DELLA TORRE, Giovanni Francesco
Nacque da Giacomo e da Dorotea Trivulzio, molto probabilmente in Friuli, dove risedeva il ramo di Valsassina della famiglia (Litta). Abbandonata la regione natale, si recò a Ferrara, dove il fratello, Giacomo Antonio, vescovo di Modena, era consigliere degli Estensi. In questa città, nel 1449, fu uno dei testimoni in un atto di acquisto fatto dal fratello a nome dei duchi. Cresciuta l'influenza del congiunto a Milano, anche il D. acquistò grazia presso Francesco Sforza che nel 1462 lo nominò, mentre soggiornava ancora a Ferrara, suo procuratore al battesimo di una figlia di Bartolomeo Pendaglia. Tre anni dopo il D. fu nominato conte palatino e il 29 sett. 1466, passato a Milano, divenne magister delle Entrate ordinarie del Ducato ad beneplacitum. Rimase nelle grazie anche del nuovo duca, Galeazzo Maria, che il 4 marzo 1471 lo nominò suo procuratore nella vendita della terra di Saronno al fratello, duca di Bari.
Il 5 ag. 1482 passò alla carica di magister extraordinarius, anche questa volta ad beneplacitum. Secondo il Litta, il 12 maggio 1486 divenne riformatore delle Entrate ducali: questa è l'ultima notizia che abbiamo del Della Torre.
Il D. aveva sposato Leggiadra Visconti, da cui aveva avuto Giacomo Antonio, che fu protonotario apostolico e divenne consigliere di Ludovico il Moro, Gasparo, Agostino, agostiniano, Dorotea, Bianca e Leggiadra.
Fu sepolto nella chiesa di S. Maria delle Grazie, in una tomba che aveva fatto erigere per il fratello Giacomo Antonio, allora vescovo di Cremona, per se, per la moglie e per i figli, nel 1483. Il monumento, costituito da un sarcofago a muro, che presenta sulla fronte tre scene in bassorilievo ed è sorretto da colonne a candelabra, è considerato generalmente opera di Francesco e forse Tommaso Cazzaniga, ma è stato talvolta attribuito, anche da autorevoli storici dell'arte, a Giovanni Antonio Amadeo. Oltre alla lapide del 1483, un'altra del 1725 ricorda i restauri a cui fu sottoposta in quell'anno la tomba, allora situata nell'ultima cappella della navata destra della chiesa; dopo i restauri compiuti negli anni '30 di questo secolo in S. Maria delle Grazie, la tomba e le lapidi, ambedue in parte scalpellate nel 1796, sono state sistemate nella prima cappella a destra del tempio.
Pochi indizi ci rivelano la propensione del D. per gli studi umanistici e il suo amore per i libri. Nella Laurentii Medicis magnifici vita (Pisis 1784) di A. Fabroni, è edita una lettera (II, pp. 286 s.) del D. al Medici del 10 nov. 1476, in cui egli afferma di aver acquistato tutti i libri (sei "capsette") di Andronico Callisto, che in quel momento aveva bisogno di danaro, in società con Bonaccorso da Pisa, per complessivi 200 ducati. Affermando che i libri acquistati erano presso di lui, il D. specifica di dilettarsi in quegli studi e di possedere "una bibliotheca ... cussì ben fornita cume puchissime siano in Lombardia". Non si sa dove questa biblioteca sia finita, né da quanti e quali altri libri fosse composta. Una labile e indiretta traccia della sua sorte, prendendo come riferimento i libri di Andronico Callisto, può essere considerata una lettera di Ermolao Barbaro a Giorgio Merula del 1º sett. 1483, ove compare in forma dubitativa l'ipotesi che i libri dell'umanista e copista greco fossero arrivati in possesso di Giovanni Pico della Mirandola (E Barbaro, Epistolae, orationes et carmina, a cura di V. Branca, I, Firenze 1943, p. 44). Si può inoltre osservare che molti codici scritti da Andronico Callisto, che però possono non essere quelli che furono da lui venduti al D., sono finiti nella Biblioteca Estense, dopo aver appartenuto a Giorgio Valla e quindi ad Alberto Pio da Carpi; manca però qualsiasi testimonianza di un passaggio dal D. al Valla.
Nella lettera citata il D. ha parole di elogio e di amicizia per Bonaccorso. In effetti questi aveva dedicato al D. parecchie edizioni di cui aveva curato la stampa. Senza data è l'Index locorum i n commentario Caesaris Belli Gallici descriptorum di Raimondo Marliano (Indice generale d. incunaboli d. Bibl. d'Italia [Indi: I.G.I.],n. 6193); senza data, ma probabilmente anteriore al 1476, l'In epistolas ad familiares Ciceronis commentum di Ubertino Clerico da Crescentino (ibid., n. 4910), la cui lettera di dedica al D. è riportata nell'edizione veneziana delle Epistolae ad familiares di Cicerone corredate dal commento di Ubertino (ibid., n. 2833) del 1480; senza data, ma anteriore al 1478, il Lexicon Graeco-Latinum di Giovanni Craston (ibid., n. 3250) e probabilmente del 1480, la vita e le favole di Esopo, in tre parti, in greco con traduzione latina (ibid., n. 61). Da una dedica di Bonaccorso al D., vergata nella prima carta dell'Ott. lat. 647 della Bibl. apost. Vaticana, si deduce che egli aveva intenzione di stampare e di dedicare al D. la versione di Francesco Filelfa del De sacerdotio D. N. Iesu Christi.
Fonti e Bibl.: V. Forcella, Iscrizioni delle chiese... di Milano, III, Milano 1890, p. 331; Gli ufficidel dominio sforzesco, a cura di C. Santoro, Milano 1948, pp. 65, 78; Arch. di Stato di Firenze, Archivio Mediceo avanti il Principato, I,Roma 1951, p. 160; II, ibid. 1953, pp. 210, 270; D. Sant'Ambrogio, Imonumenti funebri Della Torre e Castiglioni...,in Arch. stor. d. arte, V(1892), pp. 115-26; R. Proctor, The printing of Greek in the fifteenth century, Oxford 1900 p.60; A. Pica-P. Portaluppi, Le Grazie, Roma 1938, p. 228; G. Mercati, Ultimi contrib. alla storia degli umanisti, Città del Vaticano 1939, p. 74; G. Cammelli, Andronico Callisto, in La Rinascita, V (1942), pp. 206 ss.; E. Garin, La cultura milanese nella seconda metà del XV sec., in Storia di Milano, VII,Milano 1956, p. 573; E. Arslan, La cultura nella seconda metà del Quattrocento, ibid., pp. 728 s.; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, s. v. Torriani di Valsassina, tav. V; Catalogue of books printed in the XVth century now in the British Museum, VI, pp. 755 s.; Gesamtkatalog der Wiegendrucke, I,coll. 135 s.; VI, coll. 576 s.; VII, col. 189.