Seyrig, Delphine (propr. Delphine Claire Beltiane)
Attrice cinematografica francese, nata a Beirut il 10 aprile 1932 e morta a Parigi il 15 ottobre 1990. Dotata di estremo fascino e intelligenza, fu una delle interpreti più colte del cinema europeo degli anni Sessanta e Settanta, capace di esprimere una sensualità forte quanto inavvicinabile, quasi smaterializzata in un'astrazione di grazia onirica. Nel 1963 per Muriel ou le temps d'un retour (Muriel, il tempo di un ritorno) di Alain Resnais, vinse la Coppa Volpi come migliore attrice alla Mostra del cinema di Venezia.
Dopo un importante apprendistato effettuato alla Comédie de Saint-Étienne e all'Actors Studio di New York, la S. esordì nel cinema in Pull my Daisy (1959), singolare film 'beat' di Robert Frank e Alfred Leslie basato su una scena di una commedia di J. Kerouac, nel ruolo autoironico della moglie di Milo, ex drogato alle prese con alcuni eccentrici poeti underground. Quindi, per Resnais, offrì in L'année dernière à Marienbad (1961; L'anno scorso a Marienbad) l'immagine di una donna indifferente e ambigua, vera icona del 'femminile' prospettato dalla raffinata cultura francese degli anni Sessanta, connotata dai principi dell'École du regard e dai presupposti della Nouvelle vague. Per lo stesso regista, nel ruolo di Hélène in Muriel ou le temps d'un retour, mostrò la capacità di concretizzare una profonda inquietudine attraverso un'interpretazione tutta 'in levare'. I suoi interessi culturali, oltre alla notevole professionalità, spinsero la S. a confrontarsi con altri maestri di quegli anni: da Joseph Losey (Accident, 1967, L'incidente; A doll's house, 1973, Casa di bambola), a François Truffaut (Baisers volés, 1968, Baci rubati), a Luis Buñuel, per il quale recitò in Le charme discret de la bourgeoisie (1972; Il fascino discreto della borghesia), interpretando ancora una volta più una 'maschera' che un personaggio, nell'ambito del più classico, allucinato e vuoto erotismo. La S. offrì quindi una grande prova di attrice intellettuale partecipando ai film scritti e diretti da Marguerite Duras: in La musica (1967) si rivela tassello perfetto di un labirinto psicologico dominato dall'estraneità, mentre in India Song (1975) riprende il timbro più tipico della sua personalità, intrecciando i temi della scomparsa e dell'assenza a un incubo sottile. Per Chantal Akerman recitò dapprima in Jeanne Dielman, 23, Quai du Commerce, 1080 Bruxelles (1975), vicenda inquietante di una prostituta, e poi nel meno intenso Golden Eighties (1985). La S. fu anche chiamata da Mario Monicelli per Caro Michele (1976), dal romanzo di N. Ginzburg, per il ruolo dell'inetta madre di Michele. Un'interpretazione particolare, anche per eccentricità rispetto alla norma delle scelte artistiche dell'attrice, fu quella nel film d'azione Mister Freedom (1969) di William Klein, e soprattutto quella in Le rouge aux lèvres (1971; La vestale di Satana) di Harry Kümel, nel ruolo di una donna vampiro, irretita in una vicenda di gotico lesbismo.