DELLA TORRE DI REZZONICO, Antonio Giuseppe (Antongioseffo; per obblighi fidecommissari portò anche i cognomi Bianco Del Frate Barziza)
Nacque a Como il 5 apr. 1709, terzogenito di undici figli, nel palazzo avito nella parrocchia i S. Sisto (poi Olginati, indi Museo Garibaldi), dal conte Giovanni Paolo e da Teresa Odescalchi, cugina di Innocenzo XI, entrambi patrizi comaschi.
La famiglia era illustre ed assai antica in Como, discendendo probabilmente dai Torriani della Valsassina. L'immediata ascendenza del D. aveva tradizioni culturali non volgari: suo padre aveva pubblicato (Milano 1126) un Volgarizzamento dell'Arte poetica di Orazio, ed il suo avo paterno Carlo Luigi aveva goduto fama di patrizio letterato e stravagante.
Egli, svolti i primi studi sotto la guida paterna, compì il corso di retorica nel collegio dei nobili di Milano diretto dai gesuiti di Brera, dove si distinse nella storia e nelle lettere classiche, tanto da essere scelto nel 1728, a rapresentare vittoriosamente la sua scuola in una tenzone di cultura generale contro il nuovo "Imperiale Equituni Collegium" dei padri barnabiti. Nel 1729 sostenne, sotto la guida dei padre Guarini, delle Discussiones polemicae presso il Seminario romano, e nel 1730 un Certamen di diritto civile e canonico contro mons. Carlo Rezzonico, suo cugino, il futuro Clemente XIII. Nel 1733 si laureò in giurisprudenza a Pavia, e subito venne ascritto per cooptazione al Collegio de giudici, conti e cavalieri di Como, onde nel 1736 poté venir estratto giudice (e poi altre tre volte successivamente fino al 1743). Nel 1738 fu nominato avvocato fiscale di Como q priore dei Collegio dei dottori, e nel 1740 r. avvocato fiscale di Lodi.
Il 14 sett. 1740 sposò a Tortona Giustina Guidobono Cavalchini Garofoli del barone Boniforte, gentiluomo di S.M. sarda. Da questo matrimonio nacquero: nel 1742 Carlo Gastone (il futuro poligrafo e poeta); nel 1743 Argentina, monaca a S. Eufemia; nel 1744 Clelia, poi sposa del marchese A. Cigalini di Como, attraverso la cui discendenza molti manoscritti e cimeli dei Della Torre di Rezzonico finirono in casa Ordoño de Rosales, dove sono in parte ancora conservati.
La carriera forense del D. fu però di breve durata: di sentimenti filospagnoli, egli si lasciò coinvolgere, a causa della sua amicizia per Clelia del Grillo Borromeo, in un abbozzo di cospirazione antiaustriaca facente capo al conte F. Melzi. Di fatto si sa che, nel dicembre 1745, durante la guerra di successione austriaca, il D. si presentò a Milano a don Filippo di Borbone per offrirgli i suoi servigi, e che venne assegnato come aiutante di. campo al conte de Gages, col grado di tenente di fanteria. A Piacenza seppe del processo intentatogli a Milano e Como come "ribelle e reo di lesa maestà", e della confisca dei beni decretatagli. Cercò di giustificarsi con un manifesto non datato, ma certo del maggio o giugno 1746, che non ottenne alcun risultato. Il 16 giugno, partecipando a un'azione bellica, ebbe il cavallo ucciso e riportò contusioni, ricevendo subito dopo dall'infante Filippo l'incarico di recarsi a Madrid per riferire: ne tornò col grado di capitano e divenne aiutante di campo del gen. de Croise. Nel 1747-48 ebbe di nuovo onorifici incarichi in Ispagna, e poi alle corti di Roma e di Napoli. Comandato in seguito a Parma, vi ottenne subito patenti di tenente colonnello (Arch. di Stato di Parma, Carteggio Borbonico 843, decr. 13 genn. 1751) e fu destinato al presidio di Piacenza. Quivi svolse una modesta attività spionistica, di cui resta traccia in un romanzesco carteggio in cifra (Ibid., Carte du Tillot, C,120).
Con lettera cesarea del 27 nov. 1749, in esecuzione del trattato di Aquisgrana, era stato restituito alla grazia imperiale, e dal 1750 aveva riottenuto i suoi beni lombardi, sì che avrebbe potuto ristabilirsi in patria; invece, vi si recò solo per pochi mesi: ormai la sua cupida attenzione ai favori della corte di Parma lo spingeva a stabilirsi in quella città, anche per l'educazione e la sistemazione del figlio, che viveva ormai con lui, dopo la separazione dalla moglie stabilitasi a Milano. Per il bimbo coltivava ambizioni senza limiti, viste le sue precoci qualità: intanto gli ottenne dispensa per entrare nella carriera militare a soli sette anni (Ibid., Carteggio Borbonico, 835, lett. 11 e 24 ag. 1749). Il 19 sett. 1742 ricevette l'abito dell'Ordine di S. Jago, nella chiesa di S. Agostino in Lucca.
Nel 1758, quando suo cugino Carlo divenne papa Clemente XIII, il D. partì immediatamente per Roma col figlio sedicenne; ma vi ottenne solo lettere di raccomandazione, per il re di Napoli. Il 19 settembre era già a Napoli, dove venne ricevuto calorosamente: ma l'unico profitto risultò alla fine un posto per Carlo Gastone nella r. paggeria. Nel 1760 si recò nuovamente a Madrid, questa volta col figlio, passando per Toledo, onde consultare un famoso codice di Plinio annotato dal Mafier de Guzinan, e visitando poi la biblioteca dell'Escorial. Nel novembre 1760 era di nuovo a Parma, festeggiato dai sovrani; nel 1764 lasciò il suo reggimento "per vedere avanzato il figlio", ma fu compensato il 2 febbr. 1769 con la nomina a castellano della cittadella di Parma, carica che deporrà solo nel 1782, ancora a favore del figlio.
La sua vita d'ora innanzi sarà strettamente legata ai piccoli intrighi della corte: dal 1751 colonnello e gentiluomo di camera senza esercizio, ottenne dopo mille petizioni il bramato esercizio nell'agosto 1769. Benché protetto dalla nuova duchessa Maria Amalia (ma forse proprio a causa di ciò), fu in rapporti molto difficili col ministro du Tillot, per il quale suo figlio si era invece schierato, approfondendo così Tincomprensione che già vi era fra loro, tanto che Carlo Gastone non esiterà a partecipare al generale coro di motteggi per "Plinio redivivo", come il D. era stato soprannominato alla corte, dove si era fatto fama di uomo fastidiosissimo: pare che "per la sua seccaggine" l'Alfieri lasciasse Parma anticipatamente, nel 1776 (Parma, Bibl. Palatina, carteggio del p. P. M. Paciaudi con G. Bodoni; U. Benassi, Curiosità storiche parmigiane, Parma 1914, p. 27).
Nel febbraio 1772 compì a Milano una missione presso l'arciduca Ferdinando: ne fu premiato il 12 genn. 1773 col grado di brigadiere generale, e il 12 febbr. 1774 con quello supremo di maresciallo di campo. Nonostante l'allontanamento del du Tillot, il suo difficile carattere lo portò a "nuovi disgusti" a corte, onde nel 1776 volle ritirarsi a Rezzonico, suo feudo nel Comascol con l'idea da tempo accarezzata di erigervi un grandioso palazzo. Ma anche lì entrò in urto per certi terreni con i padri domenicani, per cui, indispettito tornò a Parma. Vi morì il 17 marzo 1785 (parr. di S. Ulderico, Liber VII mortuorum, 1776-92, p.65).
Il D. aveva manifestato sin dall'adolescenza amore per l'erudizione e talento: entrato in Arcadia col nome di Anceo Ancolitino, aveva esordito alle stampe con delle Poesie latine ed italiane di cui non si conoscono copie, ma che egli cita nella sua Cronistoria (Como, Bibl. com., Mss. Monti A-3-1-22). La prima opera nota è l'Oratio in funere Ioseph Mariae Stampae, letta per le esequie dello storico comasco, e successivamente pubblicata in Milano (1735), in appendice alla Terza Deca degli Annali di Como: si sa che volle fosse prima esaminata dal p. G. A. Sassi, prefetto dell'Ambrosiana, e da O. Bianchi, curatore. dell'edizione muratoriana del 1723 del De gestis Langobardorum di P. Diacono, il che permette di collegare gli esordi del D. agli ambienti vicini al Muratori.
Del 1742 è la sua prima opera d'impegno, scritta per controbattere alcune calunnie sulla giovinezza di Innocenzo XI: De supposititiis militaribus stipendiis Benedicti Odescalchi, qui pontifex maximus anno 1676 Innocentii XI praenomine fuit annunciatus, Como 1742, da un'orazione pronunciata nel marzo per l'inaugurazione dell'Accademia Innocenziana; si tratta di un lavoro corredato da una vasta bibliografia e da un'accurata rassegna di fonti, che dimostrano una metodologia già formata. Nel 1746 pubblicò a Milano, per la fondazione del Collegio dei ragionieri, un discorso dal titolo Pro novo ratiocinatorum Collegio oratio Mediolani habita XIII kal. Iunii anno vulgaris aerae 1745. Dello stesso anno dovrebbe essere un componimento poetico, di cui non si conoscono copie: Sotto il patrocinio del Ser.mo di Mantova, alla mensa di S.A.R., in lode del Ser.mo Infante. A Parma nel 1757 diede alle stampe un poema, definito "plumbeo" dai contemporanei e spesso oggetto di ironie: Ludovico adamato, Galliarum et Navarrae regi christianissimO, ob minorem fortissimanique Balearium a Galiis expugnatam Musarum Epinicia ... Vi si tratta della presa di Port Mahon da parte dei Francesi, ad imitazione dell'Eneide, con note storiche sull'isola di Minorca, in doppia versione, latina ed italiana.
Ma la sola delle opere edite del D. per la quale il suo nome è ancora vivo, il frutto del lavoro e delle ricerche di tanti anni, sono le Disquisitiones Plinianae, in quibus de utriusque Plinii patria, rebus gestis, scriptis, codicibus, editionibus atque interpretibus agitur, due voll. in folio, entrambi editi a Parma, il primo nel 1763 dedicato al delfino di Francia, e il secondo nel 1767 a Ferdinando di Parma. In realtà esse concernono solo C. Plinio Secondo il Maggiore, perché a Plinio il Giovane avrebbe dovuto esser dedicato un terzo volume, che non vide mai la luce (il manoscritto si trova in parte nella Bibl. comunale di Como, Mss. autogr., Monti C-5-III-36 e in parte in quella degli credi Giovio). L'opera edita è divisa in undici libri, dei quali restano specialmente validi e interessanti ancor oggi l'VIII, contenente la lettera di Plinio a Tito corretta sulla scorta di più di venticinque manoscritti, con versione italiana a fronte e ricche note; il IX, che esamina tutte le varianti al testo ignote al p. Arduino, o che quello non aveva potuto controllare nelle biblioteche di Milano, Roma, Napoli, Torino, Lucca, Madrid, Escorial e Toledo, visitate dal D.; il X e l'XI infine, che contengono l'analisi di tutti i manoscritti conosciuti della Naturalis historia, col catalogo cronologico di tutte le edizioni e traduzioni che comparvero nelle lingue moderne. Nonostante le ironie dei contemporanei e del figlio, si tratta di un tesoro di erudizione, ed è un esempio di organizzazione e di metodo, come riconobbe il Tiraboschi. L'ultimo lavoro pubblicato dal D. è un'appendice del precedente, la Disquisitio de Plinianis aliquibus obscuritatibus ... (la data di pubblicazione dovrebbe essere 1772, ma l'unica copia nota, che si trova a Brera, D. I. 9764, è priva di frontespizio, per cui mancano i dati tipografici).
Alcuni dei suoi molti manoscritti (conservati nelle case Giovio e Ordoño de Rosales, poi in parte venuti in possesso di S. Monti, che ne fece dono al Museo di Como da cui passarono alla Bibl. comunale) vennero pubblicati postumi. I più notevoli sono: sei lettere-saggio di argomento storico-critico, in vari numeri di Pro Como, dal n. 10 del 1903 al n. 30; Gli Spagnoli e la decadenza della letter. latina, interessante saggio polemico-letterario, forse del 1778, su una disputa tra S.Bettinelli e G. Tiraboschi da un lato e Y. Andres dall'altro (Como, Bibl. com., Mss. Monti A-E-I-I), in Periodico d. Soc. stor. per la prov. e diocesi di Como, XVII(1906), pp. 7, 40, 86, 119; De Caesaris Italico itinere et Amaliae Augustae nuptiis Virgilianae virtutis redivivae, poema di 674 esametri sul viaggio in Italia di Giuseppe II (Mss. Monti B-VI-12), ibid., XIX (1909-11), pp. 73-112, 169-87; Leonardi a Vincio vita, in italiano e latino, ricca di preziose notizie, con annotazioni erudite (Mss. Monti A-3-IX-I/c, ibid., XX (1912-13), pp. 216-30; XXI (1914), pp. 52-86; XXII (1915-17), pp. 148-52; Autobiografia, dal 1745 al 1776 (Mss. Monti A-3-1-22), parzialmente in Almanacco d. prov. di Como, 1902,pp. 37 s.;Del carteggio per la vita di RaffaelloSanzio (Mss. Monti A-3-IX-I), in Period. d. Soc. stor. per la prov. e diocesi di Como, XX (1912-13), pp. 232 ss.; XXI (194), pp.87-95; XXII (1915-17), pp. 148-52. Restano molti inediti del fondo Monti presso la Bibl. com. di Como, il cui elenco e le cui collocazioni sono pubblicate in Larius, a cura di M. Gianoncelli, II, Como 1966, pp. 14 s., unitamente ad una biografia con ritratto (pp. 1-11), ad una bibliografia (pp. 12 s.), e alla pubblicazione di un altro inedito del D. sulla storia e la geografia del lago di Como, Il Lario (pp. 16-225, dal ms. Monti C-5-1).
Bibl.: G. A. Sassi, Historia literario-topographica Mediolanensis, in Pli. Argelati, Bibl. script. Mediol., I, Mediolani 1745, col. 67; G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, Roma 1782, I, p. 272; II, pp. 169 s.; G. B. Giovio, Gli uomini della comasca diocesi antichi e moderni nelle arti e nelle lettere illustri, Modena 1784, pp.225 ss.; I. Affò-A. Pezzana, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, Parma 1825-33, II, pp. 298, 848; IV, p. 166; A. Lombardi, Storia della letteratura ital. nel sec. XVIII, III, Venezia 1832, pp.222 s.; E. De Tipaldo, Biografia d. Italiani illustri, I, Venezia 1834, pp. 243 s. (animoso art. di C. Cantù contro il cortigiano); F. Cusani, Storia di Milano, III, Milano 1861, pp.66, 124, 186, 189; C. Frati, Lettere di G. Tiraboschi al p. IreneoAffò, Modena 1894, p. 228 e n. 2; A. Giussani, I conti della Torre di Rezzonico, Como 1896, passim; E. Bertana, In Arcadia, saggi e profili, Napoli 1909, pp. 255-319; S. Monti, Curiosità letterarie, storiche, artistiche, in Periodico della Soc. stor. per la prov. e l'antica diocesi di Como, XX (1913), pp. 80, 82; M. Cermenati, Leonardo a Roma nel periodo leoniano, in Nuova Antologia, 16 maggio 1919, p. 115; U. Benassi, Il Frugoni e i Rezzonico, letteratura e politica in una corte del Settecento, in Giornale stor. d. letter. it., LXXX (1922), pp-95-119; R. Ordoño de Rosales Cigalini, La fam. Ordoflo de Rosales Cigalini della Torre di Rezzonico, Milano 1928, pp. 327-40; G. Natali, Il Settecento, Milano 1950, pp. 547, 562, 1172. Si veda anche la bibliografia della voce Della Torre di Rezzonico, Carlo Gastone.