro, causato da un debito di 600.000 scudi lasciatole in eredità dal marito. Nel tentativo di difendere i beni dalle continue pretese degli Avalos, la D. ottenne di poter conservare il titolo di marchesa del Vasto e fece riconoscere alla figlia Isabella quello di marchesa di Pescara; la primogenita fu dichiarata inoltre erede universale del padre nei possedimenti da questo tenuti a titolo feudale (infeudalibus),mentre le sorelle lo furono negli altri (in burgensaticis).Per le stesse ragioni tentò invano di opporsi alle richieste di matrimonio avanzate dai parenti del marito nei confronti di Isabella, alle quali dovette peraltro rassegnarsi per il mancato appoggio di Francesco Maria II e per l'opposizione del pontefice e del re di Spagna all'imparentamento con i Gonzaga; nel 1597 furono pertanto celebrate le nozze di Isabella con Iñigo d'Avalos. Analogo atteggiamento di scontrosa indifferenza tenne il duca in occasione della conclusione del progetto matrimoniale con Camillo Gonzaga per la secondogenita Caterina (1606).
Il desiderio di sottrarsi alla convivenza con gli Avalos e, d'altra parte, la consapevolezza di non essere gradita al fratello, fecero sì che, dopo un periodo trascorso a Fossombrone (1594-1598), la D. si ritirasse con le figlie Caterina e Maria nel monastero di S. Chiara di Urbino, dove visse fino al 1606; recatasi a Vasto per rivedere la figlia Isabella e impetrato con difficoltà il permesso fraterno, fu di ritorno nel maggio 1609, ma dovette fissare definitivamente la sua residenza, per volontà del duca, nel castello di Montebello. Le sue condizioni di salute erano da tempo precarie. Motivi di sofferenza spirituale furono inoltre, negli anni successivi, l'intemperanza del genero Iñigo, al quale non mancò di prestare aiuto nel momento del bisogno; il disagio provato dalla terzogenita Maria nel convento di S. Caterina di Pesaro, dove la giovane aveva preso i voti nel 1607; la perdita della madre (1603), della secondogenita Caterina (1618), dell'amatissimo nipote Federico Ubaldo (1623) figlio di Francesco Maria II, e dello stesso Francesco Maria (1631). Questi non le aveva del resto risparmiato motivi di amarezza, impedendole perfino di partecipare ai più importanti eventi familiari, come la monacazione di Maria e il matrimonio di Federico Ubaldo con Claudia de' Medici (1621).
Nominata erede fin dal 1628 del giardino e della casa di Montebello, dopo la morte del duca difese parte delle sostanze dei Della Rovere, alle quali credeva di avere diritto, dalle pretese avanzate dal granduca di Toscana Ferdinando II in nome della principessa Vittoria, sua sposa e nipote di Francesco Maria. Nel 1632 accettò in proposito una composizione offertale dal papa Urbano VIII.
Morì il 7 giugno 1632 e fu sepolta nella chiesa di S. Anna a Montebello.
La personalità della D. si staglia sullo sfondo dei contrasti familiari per la straordinaria fermezza dimostrata fino alla morte nella tutela dei propri diritti e, contemporaneamente, per la mansuetudine, la generosità e la capacità di perdono di cui diede prova nei confronti dei responsabili delle sue sofferenze. Dotata al pari della madre di una profonda fede e di una grande pietà religiosa fu vista raccogliersi in preghiera con il capo cinto di una corona di spine e un crocifisso tra le mani; provvide con opere di beneficenza alle fanciulle povere di Casalmaggiore e di Orciano di Pesaro. Alla sua morte corsero voci di grazie divine verificatesi in Montebello e in Urbino; più di un anno dopo, la salma, che secondo una cronaca contemporanea fu trovata pressoché intatta, fu trasferita conformemente alla volontà della defunta dalla chiesa di S. Anna in Montebello a S. Chiara di Urbino.
Bibl.: A. Vernarecci, L. F. D. marchesa del Vasto. Da documenti inediti,Fossombrone 1924.