demercificare
v. tr. Privare qualcosa dello stato di merce, della sua natura commerciale.
• Vogliamo «rifare l’assalto al Palazzo d’Inverno, rilanciare le vecchie ideologie?». Niente affatto, continua [Fabio] Mussi, «ma almeno riequilibrare i pesi, demercificare il lavoro, ripristinare diritti. Ma ci vuole una sinistra di massa, che rilanci la centralità del lavoro». (Bruno Gravagnuolo, Unità, 17 gennaio 2008, p. 13, Economia & Lavoro) • L’accusa di «omofobia» viene scagliata con aggressiva facilità non solo contro chiunque affronti senza allinearsi all’ideologia «gender» temi che in qualche modo concernono l’omosessualità, ma anche contro chiunque ragioni a difesa della naturalità della procreazione umana e si batta per demercificarla. (Marco Tarquinio, Avvenire, 11 agosto 2013, p. 1, Prima pagina) • «Dobbiamo favorire tutti le modalità di espressione artistica, la poesia, la musica, la scultura, la pittura ma in libertà perché tutto è stato inglobato nella logica del mercato. Bisogna demercificare l’arte, insomma. Parlare come si fa oggi dell’industria artistica o culturale è un ossimoro. Perché come diceva Oscar Wilde l’arte è gratuita dunque indispensabile e la gratuità fa parte stessa dell’essenza dell’arte. Per questo si può dire che la decrescita è un modo per estetizzare la vita» (Serge Latouche intervistato da Antonio Di Giacomo, Repubblica, 20 settembre 2017, p. 13).
- Derivato dal v. tr. mercificare con l’aggiunta del prefisso de-.
- Già attestato nell’Unità del 30 gennaio 1970, p. 10, Cultura (R. S.).