DELLA TORRE, Pagano, detto Paganino
Figlio primogenito di Corrado detto Mosca (fiblio a sua volta di Napoleone detto Napo signore di Milano) e della seconda moglie di costui Allegranza di Guidone da Rho, nacque probabilmente intorno alla metà del secolo XIII. Dopo la rotta di Desio del 21 genn. 1277 in cui i Torriani furono sconfitti dai Visconti fu costretto a riparare in Friuli e, come altri esponenti della sua famiglia, ottenne la protezione del prozio Raimondo, patriarca di Aquileia dal 1273. Da costui fu nominato podestà di Sacile il 2 marzo 1278.
Il 4 maggio 1290 partecipò all'incontro avvenuto a Cividale per la permuta tra il capitolo di Aquileia e la mensa patriarcale delle terre di Marano,1 Carlino, Muzzana e di altre circonvicine con le rendite dei masi e dei diritti giurisdizionali della pieve di S. Margherita in Croagno. Raggiunti gli accordi di base, al D., nominato dal patriarca, e a Ermanno da, Udine, scelto dal capitolo, fu affidato il compito di risolvere tutte le questioni ancora pendenti. Nel 1292-93 fu tesoriere patriarcale e il 28 apr. 1297 fu nominato gastaldo di Aiello e podestà di Aquileia. Il D. rientrò a Milano nel 1302 dopo che Matteo Visconti e suo figlio Galeazzo ebbero abbandonato la città. Nello stesso anno fu nominato podestà di Como, allora retta dalla fazione dei Rusca, che, antiviscontei, avevano contribuito politicamente e militarmente al successo dei Torriani a Milano, e nello svolgimento di tale mandato si valse della collaborazione del cugino Francesco, figlio di Guido. Il D. emendò gli statuti comaschi di tutti gli articoli ostili ai Torriani.
Nel 1305, quando una ambasciata inviata dai Romani giunse a Milano richiedendo la designazione di una persona per la carica di senatore a partire dall'aprile di quell'anno, i Milanesi scelsero il D. che accettò l'incarico. Il Vitale ritiene che il mandato senatoriale del D. si sia svolto a pRirtire dall'aprile del 1306, e non segnala alcun senatore a Roma per l'anno 1305; ma il Pompili Oliveri - seguito poi dal Salimei - ha posto in chiaro che la datazione proposta dal Vitale si basa su un'errata lettura dell'indizione e ritiene che l'anno del mandato del D. fosse quello compreso tra l'aprile 1305 e l'aprile 1306. Egli ricoprì pertanto la carica in parte durante la vacanza del potere papale seguita alla morte di Benedetto XI, avvenuta a Perugia nel luglio del 1304, e in parte durante il pontificato di Clemente V, eletto dopo undici mesi di conclave e che spostò la sede papale ad Avignone poco dopo l'elezione, lasciando a Roma tre legati apostolici. Il D. condivise il mandato con il bolognese Giovanni Congiani o, Giovanni di Ingiano; il 10 sett. 1305 approvò gli statuti di Tivoli (Federici) e il 21 marzo 1306, quasi allo scadere dei suo mandato, confermò lo statuto dei mercanti di Roma. A lui e al suo collega successero due esponenti della nobiltà romana, Gentile Orsini e Stefano Colonna.
Ritornato a Milano, il D. nel 1309 accompagnò a Bologna il fratello Cassone, eletto arcivescovo di Milano l'anno precedente, colà recatosi su invito del legato pontificio Amaldo Pelagrua (Arnaud de Pelagrue). Militò allora nell'esercito papale per la liberazione di Ferrara che era stata occupata dai Veneziani dopo la morte di Azzone d'Este. In quella occasione pare sia stato deciso, con la mediazione di Cassone, il suo matrimonio con la figlia di Matteo Maggi di Brescia, nemico di Guido Della Torre, (il Maggi aveva già dato un'altra figlia in moglie al figlio di Giberto da Correggio, anch'egli ostile al capitano milanese). L'accordo matrimoniale del D. fu uno dei pretesti con i quali Guido il 1° ott. 1309, dopo la conclusione della guerra per Ferrara e il rientro dei cugini a Milano, fece occupare l'arcivescovato e fece arrestare il D. insieme con i fratelli Cassone, Adoardo e Florimonte, detto Moschino. Mentre Cassone rimaneva prigioniero nel proprio palazzo fino all'accordo del 29 ottobre stipulato con Guido, il D. e gli altri due fratelli furono trasferiti nel castello di Angera dove rimasero segregati per un anno, fino a che, dietro le pressanti richieste di Cassone, Enrico VII di Lussemburgo, sceso in Italia nel IPo, ne ottenne la liberazione dal recalcitrante Guido.
Il D. fu poi scelto a far parte del Collegio di giuristi ai quali era stato affidato il compito di rivedere gli statuti di Milano e in questa occasione ebbe un violento scontro con Niccolò Bonsignori, senese, nominato suo vicario il 12 genn. 1311 da Enrico VII, che era appena stato incoronato re d'Italia proprio da Cassone. Il Giulini (IV, p. 863), accogliendo il giudizio del Cermenate, definisce il Bonsignori "mal arnese, uomo arrogante e pestifero" che evidentemente mal tollerava la lealtà e la probità del D. pretendendo che questi gli riconoscesse piena immunità dal diritto cittadino. In difesa del D. si schierò Stefano da Vimercate, il quale cercò di spiegare al Bonsignori come non fosse facoltà del D. modificare in tal senso lo statuto. Ma il Bonsignori, per tutta risposta, minacciò di far uccidere il D., lo fece arrestare e lo lasciò libero solo dietro l'obbligo di pagare 10.000 lire tutte le volte che si fosse opposto all'arbitrio del vicario: ottenne in tal modo che negli statuti fosse inserito un decreto che lo scioglieva dall'osservanza del diritto cittadino.
Nel luglio del 1311 si trovava a Brescia, dove il re dei Romani si era accampato, ed insieme con il fratello Cassone sottoscrisse una nuova riconciliazione con Matteo Visconti nella quale, tra l'altro, si decideva il matrimonio tra suo figlio Gentile e Riccardina, figlia di Galeazzo Visconti (Constitutiones, IV,I, n. 660a).
Di lui non si hanno altre notizie e non si conosce la data della morte che pare sia avvenuta poco tempo dopo.
In seconde nozze aveva sposato Caterina Strassoldo, da cui aveva avuto i figli Gentile e Beatrice, che, secondo il Litta, andò sposa a Bertoldo conte di Hortenburg.
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