AGUSTINI, Delmira
Poetessa uruguayana, nata o Montevideo nel 1890 da famiglia di emigranti italiani. Fu donna ardente ed appassionata, che intensamente visse e sofferse, e finì tragicamente: unitasi in matrimonio con un negoziante, dopo una settimana di burrascosa vita coniugale, in cui il disinganno li divise e la passione di nuovo li ricongiunse, venne uccisa dal marito, che poi si suicidò (1914; v. la novella La mujer imolada che ne trasse Vicente A. Salaverry). Anche come poetessa fu una natura istintiva, che nei suoi versi rifletté, con incontrollato abbandono, tutto il tumulto della sua anima e dei suoi sensi. Scrisse con sincerità, in tono arditamente realistico, e, se talvolta la sua parola restò torbida e mancò della purità espressiva propria della vera poesia, sempre però la sua opera ha il commosso accento di una diretta confessione. Aveva diciassette anni quando pubblicò El libro blanco, e compose in seguito altre raccolte di liriche: Los cantos de la mañana (1910), Los calices vacios (1913), in cui cantò, con colorite immagini, le voluttà e lo strazio delle sue esperienze d'amore. "Mille anni dell'idea - aveva scritto nel Libro blanco - non valgono un minuto azzurro del sentimento"; e la sua opera appare realmente come la poesia di un'anima, per cui l'amore fu tutta la vita. "Per la prima volta in lingua castigliana" - scrisse Rubén Darío sulla sua poesia - "un'anima di donna si espresse con l'orgoglio della verità della sua innocenza e del suo amore, dopo Santa Teresa nella sua mistica esaltazione". Solo nel Rosario di Eros, "al di là delle ebbrezze e dello spasimo della carne insaziata", essa sembra, talora, cercar l'oblio nella contemplazione estatica di un mondo di sogno, che chiuda in sé "mas realidad viviente que en la vida".
Bibl.: A. Farinelli, Divagazioni sulla poesia dell'Uruguay, in Nuova Antologia, LXIII (1928), p. 409 segg. E cfr. anche D. Agustini, Poesias, ed. Cervantes, Barcellona 1921.