DELLA TORRE, Luigi Antonio
Unico figlio di Filippo Giacomo di Gianfilippo e di Teresa Rabatta, nacque nel 1662 (fu battezzato, nel giugno, nel duomo di Gorizia), venendo, quindi, nel 1670-80, istruito del collegio dei nobili di Parma, totalmente affidato al "governo" dei gesuiti. Avviato, sulle orme paterne, alla carriera militare, di lui scriveva, da Barkam. il 12 giugno 1686, il cappuccino Marco d'Aviano allo zio paterno, l'ambasciatore cesareo a Venezia Francesco Ulderico che per il nipote nutriva un fortissimo affetto, d'aver, appunto, appreso come Filippo Giacomo "conduceva seco il signor conte suo figlio", cioè il D., "con permissione di Vostra Eccellenza", cioè di Francesco Ulderico. E il d'Aviano si mostrava preoccupato "per tema" che, essendo il giovane "troppo spiritoso", non ci fosse il rischio di "perder un cavaliere di tanta espetatione". Per parte sua il frate lo raccomanderà "a Dio a ciò lo conservi". Ed era sempre il d'Aviano che, il 2 agosto, informava Francesco Ulderico, dal campo preso Buda, che il D. "sta all'armata appresso" il conte Rodolfò Rabatta e che aveva modo d'incontrarlo "spesso". Per fortuna, precisava, il giovane "sta molto bene". Presente, dunque, all'assedio e alla presa di Buda, il D. - lo si apprende, tra l'altro, dalle informazioni al Senato dell'"esistente" presso la S. Sede Giovanni Lando - preceduto dal marchese Franzoni spedito dal duca di Baviera, giungeva a Roma, prima del 25 sett. 1688, come inviato espresso dell'imperatore a confermare dettagliatamente- la conquista, del 6, di Belgrado e a fornire il "ragguaglio importante della sconfitta data da Baden al passà di Bossina".
Dopo due udienze, piuttosto deludenti ché il papa eluse il "punto de' soccorsi", il D., il 2 ottobre, partì alla volta di Vienna. Qui soggiornò - forse con qualche incarico a corte e comunque impegnato nel disbrigo di pratiche dello zio Francesco Ulderico, specie in quella del riconoscimento e rimborso d'ingenti spese da questo affrontate -, quanto meno, nel 1689-90, avendo modo d'incontrarsi spesso con Marco d'Aviano, il quale gli esibiva "tutto il ... debole potere" di cui godeva - la sua influenza, cioè, in realtà rilevante - per favorirlo. Ed evidentemente il D. non ne approfittò, se il frate quasi se ne lamentava: "li ho espresso "scrive a Francesco Ulderico - che, se non mi comanderà, mi lamenterò di lui"; "è spesso da me - riscriveva allo stesso - et li ho inculcato a comandarmi dove vaglio per servirlo".
Il 12 marzo 1693 si celebrarono, nel duomo di Gorizia, le nozze del D. con la contessa Silvia Rabatta, vedova di Lucio Della Torre di Carlo, del ramo udinese della famiglia.
Questi - già ciambellano dell'elettore Giangiorgio di Sassonia, nonché oggetto d'un "processo" in corso a Vienna nel 1682 a proposito del quale Marco d'Aviano, richiestone da Francesco Ulderico, lo zio dei D., cercava di caldeggiare il suo "interesse" presso l'imperatore - era vissuto nel feudo friulano di Villalta spadroneggiandovi circondato da bravi e malviventi ed era morto a Udine di, pare, veleno. È questi, inoltre, quel Lucio Della Torre cui da S. Maura Bartolomeo Dotti indirizza un suo sonetto (Delle rime...,Venezia 1689, p. 328).
Morto lo zio Francesco Ulderico, il D., da quello favoritissimo nell'eredità e a quello subentrato come capitano e maresciallo di Gradisca, rischiò però, d'essere travolto nella disgrazia del padre colpevole d'aver fatto proditoriamente assassinare, nel 1697, il suo nemico personale Giovan Battista Novelli.
Si sospettò, infatti, che egli avesse, in qualche modo, collaborato col padre nell'organizzare l'agguato omicida. "È stato parlato - gli scrive il 22 giugno il d'Aviano - ancor di V. E." come di "complice del fatto". Un'accusa che il frate s'adoperò a svalutare come diceria alimentata ad arte dalla "mera passione di qualche passionato" senza, pero riuscire a scalzarla se il d'Aviano informava Giacomo Filippo, il 17 luglio 1699, come elementi a lui ostili continuassero - nell'imminenza della sentenza - ad avanzare, con "perfidia inconcepibile", ulteriori "accuse volendo render complice ancho" suo figlio. Per sua fortuna mancavano le prove, sì che la condanna, del 29 agosto, colpì solo il padre, mentre la sua posizione non venne intaccata.
Gentiluomo di camera e consigliere intimo di Stato' dell'imperatore, il D. fu, soprattutto, signore di Duino, di cui - con la convenzione del 10 nov. 1701 - concordò con Trieste una soddisfacente (anche se non sparirono del tutto le controversie, queste non avranno più l'asprezza del passato) delimitazione dei confini che, in più punti rettificati, vennero accuratamente segnati da pietre e piloni recanti da una parte l'insegna torriana, dall'altra quella triestina. All'inizo del Settecento, quando dal mare i Francesi minacciarono il litorale austriaco giungendo a cannoneggiare Trieste, il D. concorse alla difesa è fu a capo delle milizie territoriali inviate ad Aquileia, devastata, il 23 luglio 1703, da un fulmineo sbarco nemico. E fu sua moglie, la contessa Silvia, che accolse, nell'agosto del 1702, a Sagrado Eleonora Della Torre, zia del D. e badessa del monastero di S. Cipriano ivi riparata con le consorelle, "con singolar compatimento e carità", come riporta una minuziosa "relazzione", sulle traversie delle "monache ... al tempo della bombardatione". Per tre mesi esse, grazie al D. e alla sua consorte, soggiornarono in "luocho ... delitioso", essendo "situato il palazzo" dei Della Torre "in uno spacioso ameno et verdeggiante prato".
Una volta svaniti i pericoli bellici, il D. essendo in discussione i modi per meglio attivare la navigazione mercantile austriaca nell'Adriatico, perorò - anche se sprovvisto d'ogni convincente argomentazione e d'un minimo di competenza in materia - la causa del porticciolo di San Giovanni di Duino, quasi questo potesse competere con Trieste. Né il D. aveva idea dell'entità finanziaria e tecnica dei lavori necessari per predisporre un canale che contrastasse il ritrarsi del mare, per ampliare ed approfondire il troppo minuscolo bacino. Inascoltata la sua tesi; il porto franco venne concesso a Fiume e a Trieste, con l'aggiunta, per questa, dell'arsenale e della flotta. Sfortunato il D. anche nella rivendicazione, molto più spicciola e già propria dei suoi predecessori nonché causa d'un lungo e fastidioso contenzioso, della libertà di circolazione delle merci a San Giovanni, senz'obbligo di andare sino a Trieste per ritirarvi le "bollette" o la licenza d'entrata o d'uscita. Sfavorevole, infatti, alla pretesa del D. il processo, in proposito, del 22 genn. 1715. Certo che il deciso privilegiamento di Trieste avviò la definitiva decadenza dei porto di San Giovanni.
Fedele alle tradizioni di famiglia, il D. restaurò l'antica cappella domestica a Duino, fece erigere un altare nel duomo di Gorizia; e fu ben lieto quando una bolla del 30 ag. 1712 riconobbe a lui e ai successori il perpetuo diritto di patronato sulla chiesa di San Giovanni, la parrocchiale di Duino, e su quattro cappelle laicali nel duomo goriziano. Una fedeltà alla tradizione familiare riscontrabile anche in fatto di durezza con gli inferiori: quando, nel 1716, i villici di Tolmino ribellatisi ad un inasprimento daziario si spinsero sino a Duino - nella convinzione quivi fosse riparato quel conte Girolamo Della Torre che avrebbe suggerito a Carlo VI l'aggravio -, il D. non s'accontentò d'alzare i ponti e sbarrare le porte, ma non esitò a ricorrere al cannone. E gli improvvisati assalitori, non appena caddero cinque investiti dalle schegge d'un masso centrato da una cannonata, subito si diedero a precipitosa e disordinata fuga.
Il D. morì a Duino il 17 genn. 1723.
Dalla moglie aveva avuto tre figlie, Teresa che morì nel 1709, Marianna ed Anna che entrarono, rispettivamente nel 1721 e 1722, nel monastero benedettino di S. Cipriano a Trieste. Quattro i figli: Gianfilippo (1697-1747) sposo della milanese Costanza figlia del duca Giovanni Serbelloni; Francesco Annibale, convittore nel 1710-12 nel collegio dei nobili di Parma, canonico a Passavia - e vicario di quel vescovo (Raimondo Ferdinando Rabatta suo zio materno) - che morì nel 1768, a Vienna ov'era in rappresentanza del capitolo; Torrismondo Ignazio (1701-1769, ed il nome è indicativo delle simpatie gesuitiche dei Della Torre) che sarà questore di Milano; Federico Luigi (1709-1773), convittore nel collegio dei nobili di Parma nel 1720-30, sposo d'Eleonora Anna di Gianbattista Della Torre e, dopo la S . comparsa di questa, della contessa Maria Anna Ernestina di Strassoldo, arcade col nome di Tirsi Pirzio Sonziaco, traduttore dal francese, autore dell'opera teatrale Adelaide (P.A. Codelli, Gli scrittori friulani austriaci...,Gorizia 1785, pp. 181 s.).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Senato. Dispacci Roma, filza 201, lett. 437-443 passim; Mestre, Arch. prov. dei cappuccini, copia delle lett. di M. d'Aviano nella trascrizione di M. Heyret dall'originale, ora disperso, già a Duino, lett. 230-231, 233-235, 237, 239, 241-242 del d'Aviano al D., cenni su di lui in lett. 95, 98, 126, 143, 163-166, 168-169, 204, 224, 246 dello stesso zio F . raricesco Ulderico o al padre (e nella lett. 9 sempre del d'Aviano a Francesco Ulderico, cenno su Lucio Della Torre, il primo marito della moglie del D.); R. PichIer, Il castello di Duino..., Trento 1882, pp. 383 n-, 407 h., 409-416; Irruzione dei tulminotti... 1716, in Pagine friulane, I (1888), p. 27; L. S. von Schivizhoffen, Adel in den Matriken der Grafschaft Görz und Gradisca, Görz 1904, pp. 77, 192-95, 307, 387, 423; V. Patuna, Epigrafigradiscane, in Forum Julii, I (1910) p. 289; M. Heyret, P.M. von Aviano ... Briefwechsel..., III,München 1940, pp.118, 135, 144-147, 163, 168 (il D. è figlio, non fratello, di Filippo Giacomo, come pare credere l'autrice), 17 1 s.; A. Geat, Note... su Sagrado, in Sot la nape, XXXIII(1970, 3, pp. 18, 27 n. 4; G.P. Brizzi, La pratica del viaggio d'istruzione in Italia..., in Annali dell'ist. stor. it.-germ. in Trento, II (1976), p. 281; B. M. Favretta, Monastero di S. Cipriano..., in Archeografo triestino, LXXXVIII (1979), p. 277; A.Valori, Condottieri e gen. del Seicento, Milano 1943, p. 402; P. Litta, Le famiglie celebri ital., s. v. Torriani di Valsassina, tav. IX; C.V. Wurzbach, Biogr. Lexikon d. Kaiserthums Österreich, XLV, p. 103.